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Lavori edili, idraulici, condominiali: sono tante le tipologie di lavori di ristrutturazione o riparazione che si possono fare nella propria abitazione nel corso di una vita intera.

Cosa succede in caso di lavori fatti male? Chi paga? Ma soprattutto, una domanda che in molti si pongono è “Posso non pagare?”.

I lavori fatti male in casa, anche quando ci si è affidati a un’impresa che si occupa di ristrutturazione, sono spesso il risultato della fretta e dell’incuria da parte di chi li ha realizzati.

Ecco cosa bisogna sapere su:

  • come difendersi;
  • chi paga;
  • a chi rivolgersi e cosa dice la giurisprudenza a proposito di lavori non eseguiti a regola d’arte

Lavori fatti male: chi è il responsabile?

Per capire chi è tenuto a pagare un lavoro che non è stato eseguito nel migliore dei modi, è necessario individuare il responsabile. Solitamente, si tratta dell’impresa alla quale sono stati affidati i lavori: il problema è che nel momento in cui si verifica un danno sono in pochi i soggetti che si prendono la responsabilità di un errore.

Nel caso di una ditta, spesso la colpa viene attribuita al progettista o all’architetto, che a sua volta dirà che è stata l’impresa a non aver compreso il progetto per la realizzazione del lavoro.

Come si esce da questo impasse? La soluzione più indicata è una perizia sui lavori mal eseguiti, effettuata da un professionista che avrà il compito di rilevare la responsabilità di una difformità o di un vizio d’opera.

Alla perizia segue di solito una relazione tecnica sui lavori eseguiti male nella quale sarà indicato il responsabile dei lavori, ovvero colui che dovrà pagare.

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Chi paga?

Nel momento in cui si sceglie di affidarsi a un professionista – a prescindere dal fatto che si tratti di un singolo o di un’impresa edile – è necessario chiedere delle garanzie.

Nello specifico:

  1. è sempre consigliabile pagare chi si occuperà dell’esecuzione dei lavori soltanto una volta che la prestazione sia terminata;
  2. pagare in anticipo è un rischio molto alto da correre poiché, in caso di inadempienza da parte del professionista o di lavoro eseguito male, non sarà semplice riuscire a recuperare i propri soldi.

A questo punto, è lecito chiedersi “posso non pagare un lavoro fatto male?”: per legge chi non riceve quello che aveva richiesto può non pagare. Si parla di “eccezione di inadempimento” e si trova espressa nel Codice Civile nella seguente massima “Non è obbligatorio adempiere a chi è inadempiente”.

In questa circostanza, è anche possibile chiedere il risarcimento per l’inadempienza da parte del professionista se si riesce a dimostrare di aver subito un danno di tipo economico, oppure di tipo morale (anche se risulta più complicato). Questa regola è valida nel caso in cui un lavoro non venga mai realizzato. Come funziona, invece, per un lavoro fatto male?

Posso non pagare?

Quando ci si affida a qualcuno per l’esecuzione di un lavoro, si instaura prima di tutto un rapporto di fiducia nei confronti del professionista. Come ci si comporta nel caso in cui il lavoro non è stato eseguito nel migliore dei modi?

Per non pagare un lavoro fatto male si deve essere nelle condizioni di poter dimostrare che si è verificato un inadempimento essenziale, ovvero un errore abbia reso l’oggetto sul quale sono stati effettuati i lavori inservibile.

L’inadempimento essenziale è una forma di inadempimento a tutti gli effetti. In questi casi, ci sono tre ipotesi differenti:

L’inadempimento è essenziale, quindi grave In questa evenienza, il lavoro è inservibile e di conseguenza il professionista può non essere pagato
L’inadempimento è irrisorio In questo caso bisogna pagare, perché anche se nel lavoro c’è un vizio, non è così grave da rendere l’oggetto inservibile
L’inadempimento non è essenziale, ma rende il lavoro parzialmente inservibile In questo terzo caso, è possibile richiedere al professionista una riduzione del prezzo o, nel caso di pagamento anticipato, una restituzione di una parte della somma già versata
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Chi stabilisce se l’inadempimento è essenziale?

Se committente ed esecutore dell’opera non riuscissero a mettersi d’accordo in autonomia in caso di lavoro eseguito male, sarà il giudice a decidere se un inadempimento sia essenziale oppure no.

Per cercare di evitare una causa legale, che spesso comporta ulteriori spese e che potrebbe prolungare ulteriormente la risoluzione della controversia, è possibile:

  • stabilire in anticipo, nel contratto che si sottoscrive con un professionista, qual è il livello di qualità desiderato nell’esecuzione del lavoro e cosa si intende nello specifico per inadempimento essenziale;
  • nominare una terza persona che avrà il compito di valutare se il lavoro eseguito è inservibile oppure no e di elaborare una relazione in merito, che dovrà essere firmata dalle due parti;
  • la terza soluzione consiste invece nell’individuare un organismo di mediazione, che si metta all’opera per risolvere e riuscire a trovare un accordo tra le due parti.

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Come difendersi

È dunque possibile contestare un lavoro eseguito male, ricordando che il Codice Civile prevede delle garanzie per l’appaltatore. Per esempio:

  1. i lavori di ristrutturazione hanno una prescrizione di 2 anni dal momento della consegna dei lavori ultimati;
  2. la garanzia si è estende fino a 10 anni se il vizio o la difformità derivanti dal lavoro fatto male possono in qualche modo rovinare l’edificio, ma non è dovuta nel caso in cui il committente abbia accettato un lavoro fatto male pur avendone riconosciuti i vizi e le difformità.

Qualora si dovesse scoprire un difetto presente in un lavoro mal eseguito, si dovrebbe far eseguire la perizia tecnica dalla quale deriverebbe la consapevolezza dell’errore: da questo momento, si avrebbero a disposizione 60 giorni di tempo per poter fare la contestazione.

Ricapitolando quanto detto a proposito dei tempi per contestare un lavoro fatto male:

  • si hanno a disposizione 60 giorni per fare la contestazione;
  • in seguito, si dispone di ben 2 anni per poter fare causa;
  • nel caso di vizi strutturali, ovvero quando l’errore potrebbe provocare danni molto gravi alla struttura dell’edificio, si gode di un periodo di tempo differente, ovvero di un anno per procedere con la contestazione e di un ulteriore anno per fare causa a chi ha non ha eseguito bene un determinato lavoro.

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A chi rivolgersi

La contestazione per lavori fatti male deve essere inviata tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, oppure via PEC, alla sede legale della ditta o del professionista che ha eseguito i lavori. Non è necessario l’intervento di un avvocato.

Di seguito è presentato un esempio di lettera di contestazione da poter utilizzare in caso fossero stati eseguiti lavori non a regola d’arte nella propria abitazione.

Spett.le ditta ___

Sede legale Via ___

Raccomandata a.r.

Con riferimento al contratto concluso in data ___avente ad oggetto lavori di ristrutturazione all’interno dell’immobile sito in ___ di proprietà dello scrivente e dallo stesso commissionativi, sono a contestare la non corretta esecuzione a regola d’arte dei seguenti lavori:

(Inserire lelenco dei lavori da contestare)

Tanto premesso, vi intimo e diffido a voler porre rimedio agli errori commessi, comunicandomi l’inizio dei lavori, che comunque dovranno intervenire entro e non oltre 15 giorni dal ricevimento della presente. Con riserva, in difetto, di ricorrere presso le competenti sedi giudiziarie.

Distinti saluti

Luogo

Firma

Data

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Cosa succede dopo l’invio della lettera di contestazione

Il committente che ha riscontrato degli errori nell’esecuzione di un
lavoro in casa propria, può:

  • pretendere che l’impresa sistemi il lavoro fatto male a proprie spese;
  • chiedere il risarcimento per il danno economico subito e uno sconto sulla cifra concordata inizialmente, già pagata o da pagare;
  • chiedere la restituzione di quanto già anticipato;
  • nel caso in cui sia stato versato un anticipo, sospendere il pagamento fino a quando il lavoro non verrà eseguito correttamente.

Esiste anche la possibilità di potersi rivolgere al tribunale al fine di chiedere un accertamento tecnico preventivo, che sarà eseguito da un consulente nominato dal giudice:

  1. se vengono confermati i difetti segnalati dal committente, è possibile tentare la via della conciliazione ed evitare una causa;
  2. l’impresa potrebbe riconoscere l’errore commesso e impegnarsi nel sistemarlo a sue spese

Se questa strada dovesse risultare impraticabile, si avranno a disposizione due anni dalla consegna del lavoro per fare causa, durante la quale verrà eventualmente presa in considerazione la relazione tecnica redatta dal perito designato dal giudice.

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