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Si tratta della decisione del Tribunale di Siracusa del 23 agosto 2022, n. 1629.

Appalto in condominio e morosità dei singoli condomini: la vertenza processuale

Nel caso di specie con citazione l’appaltatore ha chiamato in giudizio l’amministratore del Condominio Forlanini, accusandolo di aver tralasciato di riscuotere le quote poste dal piano di riparto a carico dei condomini per l’attività della medesima impresa, nonché e di non aver fornito i dati relativi alla morosità di questi, così comportando il ritardo nel soddisfacimento del credito vantato dalla esponente, a titolo di corrispettivo di appalto, nei confronti dell’ente condominiale.

È, infatti, nota la disposizione dell’art. 63 disp. Att. C.c. che sancisce l’obbligo del mandatario del palazzo di rendere noto chi sono i condomini morosi.

Quindi la società esecutrice dell’appalto ha chiesto in giudizio la domanda di condanna del convenuto al risarcimento del danno nella misura di € 70.000,00 o nella diversa somma accertanda in giudizio, comprensiva dell’importo non ancora recuperato dalla appaltatrice per € 26.987,29, degli esborsi connessi al mancato tempestivo completamento delle opere appaltate – quali, ad esempio, quelli per mantenimento dei ponteggi e per il servizio di guardiania del cantiere -, della perdita di chance di acquisire nuove commesse, dei costi resisi necessari per reperire liquidità di € 50.000,00 in conseguenza del tardivo pagamento degli stati di avanzamento dei lavori e del danno non patrimoniale.

Le difese dell’amministratore

L’amministratore costituendosi ha chiesto il rigetto delle domande.

Questi asserisce di essere stato nell’impossibilità di fare l’elenco dei condomini morosi visto che la contabilità non era perfetta ma parziale, da parte dello stesso appaltatore e comunque di aver adempiuto all’obbligo di riscossione dei crediti esigibili nei confronti dei condomini risultati morosi.

Così, ancora, evidenzia che il Condominio avrebbe pressoché integralmente soddisfatto il proprio debito nei confronti della società attrice, tenuto conto in particolare del pagamento attestato dall’assemblea condominiale, all’esito del quale sarebbe residuato, al più, il credito di € 7.876,47.

Da ultimo, l’amministratore asserisce l’eccessività delle somme richieste dalla società in dipendenza del menzionato contratto di appalto, anche in ragione della pendenza del giudizio di accertamento tecnico preventivo ai sensi dell’art. 696-bis c.p.c. teso a verificare, nell’attuazione del rapporto contrattuale, i molteplici errori di contabilizzazione.

Viene svolta la procedura di mediazione ma termina con esito negativo, mancato accordo.

Si arriva alla fase della decisione.

La decisione del Tribunale

Per quanto attiene all’asserito danno creato all’impresa per non aver individuato i condomini morosi, sarebbe come dire che vi sono obblighi di comportamento nei confronti dei creditori e, più in generale, dei terzi, la cui violazione porterebbe gli stessi a domandare il danno subito.

In merito l’impresa richiama l’art. 1129 c.c. comma 9 sulla cui base “salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’art. 63, primo comma, delle disposizioni di attuazione del presente codice”.

Ciò significa che il mandatario può ottenere l’ingiunzione ex art. 63 cpc contro i condomini morosi,

immediatamente esecutiva, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei “condomini morosi”.

La sussistenza di obblighi dell’amministratore verso creditori e terzi, coercibili da parte di questi ultimi, trova conferma nel citato art. 63 disp. att. c.c.

Questa norma espressamente prevede a carico dell’amministratore di condominio l’obbligo di comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi.

L’obbligo è dell’amministratore e solo a questi può rivolgersi la domanda dei condomini morosi.

Peraltro quest’obbligo è fondato sul dovere dell’amministratore condominiale di cooperare con il creditore, al fine di salvaguardare l’aspettativa di quest’ultimo rispetto al soddisfacimento dei crediti vantati nei confronti del condominio, la cui ‘eventuale inosservanza è sanzionabile.

La coercibilità dell’obbligo di cui all’art. 63 disp. att. c.c. esige esclusivamente che chi vanti di essere titolare di un credito nei confronti del condominio abbia richiesto la comunicazione dei dati dei condomini morosi rimanendo insoddisfatto.

L’inerzia protratta per oltre sei mesi dell’amministratore di condominio nel riscuotere i contributi dovuti dai condomini può implicare responsabilità dello stesso nei confronti del terzo creditore, non avendo soddisfatto l’interesse del terzo.

Responsabilità dell’amministratore per il mancato recupero degli oneri condominiali

Nel nostro caso osserva in Giudice, ogni dubbio per l’impresa di agire in via risarcitoria nei confronti dell’amministratore del (debitore) Condominio, per la violazione dell’obbligo di comunicare i nominativi dei condomini morosi ed anche dell’obbligo di riscuotere le quote di cui al piano di riparto, deve considerarsi dissipato dalla pattuizione di cui all’art. 23 del contratto di appalto intercorso tra la società attrice e il menzionato ente condominiale.

Così infatti si legge che “l’appaltatore si impegna a non escutere il patrimonio dei condomini adempienti a condizione che:

  • venga allegato al contratto d’appalto l’elenco nominativo di ciascun condomino, unitamente ai dati anagrafici e fiscali;
  • l’amministratore comunichi all’impresa appaltatrice, entro il termine di cinque giorni dal mancato pagamento della rata del prezzo d’appalto, la morosità di ciascun condomino;
  • in conseguenza del superiore punto l’amministratore dimostri di avere tempestivamente avviato le procedure legali di recupero credito (lettera di messa in mora e/o decreto ingiuntivo) nei confronti dei condomini morosi”.

Crediti condominiali e procedure di esdebitazione

Il testo contrattuale rende evidente l’assunzione, da parte dell’amministratore nei confronti della impresa, di specifiche obbligazioni di facere e precisa come gravi sull’obbligato l’onere di fornire prova dell’esatta esecuzione delle prestazioni dedotte. Ciò nel rispetto dei principi generali.

Tre volte è stata presentata la richiesta dei condomini morosi e per ben tre volte l’amministratore ha taciuto.

Stante questa prova l’impresa ha evidenziato l’inadempimento dell’obbligo di riscossione delle quote condominiali deliberate con il piano di riparto, da parte dell’amministratore. Si ricorda che questi non ha provato di “avere tempestivamente avviato le procedure legali di recupero credito (lettera di messa in mora e/o decreto ingiuntivo) nei confronti dei condomini morosi”.

Non basta che il convenuto, oltretutto solo nella memoria di cui all’art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c., abbia affermato di aver intrapreso iniziative giudiziarie nei confronti di “vari condomini”, indicando alcuni giudizi asseritamente in corso.

Trattasi di questioni contestate dall’impresa avendo evidenziato che se così fosse l’amministratore avrebbe tranquillamente indicati i dati dei condomini.

L’inadempimento dell’amministratore delle obbligazioni di riscossione delle quote condominiali e di comunicazione dell’elenco dei condomini morosi, riscontrato al punto che precede, ha indubbiamente determinato il tardivo soddisfacimento da parte del Condominio dei debiti sullo stesso gravanti nei confronti della società.

Inoltre l’attrice ha prodotto il prospetto dei pagamenti attestante il numero di giorni di ritardo nel soddisfacimento delle ragioni creditorie della appaltatrice, non adeguatamente contestato da parte del convenuto.

Dice il tribunale che risulta incontrovertibile oltre che ammesso dal convenuto, il notevole ritardo nella corresponsione degli importi dovuti dal Condominio in dipendenza degli S.A.L. dell’appalto intercorso.

I danni risarcibili

Le conseguenze pregiudizievoli suscettibili di risarcimento, a detta del tribunale riportano solo talune delle voci dedotte da parte attrice che soddisfano i requisiti di risarcibilità tracciati dall’art. 1223 c.c., sulla cui base il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta.

La condotta omissiva assunta dal mandatario del palazzo ha comportato che l’impresa conseguisse con ritardi – spesso estremamente rilevanti – gli importi dovuti in dipendenza del contratto di appalto.

Le inesattezze temporali riscontrate, per tutta la loro durata aventi riscontro nelle somme degli stati di avanzamento lavori, hanno privato sistematicamente la società appaltatrice della liquidità necessaria per lo svolgimento dell’attività imprenditoriale.

Questi ritardi si sono avuti a partire dal 2013 ed hanno investito specialmente gli S.A.L. dal quarto al decimo, ognuno dei quali risulta emesso – ad eccezione del settimo e dell’ottavo – per importi superiori ad € 50.000,00.

Occorre quindi considerare consequenziale alle inadempienze del convenuto il ricorso da parte dell’impresa al credito bancario, sia avuto riguardo al fatto che esso ha avuto inizio nel marzo 2014, allorché si erano già reiterati i difetti nella puntualità dei pagamenti da parte del Condominio, sia avuto riguardo all’entità della somma ottenuta in finanziamento, pari ad € 50.000,00 e dunque non sproporzionata in eccesso rispetto alle carenze di liquidità sopra descritte.

L’attrice ha poi dimostrato gli oneri sostenuti a titolo di interessi in misura pari ad € 15.589,77 con adeguata documentazione, in ordine alla quale nessuna contestazione è stata mossa da parte convenuta.

L’impresa ha poi evidenziato di aver sospeso per necessità l’esecuzione delle opere appaltate a causa dei gravi ritardi nei pagamenti da parte del condominio, imputabili alla inerzia dell’amministratore

Neanche di fronte ad una circostanza tanto rilevante, come la sospensione dei lavori, l’amministratore si è sentito in dovere di avviare le procedure di recupero nei confronti dei condomini morosi.

Questi ha solo svolto doglianze sulle contabilizzazioni operate con gli stati di avanzamento dei lavori, che hanno trovato smentita in apposito accertamento tecnico preventivo eseguito ex art. 696-bis c.p.c.

Il tutto sempre causato dall’inerzia dell’amministratore.

Il mancato realizzo tempestivo del credito verso l’ente condominiale – solo per il periodo compreso tra l’1.7.2014 – sì come indicato da parte attrice – ed il 29.6.2016, data in cui il Condominio ha provveduto all’integrale (seppur tardivo) pagamento del debito maturato in dipendenza degli S.A.L. emessi nell’ambito dell’appalto del 25.1.2012 ed ha dunque posto fine alle ragioni per le quali era stata disposta la sospensione dei lavori.

Conseguentemente, solo gli esborsi economici maturati in siffatto arco temporale di ventitré

mensilità (1.7.2014 – 29.6.2016) possono addebitarsi ai sensi dell’art. 1223 c.c. alla condotta

inerte del convenuto.

Nello specifico si tratta dei costi di guardiania, costi di noleggio del ponteggio. Inoltre, come risulta dagli atti, in merito all’esborso delle superiori somme nessuna contestazione è stata formulata da parte del convenuto.

Per ciò che concerne il danno non patrimoniale, esso deve qualificarsi quale danno conseguenza, per la cui risarcibilità servono una precisa allegazione e una altrettanto puntuale prova da parte del danneggiato.

In proposito, parte attrice ha solo riferito che “i danni, inoltre, sono pure determinati dall’incertezza che, la mancata realizzazione delle somme dovute nel corso dell’esecuzione dell’appalto, ha determinato sulla pianificazione delle decisioni da assumere per la gestione della società, dalle difficoltà, dallo stato d’ansia e dal senso di frustrazione degli organi societari nel vedersi procrastinare senza alcuna ragione il pagamento del credito, a fronte dei lavori eseguiti, contabilizzati e nel doversi rivolgere ripetutamente all’autorità giudiziaria per vedere soddisfatte le legittime pretese economiche”.

Ciò non giustifica la pretesa risarcitoria, non avendo puntualmente circostanziato il pregiudizio patito e non avendo la stessa addotto alcun mezzo di prova finalizzato a supportare quest’ultimo.

Vanno inoltre rigettate, per le stesse ragioni, le ulteriori pretese di risarcimento del danno da perdita di chance di nuove commesse e “dei danni conseguenti alla violazione della buona fede contrattuale, cui ha dato luogo la condotta dell’amministratore che, per le ragioni esposte, ha messo a repentaglio il diritto di credito dell’attrice, invece di preservarlo”.

Anche per esse le allegazioni si mostrano estremamente generiche e sfornite di prova, con conseguente impossibilità di procedere alla liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c., pur richiesta dalla attrice.

 

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