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Dal mantenimento all’assegnazione della casa coniugale, dalla reversibilità al diritto di visita ai figli: tutti i diritti dell’uomo e del padre in caso di separazione o divorzio.

Se sei un marito e/o un padre, e hai già letto il nostro articolo I diritti della moglie in caso di separazione e divorzio, avrai probabilmente sospirato quello che è un luogo comune di tutte le coppie separate e divorziate: «la legge tutela solo le donne». Se anche in astratto non è così – la normativa non fa differenza di genere – e se anche esistono padri che, pur avendo le disponibilità economiche, fanno mancare ai propri figli il necessario per vivere, nei fatti non possiamo negare che la donna si trovi spesso in una situazione di vantaggio. Ecco perché elencare i

diritti del marito in caso di separazione e divorzio può essere più complicato di quello che si pensi. Sebbene infatti, in astratto, agli uomini spettino gli stessi diritti delle donne – per cui si potrebbe prendere l’elenco dei diritti previsti per le mogli e coniugarlo al maschile – a conti fatti, non appena si parla di collocamento dei figli e (conseguente) assegnazione della casa coniugale, il marito viene messo al bando.

Cosa significa in termini pratici? È molto semplice (e apparentemente ingiusto). Cerchiamo di spiegarlo in modo semplice. Anche se la legge non lo prevede espressamente, la Cassazione ha sposato il principio della cosiddetta maternal preference: in pratica, a parità di condizioni e di merito tra marito e moglie, i figli minorenni devono andare a convivere con la madre. E ciò anche se quest’ultima è disoccupata e non ha un appartamento dove abitare. A fondamento di tale scelta c’è una ragione di carattere biologico: la nascita dal ventre materno rende il figlio maggiormente attaccato alla mamma e, all’atto pratico, più bisognoso di questa.

I maggiorenni possono comunque decidere con quale genitore convivere, mentre quelli con almeno 12 anni devono essere sentiti dal giudice e, in quella sede, potrebbero esprimere una preferenza diversa rispetto alla regola generale.

La collocazione del figlio implica una conseguenza fondamentale nei diritti del marito in caso di separazione e divorzio: la casa coniugale viene sempre assegnata al genitore con cui vanno a vivere i figli, a conti fatti la madre. E ciò anche se la donna subisce l’addebito per aver colpevolmente decretato la fine del matrimonio.

Facciamo qualche esempio, immaginando una coppia con uno o più figli minorenni, sposata in regime di separazione dei beni, con una casa di proprietà del marito:

  • se la donna dichiara all’uomo di non amarlo più, il giudice pronuncia la separazione senza addebito (non c’è colpa nel non essere più innamorati) e assegna la casa alla moglie con tutti i figli;
  • se la donna tradisce il marito, il tribunale dichiara la separazione con addebito alla moglie, tuttavia le assegna ugualmente casa e figli;
  • se la donna va via di casa sul più bello e lascia il marito da solo, il giudice pronuncia anche in questo caso la separazione con addebito alla moglie ma le assegna ugualmente la casa e i figli.

Come mai questo trattamento di favore? L’

addebito – ossia la dichiarazione di responsabilità per il naufragio del matrimonio – ha come unica conseguenza la perdita del diritto al mantenimento. Al contrario, la casa coniugale (quella cioè ove la coppia ha prevalentemente vissuto finché è stata insieme) viene assegnata al coniuge presso i cui i figli andranno a vivere nell’esclusivo interesse di questi ultimi, affinché non abbiano a soffrire, oltre allo shock della separazione, anche la perdita dell’ambiente domestico e delle proprie abitudini.

Dunque, nel primo dei tre esempi, la donna con un reddito basso e insufficiente per mantenersi, avrà diritto:

  • al mantenimento per sé;
  • al mantenimento per i figli;
  • a vivere con i figli;
  • alla casa coniugale.

Invece negli ultimi due esempi la donna perde solo il mantenimento per sé mentre conserva tutti gli altri diritti.

Insomma, tra i diritti del marito in caso di separazione e divorzio non c’è purtroppo quello di riprendersi la casa propria se la coppia ha avuto figli. In assenza di figli, invece, l’immobile resta nella proprietà del titolare o, in caso di comunione legale, va diviso (se ciò non è possibile, va venduto e il ricavato spartito al 50%).

L’uomo ha diritto al mantenimento?

Al momento della separazione, potrebbe ben essere che l’uomo abbia diritto al mantenimento se disoccupato o con un reddito inferiore a quello della moglie. Tale assegno deve consentirgli di mantenere lo stesso tenore di vita che la moglie gli garantiva quando ancora i due stavano insieme.

Al momento del divorzio, invece, il mantenimento deve essere rivolto solo a consentire l’autosufficienza economica. Ciò significa che non basta la sproporzione tra i due redditi per avere il contributo mensile; deve al contrario risultare anche che l’uomo non è in grado di mantenersi da solo.

Se durante il matrimonio – cosa improbabile secondo i nostri costumi – ha svolto le funzioni di “casalingo”, rinunciando alla propria carriera pur di badare al ménage domestico,

Leggi anche Sentenze di separazione a favore del marito

L’uomo ha diritto alla casa?

L’uomo può rivendicare la casa coniugale solo se la coppia non ha avuto figli e sempre che l’immobile sia di sua proprietà. In tal caso riprenderà ciò che è suo e la moglie dovrà fare le valigie.

Un altro caso, seppur improbabile, in cui all’uomo spetta l’appartamento è quello in cui i figli vengono collocati presso di lui: improbabile perché, attesa la preferenza della madre (di cui abbiamo parlato in premessa), egli può sperare di convivere con i bambini solo se la donna dovesse risultare incapace e pericolosa per la crescita dei bambini.

Qualora la casa venga assegnata alla moglie, all’uomo spetta il diritto di prendere la propria roba entro un congruo tempo necessario al trasferimento.

L’uomo ha diritto a vedere i figli?

Quando i figli vanno a vivere con la madre, l’uomo può rivendicare il suo

diritto di visita dei figli cui la moglie non può mai opporsi. La donna che ostacola gli incontri tra padre e figli può perdere tanto la collocazione dei minori quanto il loro affidamento.

Il calendario delle visite dei figli, con i relativi orari, se non concordato dai genitori, viene fissato dal giudice. Come abbiamo già spiegato in I genitori separati devono trascorrere lo stesso tempo coi figli, la definizione delle visite del padre non implica per quest’ultimo il diritto di stare coi bambini tutti i giorni o comunque un numero di ore pari a quello dell’ex moglie. Leggi anche Quante volte il padre può vedere i figli?

L’uomo può decidere sulle questioni dei figli?

La regola vuole che la gestione dei figli avvenga in base al cosiddetto affidamento condiviso: entrambi i genitori hanno gli stessi diritti e doveri sui figli. Il che significa che devono prendere insieme le scelte più importanti per la loro crescita, educazione ed istruzione. Se la madre dovesse rivelarsi pericolosa per la crescita dei bambini

il padre ha diritto a chiedere l’affidamento esclusivo.

Il padre ha diritto a decidere le spese straordinarie per i figli?

Quando si tratta di fissare l’assegno di mantenimento per i figli, il giudice impone al padre una somma mensile per le spese ordinarie, più la partecipazione al 50% di quelle straordinarie.

Le spese straordinarie sono quelle mediche, per le gite scolastiche e per tutti gli eventi imprevedibili. Se le spese straordinarie sono urgenti o comunque necessarie (ad esempio una visita dentistica) la moglie può presentare direttamente il conto al marito chiedendogli la sua parte; per quelle invece non necessarie (ad esempio l’iscrizione a un’università privata piuttosto che a quella pubblica), l’uomo ha diritto di manifestare il proprio consenso alla scelta. In caso di disaccordo, ci si rivolge al giudice che stabilirà quale delle due decisioni è più conforme al bene del minore.

Il marito può iniziare una nuova relazione?

Il marito può iniziare una nuova relazione già dopo la sentenza di separazione

. Avviare una nuova famiglia è un suo diritto che non gli può essere negato o ostacolato. Sicché, scendo la Cassazione, avere altre persone da mantenere può implicare una riduzione dell’assegno di mantenimento da versare all’ex moglie. La nascita di un nuovo figlio può accentuare questo diritto del padre.

Il marito può chiedere una riduzione del mantenimento?

L’uomo condannato a versare all’ex o ai figli il mantenimento può sempre chiedere la riduzione dell’importo, ma solo se sopravvengono fatti nuovi e imprevisti rispetto al momento in cui è stata emessa la sentenza di divorzio. Il caso tipico è la riduzione dell’orario di lavoro, il licenziamento, una malattia che abbia ridotto la capacità lavorativa.

Un altro caso in cui il marito può chiedere la cessazione del mantenimento all’ex moglie è quando questa inizia una relazione stabile di convivenza con un altro uomo.

Il marito è erede dell’ex moglie?

Se la moglie dovesse morire dopo la separazione e prima del divorzio, il marito sarebbe suo erede universale

. Se la coppia ha avuto un figlio al marito spetta il 50% del patrimonio dell’ex; la percentuale si riduce al 33% in presenza di due o più figli.

Il marito non è erede se ha subìto l’addebito ossia la dichiarazione di responsabilità per la cessazione del matrimonio (ad esempio ha tradito la moglie).

Se invece la moglie dovesse morire dopo il divorzio, il marito non sarebbe mai suo erede.

La pensione di reversibilità dell’ex moglie

Al marito spetta la pensione di reversibilità se la moglie muore prima del divorzio. La reversibilità è una misura che spetta al coniuge, anche se separato, in caso di morte dell’ex. Non sono previste condizioni. Non spetta la reversibilità se il marito ha subito l’addebito.

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