diGianni Santucci
La Corte d’Appello di Milano ha condannato una struttura a restituire le rette corrisposte dalla figlia di una donna ricoverata: contributo illegittimo, Ats e Regione devono pagare totalmente e non solo partecipare con un rimborso
Una recente sentenza della Corte d’Appello di Milano potrebbe cambiare l’esistenza di molte famiglie di anziani malati di Alzheimer e ricoverati in una Residenza sanitaria assistenziale. Dall’altra parte, potrebbe costringere lo Stato e soprattutto le Regioni a ridefinire i propri bilanci in relazione ai ricoveri e le cure per anziani con queste patologie. La sentenza riguarda una Rsa milanese e una famiglia che risiede nell’hinterland (assistita dall’avvocato Giovanni Franchi), con un’anziana madre malata di Alzheimer che viene ricoverata tra 2014 e 2015 (anno del decesso). Il costo per un paziente in Rsa si aggira tra i 90 e i 150 euro al giorno; le strutture private hanno una convenzione con Regione Lombardia che, per questi pazienti, rimborsa 29, 39, o 49 euro al giorno, a seconda della situazione. Il resto della quota (il contratto firmato dalla figlia della signora con la Rsa prevedeva un contributo di 58 euro al giorno) è a carico della famiglia.
Le due voci sono distinte in base ai servizi: da una parte i costi sanitari (rimborsati), dall’altra i costi per l’ospitalità (in carico alle famiglie, che se hanno un reddito molto basso possono chiedere un contributo ai Comuni). La Cassazione ha stabilito che, se si tratta di ricoveri che prevedono una prestazione sanitaria, tutti i costi vanno imputati al sistema sanitario. Commenta l’avvocato Franchi: «C’è un orientamento giurisprudenziale che ormai si sta delineando in molti Tribunali italiani. Oggi questo problema si affronta a livello giudiziario, ma il tema andrebbe affrontato a livello complessivo, con una scelta politica».
I giudici d’Appello (a cui la vicenda è stata rinviata dalla Cassazione dopo due decisioni sfavorevoli per la famiglia) non hanno potuto far altro che adeguarsi al pronunciamento della Suprema corte, condannando la Rsa a restituire le rette pagate dalla figlia della donna, condannando al pagamento delle spese legali anche l’Ats e la Regione. In Italia esistono circa 300 mila posti letto per anziani in Rsa, 60 mila dei quali sono in Lombardia. L’ipotesi che possano essere coperti completamente dal servizio sanitario sarebbe un terremoto per le casse dello Stato. Questo non toglie che si tratti di un’urgenza inderogabile, che scivola però in fondo alle priorità dei governi perché non porta voti.
Spiega Luca Degani, presidente di Uneba, che riunisce 455 fondazioni no profit con prestazioni socio sanitarie, di fatto il 70 per cento dell’offerta socio-sanitaria lombarda per anziani: «Altre sentenze della Cassazione e del Consiglio di Stato hanno ritenuto pienamente legittimo il modello della compartecipazione. In generale, esiste un tema di anziani non autosufficienti in numero sempre crescente. Non si può pensare di avere un fondo sanitario più alto di oggi, dato che i contribuenti diminuiscono per questioni demografiche. Bisogna costruire una nuova programmazione. Non è assurdo il principio secondo il quale la popolazione con capacità di reddito maggiore dei giovani contribuisca alle prestazioni, la redistribuzione si fa anche in questo modo».
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