Come avviene il pignoramento del terreno agricolo? Ne parliamo in questo articolo (scopri le ultime notizie su bonus, Rdc e assegno unico, su Invalidità e Legge 104, sui mutui, sul fisco, sulle offerte di lavoro e i concorsi attivi. Leggile gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).
Pignoramento del terreno agricolo: quando è possibile?
Se ho debiti col Fisco, l’Agenzia delle Entrate può pignorarmi un terreno agricolo? Questa è una delle domande più interessanti formulate da chi, essendo debitore nei confronti dello Stato per tasse non pagate o per sanzioni amministrative comminate per violazioni del codice della strada, si preoccupa per le sue proprietà.
Il quesito è molto più articolato. L’Agenzia delle Entrate può pignorare beni immobili, come i terreni agricoli, di un debitore e metterli all’asta?
L’articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica, numero 602, del 1973, stabilisce che, se il debitore è proprietario di un solo immobile, non di lusso, utilizzato come abitazione e nella quale ha la residenza anagrafica, l’Agenzia delle Entrate non potrà procedere con il pignoramento.
Invece, se il debitore ha più immobili di proprietà, la legge prevede che possa essere pignorato qualsiasi immobile, compreso quello in cui si abita e si risiede, ma a condizione che il debito contratto nei confronti del Fisco sia superiore a 120.000 euro.
Facciamo degli esempi:
Se il debitore ha accumulato un debito di 150.000 euro e ha una casa e un terreno agricolo di proprietà, l’Agenzia delle Entrate può pignorare entrambi.
Se il debitore ha solo la casa di proprietà, ci vive e risiede, l’Agenzia delle Entrate non potrà pignorarla.
Se il debitore ha un terreno agricolo di proprietà, ma il debito contratto è inferiore a 120.000 euro, l’Agenzia delle Entrate non potrà procedere al pignoramento della proprietà e alla sua messa in vendita all’asta.
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Pignoramento del terreno agricolo: quando la legge tutela il debitore?
La legge, infatti, viene incontro ai debitori con redditi medio-bassi e con patrimoni minimi, “proteggendo” la casa di proprietà, che non sarà mai pignorabile se è l’unico immobile in possesso del cittadino, così come tutti gli altri immobili di proprietà, se il debito è inferiore a 120.000 euro.
Di conseguenza, è possibile pignorare un terreno agricolo, ma solo se il debitore ha accumulato debiti per un importo superiore a 120.000 euro.
Pignoramento del terreno agricolo: cosa sapere?
Ma mettiamo il caso venga pignorato un terreno agricolo, il custode, al momento della richiesta dell’indennità di occupazione, deve stipulare un contratto o basta una semplice richiesta formale?
La domanda si pone in relazione al raccolto del terreno agricolo posto sotto pignoramento.
Quando viene pignorato un terreno agricolo, spetta al custode far propri i frutti tramite la loro messa in vendita, o con un’alienazione anteriore alla raccolta, oppure provvedendo alla raccolta con l’assunzione di maestranze. In alternativa è possibile stipulare negozi per la prosecuzione della coltivazione nelle more del processo.
Come stabilito dall’articolo 516, comma 1, del codice di procedura civile, anche i frutti lontani dalla maturazione sono inclusi nel compendio pignorato: “I frutti non ancora raccolti o separati dal suolo non possono essere pignorati separatamente dall’immobile a cui accedono, se non nelle ultime sei settimane anteriori al tempo ordinario della loro maturazione, tranne che il creditore pignorante si assuma le maggiori spese della custodia”.
Quest’ultimo è tenuto a liberare il terreno agricolo, nel momento in cui viene emesso l’ordine di liberazione, e non potrà acquisire i frutti.
Per legge, il custode non potrà consentire al debitore di appropriarsi dei frutti naturali del fondo, tantomeno sarà possibile accontentarsi di un’indennità, come stabilito dalla sentenza della Corte di Cassazione, numero 3720, del 24 febbraio 2015.
Il custode, se autorizzato dal giudice, potrà concedere in affitto i fondi pignorati, ma sebbene sia praticata in alcuni uffici giudiziari, non è ammissibile sottoscrivere un contratto di godimento (ad esempio, un affitto) tra il custode professionale e il debitore esecutato che, per effetto del pignoramento, perde la disponibilità del cespite.
Per concludere, il custode non può stabilire la corresponsione di un’indennità consentendo al debitore di proseguire la coltivazione del fondo e appropriarsi dei frutti.
Faq sul pignoramento
Quanto cala il valore delle case all’asta in Italia?
In Italia, il valore delle case all’asta sta subendo una diminuzione significativa, arrivando a ridursi a circa un terzo della loro valutazione di mercato. Questo significa che le proprietà messe all’asta sono vendute per un prezzo notevolmente inferiore rispetto al loro valore reale sul mercato immobiliare. Per esempio, il prezzo medio al metro quadrato delle case vendute all’asta è di circa 700 euro, in netto contrasto con il valore medio di mercato nazionale stimato in 1.970 euro per metro quadrato.
È possibile richiedere il risarcimento danni per un pignoramento illegittimo?
Sì, in caso di pignoramento illegittimo, il debitore può opporsi all’azione del creditore citandolo in giudizio. Il Tribunale può sospendere l’esecuzione e decidere in ordine alle istanze del soggetto pignorato. Allo stesso tempo, come previsto dall’articolo 615 del codice di procedura civile, il debitore può chiedere al giudice di condannare il creditore pignorante al risarcimento dei danni, se il pignoramento eseguito sia illegittimo o incauto, fornendo tutta la documentazione necessaria per provare il danno subito.
Può avvenire il pignoramento del diritto di abitazione?
Il diritto di abitazione è il diritto che permette al beneficiario di abitare presso un immobile di proprietà di un altro soggetto, per un determinato periodo di tempo. Il diritto di abitazione non si può pignorare né ipotecare.
Il creditore ha la possibilità di pignorare la nuda proprietà della casa, che poi verrà venduta all’asta. In questo caso, sull’immobile continua a gravare il diritto di abitazione. A stabilire l’impignorabilità del diritto di abitazione è l’articolo 2810 del codice civile, che stabilisce che i diritti reali minori, quindi anche il diritto di abitazione, non rientrano tra quelli ipotecabili.
I debiti con il fisco ricadono sui figli?
La risposta è: dipende. Se i genitori sono in vita, i debiti accumulati con il fisco ricadono soltanto su loro stessi. I figli non sono obbligati a dover coprire eventuali debiti contratti e non rischiano di subire pignoramenti di beni, conti correnti o di stipendio, poiché il provvedimento non può ricadere su persone estranee all’obbligazione.
Le cose cambiano, invece, alla morte del genitore debitore: in questo caso il debito passa “sulle spalle” del figlio, a meno che questi non rinunci all’eredità. I debiti col fisco ricadono sui figli e sugli eredi nel caso in cui vi siano cartelle di pagamento non estinte.
Come verificare i debiti del defunto?
Come sapere se una persona defunta aveva dei debiti? Tramite l’estratto di ruolo o estratto conto debitorio, che prende in esame tutti i debiti contratti dalla persona, le cartelle esattoriali in corso e le rateizzazioni richieste, oltre ai pagamenti effettuati, quelli scaduti e quelli in scadenza. L’estratto di ruolo può essere richiesto anche per una persona defunta: in questo caso l’erede dovrà inviare un documento di identità e la dichiarazione sostitutiva di atto notorio.
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