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Contributo a cura di prof. avv. Francesco Munari *

* partner Deloitte Legal

 

La ZLS (Zona Logistica Speciale) è uno strumento che, se ben usato, può assumere un’importanza cruciale per i tessuti socio-economici che fanno capo (e in senso ampio) ai sistemi portuali. L’idea delle ZLS nasce a fine 2017 come una “variante” delle Zone economiche speciali («ZES»), introdotte pochi mesi prima quale strumento di sviluppo del Mezzogiorno. Con le ZLS il legislatore non pone più il focus su aree geografiche, bensì sugli ambiti del territorio serviti dai principali assetti logistici e infrastrutturali. Come insegnano le esperienze di molti Paesi stranieri, è intorno o in collegamento coi porti principali che tendono a concentrarsi l’insediamento di nuove imprese e i relativi investimenti, e con la L. 27 dicembre 2017, n. 205 si è voluta assicurare tale opportunità anche ai nostri sistemi portuali. Quindi, e per capirci, nella “zona logistica speciale” possono insediarsi tutte le imprese, non essendo la norma limitata a specifiche tipologie merceologiche o di servizi.

La decisione di proporre una ZLS spetta tuttavia alle singole Regioni, che sviluppano una proposta «di sviluppo strategico» corredata dall’identificazione della localizzazione fisica entro la quale verrebbe istituita la ZLS. La proposta viene quindi valutata a livello centrale, e poi istituita con D.P.C.M., sentiti tutti i ministeri in vario modo interessati dall’insediamento di imprese che beneficeranno di una serie di vantaggi rispetto alle situazioni… di diritto comune. Ad oggi, l’unica ZLS esistente è in Veneto, con la Toscana vicinissima ad avere la propria ZLS, mentre altre regioni (Liguria, Emilia-Romagna) a quanto consta sono tuttora in fase istruttoria.

La ZLS è vista come un “volano” per l’economia, ed è quindi uno strumento a termine (7 anni prorogabili di ulteriori 7). Questo aspetto è fondamentale, perché se si deve sfruttare al massimo il periodo di tempo in cui vige il regime di ZLS, è fondamentale preparare progetti e iniziative di sviluppo che siano pronti a partire non appena la ZLS è istituita. Diventa dunque essenziale un confronto preliminare col mondo delle imprese, e ancor più utile, in prospettiva, è poter contare su qualificati progetti da usare come “flagship initiatives” su cui concentrare gli sforzi e le loro ricadute economiche.

I benefici della ZLS consistono in procedure semplificate per tutto quanto attiene lo sviluppo di attività di impresa, nonché di benefici fiscali quali il credito di imposta, oltre alla possibilità di istituire zone franche doganali. Ferme le prime, occorre sottolineare che sulle seconde il plafond disponibile per le ZLS non è significativo: da un lato, per le note contingenze di finanza pubblica; dall’altro, e soprattutto, perché le ZLS non possono comunque derogare alla disciplina sugli aiuti di Stato. E siccome i territori nazionali eleggibili per una ZLS non si trovano al Sud (dove ci sono le ZES), anche lo spazio fiscale per aiuti è chiaramente limitato.

Tutto ciò porta con sé alcune conseguenze, e alcuni spunti: in primis, insediarsi in una ZLS conviene alle imprese non tanto perché si hanno risparmi fiscali, quanto per le semplificazioni amministrative. Ciò comporta, dal lato delle istituzioni, che si deve fare di tutto al fine di garantire queste semplificazioni. Ecco dunque la necessità di dotare la ZLS di una governance efficace, approfittando se si può di tutte le best practices esistenti sul territorio: in questa prospettiva, ad esempio sembra opportuno guardare alle AdSP, alle norme che già prevedono il loro potere di coordinamento di altre amministrazioni, e a strumenti quali lo sportello unico per le imprese (SUA). Per altro verso, e proprio perché è sul campo che si misura il successo di una ZLS, diventa utile comprendere quali ulteriori strumenti possono essere concentrati su una ZLS, tra i tanti disponibili a livello regionale, e non solo: in altri termini, l’idea potrebbe essere quella di pensare a una ZLS non in un contesto “stand alone”, bensì come complemento di altri strumenti o come chiave di risoluzione di problemi esistenti sul territorio: sotto questo profilo, ad esempio, ricomprendere in una ZLS ambiti dove vi sono situazioni di crisi industriali può facilitare il soccorso di possibili “cavalieri bianchi”; nello stesso senso, canalizzare su una ZLS i fondi regionali non spesi, o risorse straordinarie come quelle del PNRR, nuovamente garantisce quell’effetto moltiplicatore che una ZLS può generare nell’interesse generale.

Quindi, una ZLS non va pensata sulla carta, ma va costruita nell’ottica di assicurare il migliore sfruttamento delle potenzialità che essa è in grado di offrire, sul piano quantitativo e soprattutto qualitativo. Diversamente, il rischio è quello di incrementare di ulteriori discontinui livelli di governance il percorso già fin troppo tormentato degli investimenti produttivi sul territorio, di cui davvero non si sente il bisogno.

Ciò premesso, dal lato dei soggetti pubblici la ZLS può diventare un importante banco di prova per nuove e più snelle forme di amministrazione mirate all’obiettivo di risultato. E se questo riesce difficile nella generalità delle situazioni, la possibilità di “provarci” in scala ridotta dentro una ZLS dovrebbe essere vista come un’opportunità e una sfida da vincere, in un contesto “ambientale” che il legislatore vuole espressamente favorire con questo istituto. In un mondo ideale, la riduzione dei termini dei procedimenti, e la semplificazione degli stessi, dovrebbe essere un mantra per tutti noi. Se le ZLS consentissero di passare dal “particulare” al “generale”, allora la loro istituzione sarebbe già stata un grande successo.

 

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