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Niente agevolazione prima casa se il proprietario non dichiara tempestivamente l’intenzione di fruire del beneficio fiscale, anche se l’immobile acquistato è destinato ad essere utilizzato come abitazione principale.

Lo ha
stabilito la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione con la sentenza
n. 23292 del 26 luglio 2022
.

Accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Decisivo il ritardo del contribuente, che ha dichiarato di voler usufruire del beneficio fiscale solo dopo la registrazione del decreto di trasferimento dell’immobile aggiudicato all’asta giudiziaria.

Il caso in esame

Un contribuente impugnava l’atto con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva negato rimborso dell’Iva versata in base all’aliquota ordinaria, pur sussistendo i presupposti dell’agevolazione prima casa, in relazione alla registrazione nel settembre del 2006 «del decreto di trasferimento, emesso da un Tribunale, di una unità immobiliare acquistata all’incanto».

Secondo l’Agenzia delle Entrate il contribuente non poteva usufruire dell’agevolazione, in quanto non aveva dichiarato il possesso dei requisiti né in sede di aggiudicazione, né in occasione della registrazione del decreto di trasferimento della proprietà.

La Commissione tributaria regionale accoglievano il ricorso. Per i giudici tributari, il proprietario ha comunque diritto a beneficiare dell’agevolazione prima casa, «avendo dimostrato che l’immobile acquistato era destinato ad abitazione principale».

Contro la decisione della CTR, l’Agenzia delle Entrate che ha presentato ricorso in Cassazione.


Leggi Anche: PRIMA CASA, L’AGEVOLAZIONE VALE ANCHE PER ACQUISTI ALL’ASTA


La tesi dell’Agenzia delle Entrate

Secondo l’Agenzia la decisione è palesemente errata, perché la Commissione tributaria ha considerato solo la sussistenza dei presupposti per ottenere l’agevolazione prima casa, però senza valutare il fatto che il contribuente non ha dichiarato il possesso dei requisiti né in sede di aggiudicazione né in occasione della registrazione.

Agevolazione prima casa

La Corte di Cassazione ricorda anzitutto che per poter godere dei benefici fiscali connessi all’acquisto della prima casa è necessario, tra l’altro, che il contribuente “manifesti la volontà di fruirne nell’atto di acquisto dell’immobile”, dichiarando espressamente, a pena d’inapplicabilità dei benefici:

  1. di volersi stabilire nel Comune dove si trova l’immobile;
  2. di non essere titolare esclusivo, o in comunione col coniuge, di altri diritti reali su immobili siti nello stesso Comune;
  3. di non avere già fruito dei medesimi benefici.

Collaborazione del contribuente

Detto in altri termini, il contribuente deve manifestare la volontà di usufruire dell’agevolazione fiscale in esame, rendendo le dichiarazioni sopra elencate in seno all’atto di acquisto dell’immobile.

Manifestazione di volontà

Le
prescritte manifestazioni di volontà
” – si legge nella sentenza in commento
– “vanno rese, attenendo ai presupposti dell’agevolazione fiscale, anche
quando il contribuente intenda far valere il proprio diritto all’applicazione
dei relativi benefici rendendosi acquirente in sede di vendita forzata»,
aggiungono i giudici, precisano poi che «in tal caso egli dovrà provvedere a
rendere le anzidette dichiarazioni prima della registrazione del decreto di
trasferimento del giudice dell’esecuzione, che costituisce l’atto al quale va
riconosciuta efficacia traslativa della proprietà del bene
”.

Dichiarazione tardiva

Nella fattispecie in esame, il contribuente ha fornito la prescritta dichiarazione, necessaria per usufruire dei benefici prima casa. Tuttavia, dalla documentazione prodotta in giudizio, risulta che tale dichiarazione è stata resa fuori tempo massimo, cioè «dopo la registrazione del decreto di trasferimento» dell’immobile.

Da qui la decisione della Cassazione, che ha annullato la sentenza della Commissione tributaria perché non si è attenuta al suddetto principio. Confermata, dunque, la decisione dell’Agenzia delle Entrate di negare l’agevolazione prima casa.



 

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