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Il 26 novembre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.lgs. n. 173/2021 (testo in calce) di attuazione della Direttiva europea 2019/770 sui contratti di fornitura di contenuti digitale e di servizi digitali.

Il decreto è composto da tre articoli, che riguardano sostanzialmente modifiche al Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005) e le disposizioni finali e finanziarie per la sua attuazione. Le novità introdotte da questo documento normativo acquisteranno efficacia dal 1° gennaio 2022 e si applicheranno alle forniture di contenuti o servizi digitali che avverranno a decorrere da tale data, con l’eccezione del diritto di regresso e delle regole sulla modifica del contenuto o del servizio digitale (nuovi articoli 135-quindecies e 135-vicies semel), che si applicheranno invece, solo ai contratti conclusi a decorrere dal 1° gennaio 2022.

I contratti e il caso del “pagamento” con i dati personali

Il D.lgs 173/2021 introduce quindi un nuovo Capo I-bis nel Titolo III della Parte IV del Codice del Consumo, rubricato “Dei contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali”. La disciplina consumeristica italiana si arricchisce così delle tutele previste dalla Direttiva (UE) 2019/770 per i contratti di fornitura di contenuti o servizi digitali: in particolare, sono previsti specifici obblighi del professionista, sue responsabilità e rimedi a favore del consumatore per la mancata fornitura o per i difetti di conformità.

Innanzitutto, ai sensi dei commi 3 e 4 dell’articolo 135-octies le disposizioni del Capo I-bis si applicano a due diverse ipotesi di accordo:

  1. a qualsiasi contratto in cui il professionista fornisce, o si obbliga a fornire, un contenuto digitale o un servizio digitale al consumatore e il consumatore corrisponde un prezzo o si obbliga a corrispondere un prezzo;
  2. al caso in cui il professionista fornisce o si obbliga a fornire un contenuto digitale o un servizio digitale al consumatore e il consumatore fornisce o si obbliga a fornire dati personali al professionista, quando tali dati non sono trattati dal professionista esclusivamente per l’esecuzione del contratto.

Abbiamo già osservato in un precedente contributo (Direttiva UE 2019/770: è possibile ”pagare con i dati”?) come la seconda delle ipotesi ponga dei rilevanti problemi di coordinamento con la disciplina per la protezione dei dati personali delineata dal Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR).

È interessante notare come il considerando 24 della Direttiva (UE) 2019/770 affermi che “La presente direttiva dovrebbe pertanto applicarsi ai contratti in cui l’operatore economico fornisce, o si impegna a fornire, contenuto digitale o servizi digitali al consumatore e in cui il consumatore fornisce, o si impegna a fornire, dati personali” e che “La presente direttiva dovrebbe altresì applicarsi nel caso in cui il consumatore acconsenta a che il materiale che caricherà e che contiene dati personali, come fotografie o post, sia trattato a fini commerciali dall’operatore economico. Gli Stati membri dovrebbero tuttavia mantenere la facoltà di decidere in merito al soddisfacimento dei requisiti in materia di formazione, esistenza e validità di un contratto a norma del diritto nazionale”. Sul tema del “pagamento” tramite dati personali, quindi, era stato lasciato un margine di discrezionalità agli Stati membri: non essendo chiaro se questo tipo di accordo possa soddisfare i requisiti di formazione del contratto delle varie legislazioni nazionali, ogni Paese deve essere in grado di decidere autonomamente sul punto.

Da qui emerge la volontà europea non tanto di rendere i dati personali assimilabili a una moneta, ma di garantire anche a queste situazioni diffusissime nella pratica le stesse tutele giuridiche assicurate ai contratti di fornitura di contenuti o servizi digitali. Tuttavia, nel caso italiano i problemi interpretativi sulla natura giuridica di questo accordo non sono stati affrontati dal legislatore nazionale in fase di recepimento: su questo aspetto ci si è limitati a una mera trasposizione della lettera della Direttiva nella legge interna, lasciando quindi aperta la questione su come si possa coordinare questo tipo di accordo con la disciplina contrattuale generale del Codice Civile e con i rimedi previsti dalla stessa normativa appena introdotta. A parte il quarto comma dell’articolo 135-octies e il comma 6 dell’articolo 135-novies che afferma la prevalenza del GDPR, in caso di conflitto, sulle disposizioni del nuovo Capo I-bis, il caso di “pagamento” (usiamo questo termine in senso improprio, per i motivi fin qui discussi) con dati personali del consumatore non è oggetto di ulteriore considerazione.

Ma come si applica a questi casi il diritto alla congrua riduzione del prezzo in caso di difetto di conformità?

E cosa ne è dei dati personali forniti dall’utente quando avviene una risoluzione del contratto? Questi dubbi non vengono risolti dal D.lgs. 173/2021: nell’articolo 135-noviesdecies, che disciplina la risoluzione del contratto, il comma 3 si limita ad affermare che “Per quanto riguarda i dati personali del consumatore, il professionista è tenuto a rispettare gli obblighi derivanti dal regolamento (UE) 2016/679 nonché dal decreto legislativo n. 101 del 2018”. Ma questo era una logica conseguenza della prevalenza, già affermata, della normativa del GDPR ed è vero a prescindere dalle modalità con cui è stata remunerata la fornitura.

I requisiti di conformità

Lo scopo primario della normativa qui in analisi è garantire che anche la fornitura di contenuti digitali o di servizi digitali rispetti determinati requisiti e sia oggetto di specifici obblighi delle parti e responsabilità. L’articolo 135-decies, rubricato “Fornitura di contenuto digitale o servizio digitale e conformità al contratto”, indica i requisiti soggettivi e quelli oggettivi che il contenuto o servizio deve possedere per essere considerato conforme al contratto.

In particolare, per rispettare i requisiti soggettivi di conformità il contenuto o il servizio deve:

a) corrispondere alla descrizione, alla quantità e alla qualità previste dal contratto e presentare funzionalità, compatibilità, interoperabilità e le altre caratteristiche previste dal contratto;

 b) essere idoneo ad ogni uso particolare voluto dal consumatore e che è stato da questi portato a conoscenza del professionista al più tardi al momento della conclusione del contratto e che il professionista ha accettato;

c) essere fornito con tutti gli accessori, le istruzioni, anche in merito all’installazione e l’assistenza ai clienti, come previsti dal contratto; e

d) essere aggiornato come previsto dal contratto” (articolo 135-decies, comma 4).

I requisiti oggettivi di conformità, in sintesi, comprendono ai sensi dell’articolo 135-decies comma 5:

  1. L’adeguatezza agli scopi per cui un contenuto o servizio digitale del medesimo tipo sarebbe utilizzato;
  2. La presenza delle qualità, quantità e caratteristiche di prestazione che normalmente si trovano per quel tipo di contenuto o servizio e che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi;
  3. La presenza degli accessori e istruzioni che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi di ricevere;
  4. La conformità all’eventuale versione di prova o anteprima.

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Obblighi e responsabilità del professionista

Ai sensi del nuovo articolo 135-undecies, il professionista è obbligato a tenere informato il consumatore sugli aggiornamenti disponibili e necessari per mantenere la conformità e a fornirglieli durante il periodo di durata della fornitura (se questa è prevista come continua per un determinato periodo) o, se la fornitura avviene in un unico atto o una serie di singoli atti, nel periodo di tempo che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi (sulla base di tipologia e finalità del contenuto o servizio e delle circostanze e della natura del contratto).

Il professionista deve comunque assicurare la conformità del contenuto o del servizio per tutta la durata della fornitura, quando questa avviene in modo continuativo per un determinato periodo di tempo.

Il contenuto o servizio, salvo diverso accordo, devono essere forniti nella versione più recente disponibile sul mercato al momento della conclusione del contratto.

Se il consumatore era stato adeguatamente informato dal professionista sulla disponibilità dell’aggiornamento, sulle conseguenze della sua mancata installazione e su come effettuarla, il professionista non risponde per i difetti di conformità che derivano unicamente dalla mancata installazione entro un congruo termine dell’aggiornamento.

In generale, ai sensi dell’articolo 135-quaterdecies il professionista è responsabile per la mancata fornitura e per i difetti di conformità del contenuto o servizio digitale che si manifestino entro due anni dalla fornitura. Il termine di prescrizione per l’azione per far valere i difetti sussistenti al momento della fornitura e non dolosamente occultati dal professionista è di ventisei mesi.

Il professionista ha comunque diritto di regresso nei confronti dei soggetti facenti parte della catena distributiva e che siano eventualmente responsabili per il difetto di conformità.

L’onere della prova della conformità ricade in capo al professionista.

I rimedi a disposizione del consumatore

Gli articolo 135-septiesdecies e 135-octiesdecies disciplinano i rimedi per la mancata fornitura e per i difetti di conformità.

Nel primo caso, il consumatore può inviare al professionista una richiesta di adempiere; se quest’ultimo non adempie entro un termine congruo o uno ulteriore fissato dalle parti, il consumatore ha diritto di risolvere il contratto.

Il consumatore ha però diritto di risolvere immediatamente il contratto (senza una preventiva richiesta di adempimento) quando il professionista ha dichiarato o risulta evidente dalle circostanze che non sarà effettuata la fornitura o quando sia stato concordato (o risulti evidente dalle circostanze) un termine essenziale per la fornitura stessa.

In caso di difetto di conformità, invece, il consumatore ha diritto al ripristino o a una congrua riduzione del prezzo o alla risoluzione del contratto; con tutte le problematiche che abbiamo evidenziato sopra per i casi in cui la “controprestazione” del consumatore non sia stata il pagamento di un prezzo ma la fornitura di propri dati personali. Le questioni irrisolte in questo senso sono evidenti anche in relazione alla previsione dell’articolo 135-vicies, che stabilisce che il rimborso al consumatore avviene utilizzando lo stesso mezzo di pagamento usato dal consumatore (salvo che quest’ultimo consenta espressamente all’uso di un altro mezzo e non debba sostenere alcuna spesa per il rimborso).

Infine, le tutele previste dal nuovo Capo I-bis sono supportate da una nullità, che può essere fatta valere solo dal consumatore o rilevata d’ufficio dal giudice, prevista per ogni patto volto a escludere o limitare i diritti riconosciuti dagli articoli 135-octies e seguenti. Allo stesso modo è nulla ogni clausola contrattuale che raggiunga tali effetti applicando una legislazione di uno Stato non appartenente all’Unione Europea.

Conclusioni

Con il D.lgs 173/2021 è stata fatta una trasposizione piuttosto letterale della Direttiva (UE) 2019/770, estendendo ai contratti di fornitura di contenuti e servizi digitali le tutele previste dalla disciplina consumeristica per i difetti di conformità e la mancata fornitura senza però affrontare la questione, basilare, della qualificazione giuridica dell’accordo sulla base del quale il consumatore, invece che pagare in denaro, fornisce propri dati personali come controprestazione. Ogni tentativo di considerare le modifiche così introdotte nel Codice del Consumo come un riconoscimento giuridico di questo tipo di scambio deve fare i conti con le problematiche ancora irrisolte e derivanti dal coordinamento di queste previsioni con quelle del GDPR e della disciplina generale dei contratti.

Resta il fatto che, per espressa previsione legislativa (sia europea che, ora, nazionale) a questi accordi ora si applicano le stesse tutele previste per i contratti (veri e propri) di fornitura di contenuti e servizi digitali.

D.LGS. 4 NOVEMBRE 2021, N. 173 >> SCARICA IL TESTO PDF

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