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Il Tribunale di Torino premette come l’art. 840sexiesdecies c.p.c. disciplina l’azione inibitoria collettiva: «Chiunque abbia interesse alla pronuncia di una inibitoria di atti e comportamenti, posti in essere in pregiudizio di una pluralità di individui o enti, può agire per ottenere l’ordine di cessazione o il divieto di reiterazione della condotta omissiva o commissiva. Le organizzazioni o le associazioni senza scopo di lucro i cui obiettivi statutari comprendano la tutela degli interessi pregiudicati dalla condotta di cui al primo periodo sono legittimate a proporre l’azione qualora iscritte nell’elenco di cui all’articolo 840-bis, secondo comma. L’azione può essere esperita nei confronti di imprese o di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività. La domanda si propone con le forme del procedimento camerale, regolato dagli articoli 737 e seguenti, in quanto compatibili, esclusivamente dinanzi alla sezione specializzata in materia di impresa competente per il luogo dove ha sede la parte resistente. Il ricorso è notificato al pubblico ministero. Si applica l’articolo 840-quinquies in quanto compatibile. Il tribunale può avvalersi di dati statistici e di presunzioni semplici. Con la condanna alla cessazione della condotta omissiva o commissiva, il tribunale può, su istanza di parte, adottare i provvedimenti di cui all’articolo 614-bis, anche fuori dei casi ivi previsti. Con la condanna alla cessazione della condotta omissiva o commissiva, il tribunale può, su richiesta del pubblico ministero o delle parti, ordinare che la parte soccombente adotti le misure idonee ad eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate. Il giudice, su istanza di parte, condanna la parte soccombente a dare diffusione del provvedimento, nei modi e nei tempi definiti nello stesso, mediante utilizzo dei mezzi di comunicazione ritenuti più appropriati. Quando l’azione inibitoria collettiva è proposta congiuntamente all’azione di classe, il giudice dispone la separazione delle cause. Sono fatte salve le disposizioni previste in materia dalle leggi speciali.».

Ciò posto, la prima legge che ha introdotto in Italia il divieto di propaganda pubblicitaria dei prodotti da tabacco risale alla legge n. 165/1962, ai sensi del quale «La propaganda pubblicitaria di qualsiasi prodotto da fumo, nazionale od estero, è vietata.». In tema di lavorazione, presentazione e vendita dei prodotti del tabacco è poi intervenuta la Direttiva n. 2001/37/CE, recepita in Italia con il D.lgs. n. 184/2003, poi abrogata dalla nuova Direttiva n. 2014/40/UE «sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati». Tale Direttiva è stata recepita dal D.lgs. 12/01/2016, n. 6. La Direttiva n. 2014/40/UE e il D.lgs. n. 6/2016 disciplinano non solo la lavorazione, la presentazione e la vendita dei tradizionali prodotti del tabacco, ma anche quella dei “prodotti correlati”, tra cui le sigarette elettroniche e i contenitori di liquido di ricarica.

Ciò che rileva in questa sede è il divieto di comunicazioni commerciali che promuovono, direttamente o indirettamente, le sigarette elettroniche e i liquidi di ricarica, previsto, rispettivamente, dall’art. 20 della Direttiva e dall’art. 21 del citato Decreto di recepimento da ultimo citati. Il tema della pubblicità commerciale dei prodotti del tabacco e di quelli correlati è affrontato in maniera diretta dalla Direttiva n. 2014/40/UE, la quale al considerando n. 7 prevede che «L’intervento legislativo a livello dell’Unione è necessario anche per dare attuazione alla convenzione quadro dell’OMS per la lotta al tabagismo («FCTC»), del maggio del 2003, le cui disposizioni sono vincolanti per l’Unione e i suoi Stati membri. Le disposizioni della FCTC sulla regolamentazione della composizione dei prodotti del tabacco, sulla regolamentazione delle informazioni che devono figurare sui prodotti del tabacco, sul confezionamento e l’etichettatura dei prodotti del tabacco, sulla pubblicità e sul commercio illecito dei prodotti del tabacco sono particolarmente rilevanti.». Con particolare riferimento alla pubblicità delle sigarette elettroniche, il Considerando n. 43 della Direttiva, afferma che «Le disparità tra le normative e le pratiche nazionali in materia di pubblicità e di sponsorizzazione in relazione alle sigarette elettroniche costituiscono un ostacolo per la libera circolazione delle merci e la libera prestazione di servizi, e creano un rischio significativo di distorsione della concorrenza. Senza un’ulteriore azione a livello dell’Unione, tali disparità rischiano di accentuarsi nei prossimi anni, tenendo conto anche dell’espansione del mercato delle sigarette elettroniche e dei contenitori di liquido di ricarica. È pertanto necessario ravvicinare le disposizioni nazionali in materia di pubblicità e sponsorizzazione di tali prodotti aventi effetti transfrontalieri, basandosi su un livello elevato di protezione della salute umana. Le sigarette elettroniche possono diventare un prodotto di passaggio verso la dipendenza dalla nicotina e, in ultima istanza, il consumo di tabacco tradizionale, in quanto imitano e rendono normale l’atto di fumare. Per questo motivo è opportuno adottare un approccio restrittivo alla pubblicità delle sigarette elettroniche e dei contenitori di liquido di ricarica». L’art. 20, paragrafo 5, ha, quindi, introdotto l’obbligo per gli Stati membri di vietare le comunicazioni commerciali delle sigarette elettroniche e dei liquidi di ricarica. Il contenuto di tale divieto è stato pedissequamente recepito nell’ordinamento interno, dall’art. 21, comma 10, del D.lgs. n. 6/2016[1]. Il comma 9 dell’art. 21 D.lgs. n. 6/2016 disciplina, invece, la presentazione delle confezioni delle sigarette elettroniche e dei liquidi di ricarica, richiamando, in particolare, le prescrizioni previste per i prodotti da tabacco dall’art. 14, comma 1, lettere a) e c) del medesimo decreto.

L’art. 14, lett. a) e c), D.lgs. n. 6/2016 stabilisce che l’etichettatura delle confezioni unitarie e dell’eventuale imballaggio esterno e il prodotto del tabacco in sé non devono comportare alcun elemento o caratteristica che: «a) promuova un prodotto o ne incoraggi il consumo dando un’impressione errata quanto alle caratteristiche, agli effetti sulla salute, ai rischi o alle emissioni; le etichette non contengono alcuna informazione riguardo al contenuto di nicotina, catrame o monossido di carbonio del prodotto del tabacco»; «c) richiami un gusto, un odore, un aroma o altri additivi o la loro assenza.». Si deve ancora chiarire che, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 9/04/2003, n. 70, per “servizi della società dell’informazione” si intendono “le attività economiche svolte in linea -on line-, nonché i servizi definiti dall’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 21 giugno 1986, n. 317, e successive modificazioni[2]. Inoltre, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera f), del medesimo D.lgs. 09/04/2003, n. 70, per “comunicazioni commerciali” si intendono «tutte le forme di comunicazione destinate, in modo diretto o indiretto, a promuovere beni, servizi o l’immagine di un’impresa, di un’organizzazione o di un soggetto che esercita un’attività agricola, commerciale, industriale, artigianale o una libera professione. Non sono di per sé comunicazioni commerciali: 1) le informazioni che consentono un accesso diretto all’attività dell’impresa, del soggetto o dell’organizzazione, come un nome di dominio, o un indirizzo di posta elettronica; 2) le comunicazioni relative a beni, servizi o all’immagine di tale impresa, soggetto o organizzazione, elaborate in modo indipendente, in particolare senza alcun corrispettivo».

In relazione alla predetta definizione di “comunicazioni commerciali”, ciò che rileva non è tanto il fatto che il citato D.lgs. n. 70/2003 circoscriva la sua efficacia “ai fini del presente decreto”, quanto piuttosto che si tratta di una definizione sufficientemente ampia, che descrive in maniera precisa il contenuto e le finalità della pubblicità commerciale, sicché essa può essere utilizzata estensivamente anche in settori, come quello dei prodotti da fumo, diversi dal commercio elettronico[3]. Essa, inoltre, non differisce significativamente dalla definizione tradizionale di “pubblicità” contenuta nell’art. 2, comma 1, lett. a), del D.lgs. n. 74/1992[4]. Tale legge è stata abrogata nell’anno 2005 dal Codice del consumo che, però, non a caso, non ha sentito l’esigenza di riproporre tale definizione, essendo oramai superata dalla nozione di “comunicazione commerciale contenuta nel D.lgs. n. 70/2003. In buona sostanza, per “comunicazione commerciale” si deve intendere qualsiasi forma di messaggio a contenuto commerciale che ha lo scopo, diretto o indiretto, di promuovere la vendita di beni o servizi presso i consumatori[5].

Tutto ciò chiarito:

  • la convenuta è una società il cui oggetto sociale ricomprende la produzione, l’import-export, nonché il commercio all’ingrosso ed al dettaglio di sigarette elettroniche e relativi liquidi di ricarica;
  • tra i marchi commercializzati dalla società rientra una nota sigaretta elettronica; tale prodotto è importato e distribuito dalla medesima; analoga informazione si desume dal bugiardino presente all’interno della confezione del prodotto;
  • la convenuta commercializza, a vario titolo, anche ulteriori e diversi marchi;
  • la società convenuta commercializza le sigarette elettroniche dalla medesima importate e/o prodotte, nonché le sigarette elettroniche relative a marchi appartenenti ad altri operatori, tramite alcuni siti internet, di proprietà o, comunque, in gestione della società resistente, nonché dei tabacchi e dei rivenditori al dettaglio di sigarette elettroniche.

A giudizio del Tribunale torinese, nella specie, risultano innanzitutto accertate:

  • la violazione del divieto dell’art. 21, comma 10, lett. a), D.Lgs. n. 6/2016 dedotte nel ricorso, da qualificarsi come “comunicazioni commerciali nei servizi della società dell’informazione”, dal momento che nei siti, di proprietà o, comunque, in gestione della società resistente, il consumatore viene incentivato all’acquisto, tra le altre, di una sigaretta elettronica, anche per il tramite di apposita offerta promozionale, il tutto accompagnato da rappresentazioni “di aerei, mongolfiere, camper ed aeroplanini di carta, con un approccio ammiccante dal punto di vista commerciale e diretto a richiamare viaggi e vacanze, la cui piacevolezza è quindi abbinata al prodotto sigaretta elettronica o liquido di ricarica.”.
  • la violazione del divieto dell’art. 14, lett. a) e c), D.lgs. n. 6/2016, dedotte nel ricorso che, come si è detto, stabilisce che l’etichettatura delle confezioni unitarie e dell’eventuale imballaggio esterno e il prodotto del tabacco in sé non devono comportare alcun elemento o caratteristica che: «a) promuova un prodotto o ne incoraggi il consumo dando un’impressione errata quanto alle caratteristiche, agli effetti sulla salute, ai rischi o alle emissioni; le etichette non contengono alcuna informazione riguardo al contenuto di nicotina, catrame o monossido di carbonio del prodotto del tabacco»; «c) richiami un gusto, un odore, un aroma o altri additivi o la loro assenza»; quanto al profilo relativo alla veicolazione di messaggi che lasciano intendere che le sigarette elettroniche e i contenitori di liquido di ricarica siano meno nocivi di altri prodotti del tabacco, si richiama, in primo luogo, quanto dedotto in precedenza in relazione ai contenuti del materiale informativo divulgato dalla resistente e, in secondo luogo, quanto riportato nella home page (parte finale) del sito internet, ove si riferisce quanto segue: «Acquista la tua prima, Sigaretta Elettronica, troverai un’ampia gamma di kit per iniziare facilmente a cambiare le tue abitudini ed eliminare le sigarette tradizionali»; quanto al profilo relativo alle comunicazioni che lasciano intendere che la sigaretta elettronica produca benefici per lo stile di vita, il riferimento è ad alcuni messaggi promozionali; quanto al profilo relativo al richiamo di gusti, odori e particolari aromi dei liquidi di ricarica, l’intero sito contiene numerosi richiami a tali caratteristiche, con rappresentazione grafica del gusto e dell’odore della sigaretta elettronica.

Con precipuo riferimento alle eccezioni proposte dalla parte resistente relative al quadro normativo, quella per cui il divieto di comunicazioni commerciali avrebbe a oggetto unicamente i prodotti finalizzati al consumo di nicotina e non anche le sigarette elettroniche ed i contenitori di ricarica privi di nicotina risulta irrilevante, atteso che le comunicazioni commerciali poste in essere dalla resistente hanno a oggetto le sigarette elettroniche e i contenitori di ricarica finalizzati al consumo di nicotina. Sotto altro profilo, deve ribadirsi che l’art. 21, comma 10, del D.lgs. n. 6/2016, vieta espressamente le comunicazioni commerciali «aventi lo scopo o l’effetto diretto o indiretto di promuovere le sigarette elettroniche e i contenitori di liquido di ricarica», estendendo così il divieto ad ogni tipo di comunicazione commerciale che possa avvicinare, anche solo indirettamente, il consumatore finale al prodotto. In proposito, è opportuno precisare che deve ritenersi vietata la pubblicità delle sigarette elettroniche e dei liquidi di ricarica, a meno che non si tratti di comunicazioni commerciali, bensì di vere e proprie informazioni, descrizioni e istruzioni sull’utilizzo dei prodotti; difatti, la Direttiva n. 2014/40/UE e il D.lgs. n. 6/2016 vietano la promozione, diretta o indiretta, delle sigarette elettroniche, ma non impediscono ai rivenditori o ai produttori di fornire informazioni su un prodotto, indipendentemente da una richiesta del consumatore; tuttavia, le informazioni sui prezzi e sulle caratteristiche tecniche dei prodotti (istruzioni per l’uso, ingredienti, gusto, contenuto di nicotina, descrizione dei componenti del prodotto compreso, ove applicabile, il meccanismo di apertura e ricarica) devono essere fornite in modo corretto e senza finalità promozionale[6].

Di talché, tutte le altre immagini, che riproducono sigarette elettroniche, da sole o con persone e/o cose, che non possono attribuirsi le caratteristiche descrittive/informative appena indicate e vanno considerate messaggi pubblicitari finalizzati alla promozione della vendita di tali prodotti, sono vietate, in quanto tali, dall’art. 21, comma 10, lett. a) del D.lgs. n. 6/2016[7]. Contrariamente a quanto sostenuto dalla resistente, poi, le comunicazioni sui suoi siti web ricadono nella portata del predetto divieto sancito dall’art. 21, comma 10, lettera a) D.lgs. n. 6/2016, il quale vieta espressamente le comunicazioni commerciali anche “nei servizi della società dell’informazione”[8], i quali ricomprendono anche le attività economiche svolte online.

Del tutto infondata risulta l’eccezione della resistente secondo cui il divieto in questione non opererebbe con riferimento a comunicazioni commerciali contenute in pubblicazioni stampate, tenuto conto del chiaro tenore letterale del summenzionato art. 21, che, alla lett. a), vieta espressamente anche le comunicazioni commerciali «sulla stampa e altre pubblicazioni stampate, aventi lo scopo o l’effetto diretto o indiretto di promuovere le sigarette elettroniche e i contenitori di liquido di ricarica», a eccezione soltanto delle pubblicazioni destinate esclusivamente ai professionisti del commercio delle sigarette elettroniche e dei contenitori di liquido di ricarica e delle pubblicazioni stampate e edite in paesi terzi, se tali pubblicazioni non sono destinate principalmente al mercato dell’Unione europea. In particolare, nella definizione di “pubblicazione stampate” assume rilievo rispetto, quantomeno rispetto all’interpretazione della norma interna, la definizione contenuta nell’art. 1 Legge n. 47/1948 che considera quali stampe o stampati tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione.

Pertanto, tenuto conto di tutti i rilievi svolti, in accoglimento delle domande proposte dalla parte ricorrente, devono innanzitutto inibirsi le condotte illecite indicate in motivazione da parte della società resistente, ai sensi dell’art. 840sexiesdecies c.p.c., alla quale deve ordinarsi anche la rimozione delle comunicazioni commerciali di sigarette elettroniche e liquidi di ricarica indicate come illecite in motivazione, entro il termine di giorni 30 (trenta) dalla comunicazione del presente provvedimento.

 

 

__________________________________

[1] Segnatamente: «10. Sono vietate: a) le comunicazioni commerciali nei servizi della società dell’informazione, sulla stampa e altre pubblicazioni stampate, aventi lo scopo o l’effetto diretto o indiretto di promuovere le sigarette elettroniche e i contenitori di liquido di ricarica, ad eccezione delle pubblicazioni destinate esclusivamente ai professionisti del commercio delle sigarette elettroniche e dei contenitori di liquido di ricarica e delle pubblicazioni stampate e edite in paesi terzi, se tali pubblicazioni non sono destinate principalmente al mercato dell’Unione europea; b) le comunicazioni commerciali via radio aventi lo scopo o l’effetto diretto o indiretto di promuovere le sigarette elettroniche e i contenitori di liquido di ricarica; c) qualunque forma di contributo pubblico o privato a programmi radiofonici aventi lo scopo o l’effetto diretto o indiretto di promuovere le sigarette elettroniche e i contenitori di liquido di ricarica; d) qualunque forma di contributo pubblico o privato a eventi, attività o persone singole aventi lo scopo o l’effetto diretto o indiretto di promuovere le sigarette elettroniche e i contenitori di liquido di ricarica e a cui partecipino o che si svolgano in vari Stati membri o che comunque abbiano ripercussioni transfrontaliere; e) per le sigarette elettroniche e i contenitori di liquido di ricarica le comunicazioni commerciali audiovisive a cui si applica la direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio.».

[2] Cfr. in tal senso Trib. Roma, Sez. Spec., 05.11.2019.

[3] Cfr. in tal senso Trib. Roma, Sez. Spec., 05.11.2019.

[4] Secondo il quale per “pubblicità” si intendeva «qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere la vendita di beni mobili o immobili, la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi oppure la prestazione di opere o di servizi».

[5] Cfr. in tal senso Trib. Roma, Sez. Spec., 05.11.2019.

[6] A tale stregua, devono ritenersi consentite le riproduzioni delle immagini delle sigarette elettroniche e dei contenitori dei liquidi di ricarica sulle pagine del siti web dei produttori e/o dei rivenditori al solo fine di consentire al consumatore di individuare e scegliere il prodotto da acquistare online, nonché al fine di descriverne le caratteristiche tecniche e nei manuali di istruzione, non altri tipi di immagini il cui scopo o il cui effetto, diretto o indiretto è quello di promuovere la vendita dei prodotti; oltre alle pagine contenenti le informazioni, le descrizioni e le caratteristiche tecniche dei vari tipi di sigaretta elettronica e di liquidi di ricarica, può ritenersi consentita la presenza di una immagine del prodotto sulla homepage dei siti web, al fine di ragguagliare immediatamente il Pagina 12 consumatore del fatto che ha effettuato l’accesso sul sito ufficiale dell’azienda che produce e/o commercializza quel determinato tipo di sigaretta elettronica;

[7] Cfr. in tal senso Trib. Roma, Sez. Spec., 05.11.2019.

[8] Invero, per “servizi della società dell’informazione” si intendono «le attività economiche svolte in linea -on line-, nonché i servizi definiti dall’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 21 giugno 1986, n. 317, e successive modificazioni»: così, Trib. Roma, Sez. Spec., 05.11.2019.

 

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