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“Mettere gli occhi sulla sfera del tempo”. Così il presidente della I Commissione, Fabiano Amati, introduce la seduta dedicata all’audizione dell’amministratore delegato di Syndial Spa, del gruppo Eni Spa, Paolo Grossi, sul progetto pilota per la trasformazione del Forsu in bio olio e acqua in sperimentazione a Gela in Sicilia. La Puglia ha due siti di interesse nazionale, Brindisi e Manfredonia: qui potrebbero essere realizzati i nuovi impianti regionali. Alle audizioni hanno partecipato Confindustria di Foggia, rappresentanti sindacali ed i sindaci di numerosi Comuni.

“Si tratta di un innovativo impianto per il trattamento della frazione umida – ha spiegato il direttore di via Valentini Vista Franco, Enrico Barbone, presente a Bari con il commissario Ase Manfredonia -. Il sito ex Enichem è già bonificato per 25 ettari e per l’investimento ne servirebbero almeno 20. Dunque ci sono tutte le condizioni per partire con la realizzazione della piattaforma ecologica, che prevede un parco fotovoltaico di 10 ettari che servirà all’impianto. Secondo quanto ci è stato riferito, sarà possibile produrre olio biologico che nella prima fase potrà essere utile per i motori delle navi (successivamente per la produzione di carburanti) e acqua pulita. La previsione è quella di un investimento privato di 70 milioni di euro, che ben si raccorda con le opportunità delle Zes (zone economiche speciali). Adesso approfondiremo tutti gli aspetti per conoscere le eventuali iniziative imprenditoriali dell’indotto, visto che è stato prospettato un discreto impatto occupazionale, con 80 dipendenti nella fase di realizzazione e una 50 a pieno regime. Poi la parola spetterà al territorio…”.

L’uso di nuove tecnologie per Amati “può rappresentare importanti scelte future di natura politica, anche per la nostra regione”. Paolo Grossi ha illustrato cosa è Syndial, quali attività svolge sul territorio italiano e non.

Syndial, è una società ambientale di Eni, che ha avviato nel sito della raffineria di Gela il primo impianto pilota per il recupero e la trasformazione della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU) in un bio olio che servirà a produrre carburanti di nuova generazione.

La messa in esercizio dell’impianto rappresenta il primo traguardo di un percorso nato dalla ricerca di Eni e avviato con la definizione della tecnologia proprietaria waste to fuel, messa a punto nel Centro Ricerche Eni per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente a Novara.

La tecnologia waste to fuel consente di replicare in poche ore in un impianto industriale a basso impatto ambientale un processo che la natura compie in milioni di anni, cioè trasformare biomasse in energia. Inoltre, il suo utilizzo genera come sottoprodotto una risorsa preziosa e sempre più scarsa: l’acqua, impiegabile per usi industriali e civili. Il rifiuto umido viene infatti valorizzato non solo tramite la produzione di bio olio e bio metano ma anche con il recupero e il trattamento del suo contenuto di acqua, pari a circa il 70%.

“Si tratta quindi di un sistema innovativo in grado di generare complessivamente grandi vantaggi per la collettività – ha spiegato la società in commissione -. Eni pone così un altro importante pilastro di una strategia improntata al modello integrato di economia circolare che la porterà a realizzare, completata la fase pilota, impianti waste to fuel su scala industriale, eliminando una grande quantità di rifiuti organici tramite il loro riutilizzo e fornendo un significativo contributo in termini di vantaggi ambientali alle grandi aree urbane in Italia e all’estero”.

Le attività svolte dall’impianto di Gela permetteranno a Eni di acquisire le informazioni necessarie per la progettazione dei nuovi impianti. Il pilota di Gela ha una capacità produttiva di bio olio stimata in circa 70 chilogrammi al giorno e viene alimentato con 700 kg al giorno di rifiuti organici forniti dalla Società per la regolamentazione del servizio di gestione rifiuti SRR di Ragusa Il progetto waste to fuel è un esempio tangibile del modello integrato di economia circolare di Eni: oltre al riutilizzo di aree dismesse e bonificate, valorizza le materie prime di scarto e le trasforma in una nuova materia energetica, senza alcun impatto sulla filiera alimentare ma altresì contribuendo a supportare i territori in cui Eni opera nel sistema di smaltimento dei rifiuti urbani.

La Syndial si occupa anche di bonifica, “un lavoro complesso fatto di attenzione, ricerca, gestione dei rapporti con il territorio” – ha spiegato Grossi. – Il procedimento amministrativo di bonifica dei Siti d’Interesse Nazionale è di competenza del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e Mare che può avvalersi dell’operato e dei pareri dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), delle agenzie regionali per la protezione Ambientale (ARPA), dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), dell’Istituto Nazionale Previdenza Sociale (INPS) e dell’Istituto Nazionale Assicurazione e Infortuni sul Lavoro (INAIL), oltre ad altri enti nazionali o locali e pubblici o privati. La competenza e la funzione amministrativa relativa agli interventi di bonifica dei Siti di Interesse Regionale (SIR) spetta invece alle Regioni. Attualmente Syndial opera in 17 aree ex industriali e dismesse ricadenti in 13 Siti di Interesse Nazionale e in circa 80 Siti di Interesse Regionale”.

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