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Ancora fumata nera per Cdp e nuovi vertici arrivati in stazione in Ferrovie. E dire che fino a un paio di settimane fa la partita su Cassa Depositi sembrava chiusa. Tutto deciso sulla conferma di Dario Scannapieco alla guida della spa del Tesoro e di Giovanni Gorno Tempini alla presidenza, su indicazione delle fondazioni bancarie soci di minoranza. Su Fs tutto era invece arenato. Il problema era la scelta del presidente, poltrona contesa tra i partiti di maggioranza, una volta tramontata l’ipotesi di assegnare l’incarico a Biagio Mazzotta, così da liberare la casella della Ragioneria generale dello Stato. 

La vicenda Cdp si è a sua volta incagliata, questione di quote rosa, oltre, dicono indiscrezioni, della pretesa di Palazzo Chigi di esprimere uno dei consiglieri. Altra grana per il ministero dell’Economia e che già doveva districare il rebus della scelta interna al dicastero un posto nel consiglio d’amministrazione di Cassa.

 

Il nodo, spiegano fonti vicine al dossier, riguarda il bilanciamento tra uomini e donne all’interno del board. Le fondazioni hanno fatto il loro compito. Di tre consiglieri che spettano agli enti di origine bancaria, una è donna, Lucia Calvosa, già presidente di Eni e in quota Crt. Con lei il riconfermato Gorno Tempini e l’economista Luigi Guiso. Discorso diverso in casa del Ministero dell’Economia. Ad aprile dello scorso anno Francesco Di Ciommo, avvocato e professore universitario in quota Fratelli d’Italia (per breve tempo anche ipotetico candidato alle regionali lucane) è stato chiamato a sostituire Fabrizia Lapecorella, già direttrice generale delle Finanze poi passata all’Ocse come vicesegretaria generale. Palazzo Chigi è per la riconferma di Di Ciommo e con lui sono uomini anche altri due protagonisti delle scelte, i direttori generali di Tesoro ed Economia, Riccardo Barbieri Hermitte e  Marcello Sala. 

 

 Il tema è anche quello del consigliere che siede nella cosiddetta gestione separata, sotto cui ricadono le partecipazioni dello Stato trasferite nel portafoglio di Cdp. Fino a gennaio 2023 la scelta era scontata. L’incarico spettava al direttore generale del Tesoro o a un suo rappresentante, e alla Ragioneria di Stato. Un anno e mezzo fa il dipartimento è stato spacchettato in due creando una nuova divisione Economia, affidata a Marcello Sala, ex banker di Intesa Sanpaolo, e sotto il cui ombrello ricadono le partecipazioni pubbliche. Sala può quindi rivendicare in modo legittimo un posto in cda, lo stesso può fare il direttore generale del Tesoro, Riccardo Barbieri Hermitte, che oggi ricopre l’incarico.  

Altre volte in passato ci sono stati più rappresentanti del dicastero. Nel 2021, ad esempio, Lapecorella era in cda, mentre Alessandro Rivera, numero uno del Tesoro fino a gennaio 2023, era componente della gestione separata.  Quando poi ad aprile dello scorso anno Lapecorella ha rassegnato le dimissioni per andare al Ocse al suo poso è stato nominato l’avvocato Francesco Di Ciommo. A scombussolare gli equilibri, secondo quanto trapelato in questi giorni, ci sarebbe la pressione di Palazzo Chigi per portare un proprio consigliere in cda. O meglio mantenere. Il nome su cui punterebbe Meloni è proprio Di Ciommo, area Fratelli d’Italia e in passato in predicato di poter diventare amministratore delegato di un’altra impresa di Stato, Consap. Il tutto si incrocia con la necessità di trovare almeno due donne manager e non uomini.

 
Risultato, dopo il rinvio dello scorso 20 giugno l’assemblea di Cassa ha di nuovo fatto slittare la decisione sulle nomine. La nuova data sul calendario è il prossimo 2 luglio. Fonti vicine al dossier spiegano che potrebbero servire anche dieci giorni per trovare l’intesa. Le scelte per banca di promozione nazionale, cassaforte delle partecipazioni strategiche dello Stato -da Eni a Poste passando per le reti gas ed elettrica- intrecciano quelle in altre società dello Stato spa. Dovranno essere nominati, tra gli altri,  i nuovi vertici di Invimit e Consip. La prima è la sgr del Tesoro incaricata di valorizzare il patrimonio immobiliare pubblico. La conferma dell’attuale amministratrice delegata, Giovanna Della Posta, non è data per scontata. Al suo posto scalpita Stefano Scalera, apprezzato funzionario del Mef. Per Consip, la centrale acquisti della Pubblica amministrazione, il ricambio è invece dovuto dallo scioglimento anticipato del cda, dopo le dimissioni di due componenti per le accuse rivolte all’ad Marco Mizzau.

 
Se Cdp è andata a vuoto, in Ferrovie il governo ha trovato l’intesa sul ricambio al vertice. Questa volta Stefano Donnarumma ha ottenuto come da previsioni l’incarico. L’ex ad di Terna, considerato vicino sia a Giorgia Meloni sia al ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, sostituirà Luigi Ferraris, scelto da Mario Draghi, in Piazza della Croce Rossa. Questa volta tutto è andato liscio e il manager non è rimasto senza incarico come avvenne un anno fa, per mesi guida in pectore di Enel al momento delle scelte gli fu preferito Flavio Cattaneo.

 

Fratelli d’Italia ha ottenuto la presidenza. La scelta è ricaduta su Tommaso Tanzilli, già consigliere di Fs e direttore generale di Federalberghi Lazio. Trovata l’intesa su Ferrovie si passerà ora alla principale delle partecipate del gruppo della mobilità da rinnovare: Anas, la società che gestisce le strade italiane. Nel cda di Fs viene inoltre confermato Pietro Bracco, Caterina Belletti, avvocato già nel cda del Gse e considerata in quota Fdi, Loredana Ricciotti, Franco Fenoglio e la funzionaria del Mef, Tiziana De Luca.

Intanto il Parlamento blinda la prossima cessione dell’ex Ilva ai privati. Un emendamento approvato in Senato al dl Agricoltura salvaguardia la vendita in caso che gli atti della procedura straordinaria siano dichiarati nulli dalla magistratura. Un modo per tutelare i possibili compratori da eventuali risvolti di contese tra lo Stato e gli ex proprietari di ArcelorMittal. Il governo ha infatti fatto ricorso al commissariamento dopo la rottura tra il colosso franco-indiano dell’acciaio e il socio pubblico Invitalia sul finanziamento del futuro dell’acciaieria. Ora, mentre possibili acquirenti -gli indiani di VulcanSteel e di Steel Mont assieme agli ucraini di Metinvest- visitano gli impianti, la politica si muove per evitare futuri scossoni legali che, se e quando il gruppo siderurgico sarà messo in vendita con gara, possono far deragliare il lavoro svolto. 

 

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