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Quando un immobile è stato pignorato oppure lo sarà presto a causa di una procedura di riscossione, non sono pochi i proprietari che considerano la locazione per scoraggiare la vendita, provare a tenersi l’immobile o anche solo avere una fonta di guadagni. In realtà, la locazione dell’immobile non impedisce il pignoramento e non è una forma di tutela.

Sì, l’affitto di un immobile pignorato non è impossibile, ma ci sono diverse importanti informazioni di cui tenere conto per evitare spiacevoli conseguenze. Le parti coinvolte sono almeno tre: il proprietario dell’immobile, che è anche debitore e locatore, l’inquilino e il creditore. Quest’ultimo può essere rappresentato da qualsiasi soggetto, anche un privato, anche se la maggior parte dei pignoramenti immobiliari è innescata dalla banca per il mancato pagamento del mutuo o di altro finanziamento.

In ogni caso, è fondamentale sapere cosa prevede la legge in merito all’affitto di un immobile pignorato, quali sono le regole da seguire e soprattutto cosa si rischia a seconda dei casi.

Si può affittare un immobile pignorato?

Si può affittare un immobile pignorato? Non esiste una risposta sintetica a questa domanda, perché tutto dipende da chi se la pone e perché. Per il proprietario debitore, infatti, la risposta è no. Non appena scatta il provvedimento del giudice e riceve notifica dell’atto di pignoramento, il debitore perde il diritto di amministrare e gestire il bene, se non per le funzioni di custode che gli attribuisce la legge.

L’articolo 560 del Codice di procedura civile, infatti, stabilisce che al debitore e al terzo nominato custode “è fatto divieto di dare in locazione l’immobile pignorato se non autorizzati dal giudice dell’esecuzione”. Da questa norma si evince un importante principio: si può affittare l’immobile pignorato con l’autorizzazione del giudice esecutivo.

Ovviamente, difficilmente il giudice acconsente, tenendo conto delle eventuali ripercussioni sulla vendita e dei pregiudizi arrecati all’azione creditizia. Se ve ne sono motivati interessi e ci sono le condizioni per non arrecare pregiudizio ingiusto al creditore, tuttavia, il giudice può acconsentire alla locazione. I canoni vanno di norma corrisposti al creditore, così come accadrebbe se l’immobile fosse stato affittato prima del pignoramento.

Il contratto d’affitto e valido?

Al proprietario è fatto divieto di affittare l’immobile pignorato senza consenso del giudice, ma se questa norma viene aggirata il contratto d’affitto resta valido, ma non è opponibile al creditore. In altre parole, se si stipula un contratto d’affitto dopo che l’immobile è stato pignorato, quest’ultimo avrà efficacia solo nei rapporti tra locatore e inquilino, ma non verso il creditore o l’acquirente ad esempio.

Al contrario, il contratto d’affitto stipulato prima del pignoramento resta pienamente opponibile anche nei confronti del creditore e dell’acquirente, con la conseguenza che non potrà sfrattare l’inquilino. Attenzione, però, nel caso in cui il contratto sia concluso quando l’azione creditizia è già iniziata: il creditore potrebbe chiederne la revoca al giudice, dimostrando che l’atto è stato fatto in frode alle sue ragioni di credito.

Cosa rischia il locatore

Il locatore è fra le parti coinvolte quella meno a rischio rispetto al contratto d’affitto stipulato nonostante il pignoramento, poiché come ribadito la locazione non avrà alcun effetto giuridicamente rilevante rispetto al debito. Questo significa che indipendentemente dall’affitto, l’iter di recupero crediti proseguirà con l’asta e la vendita dell’immobile nella maniera ordinaria. Il creditore rischia comunque di allungare la procedura, mentre l’inquilino ha ulteriori rischi a carico.

Oltretutto, il proprietario non ha diritto a percepire l’affitto, poiché tutti i canoni di locazione dovranno passare per mezzo dell’ufficiale giudiziario o del custode terzo, al fine di contribuire all’adempimento nei confronti del creditore. La prassi è la medesima a prescindere dal momento in cui sia stato stipulato il contratto, se prima o dopo il pignoramento, dunque non è un vero e proprio pericolo, quanto più di una regola.

Infine, potrebbe essere portato in giudizio anche dall’inquilino per ottenere un risarcimento danni, ma anche subire delle sanzioni per il mancato rispetto delle disposizioni del giudice, rischiando la multa da 103 a 1.032 euro e la reclusione fino a 3 anni.

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Cosa rischia l’inquilino

Il soggetto più a rischio è proprio l’inquilino, in particolar modo nel caso in cui il contratto d’affitto sia successivo al pignoramento. Come anticipato, infatti, in questo caso la locazione non è opponibile al creditore o al nuovo acquirente. Per l’affittuario ciò comporta grossi disagi, perché risulta più difficile vendere una casa già occupata da un inquilino, in particolare se gravata da un lungo contratto.

Il creditore può quindi legittimamente chiederne lo sgombero, così come potrebbe fare il nuovo proprietario dopo averla acquistata. L’unica tutela in merito è la possibilità di rifarsi contro il locatore, ricorrendo in giudizio per chiedere un risarcimento dei danni patrimoniali e morali patiti. Ciò. però, soltanto quando l’inquilino è in buona fede e non era a conoscenza del pignoramento gravante sull’immobile.

Altrimenti, non solo non avrà particolari forme di tutela, ma potrebbe anche dover corrispondere al custode un’indennità per l’occupazione senza titolo. Nulla esclude che il giudice possa ratificare il contratto, ma si tratta di un’evenienza piuttosto rara.

Lo stesso accade quando il contratto d’affitto viene revocato dal giudice dietro richiesta del creditore, mentre se è precedente all’atto di pignoramento l’inquilino gode di piena tutela. Nessuno può metterlo alla porta, nemmeno il nuovo acquirente, se non attraverso la disdetta del contratto in modo ordinario.

In particolare, se la locazione non ha data certa ma l’affittuario dimostra di esserne entrato in possesso prima del pignoramento il nuovo proprietario dovrà rispettarla per un massimo di 6 anni (9 anni se la locazione è superiore a 9 anni).

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