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La banca è tenuta ad osservare un grado di diligenza commisurato alla natura dell’attività esercitata e può incorrere in responsabilità extracontrattuale laddove il funzionario incaricato non abbia usato la dovuta diligenza.

La rilevanza della sentenza n. 11123/2015 (Cassazione civile, sez. III), ad avviso di chi scrive, è data non tanto dal caso concreto tratto in esame ma per i principi in essa ribaditi e che traggono la loro fonte in una altalenante evoluzione giurisprudenziale e dottrinale, specie sul ruolo delle banche nella società.

Tale sentenza offre lo spunto per intraprendere un breve viaggio tra le fonti del diritto per poi procedere all’esame dei profili di responsabilità della banca.

Profili di responsabilità della Banca

Profili Costituzionali

Nella Carta Costituzionale è rinvenibile una norma , l’art. 47, che recita: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito.

Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.”. I primi commentatori attribuirono all’art. 47 la cristallizzazione nella Costituzione della Legge Bancaria del 1936-38, sopravvissuta al crollo del regime: leggendo il commento di Massimo Severo Giannini l’art. 47 è “un’enunciativa generica dei principi della legge bancaria”. La citata interpretazione, che ha mantenuto ancora molti sostenitori ha avuto una evoluzione al livello di Costituzione materiale rinvenibile nella giurisprudenza costituzionale. In particolare, quanto all’incoraggiamento e tutela del risparmio in tutte le sue forme è da annotare la seguente giurisprudenza della Corte Costituzionale: sent. 29/1975 che circoscrive l’ambito operativo del precetto a “principio politico cui dovrà ispirarsi la futura normativa”; sent.  143/1982 in cui si legge “principio programmatico al quale deve ispirarsi il legislatore ordinario[1].

Quanto al precetto Tutela del credito la Corte Costituzionale ha ritenuto l’art. 47 fondamento dell’interesse pubblico al normale e regolare esercizio del credito tanto da quanto da ritenere il reato di aggiotaggio bancario più grave del reato di aggiotaggio comune[2].

Sulla tutela del risparmio popolare   la Corte Cost. con sentenza 66/1965 rileva che: “… Secondo l’ordinanza, la legge istitutiva dell’E.N.E.L. ed i successivi decreti presidenziali non hanno tutelato l’investimento che i risparmiatori hanno fatto nelle azioni elettriche, perché hanno scoraggiato il risparmio nella formazione dei capitali azionari e perché hanno trasformato gli azionisti in obbligazionisti, cioè in semplici creditori estranei alla gestione sociale.

Se con questa censura si volesse sostenere che il Parlamento non potrebbe mai applicare l’art. 43 della Costituzione tutte le volte in cui si tratti di imprese con capitale azionario, la tesi sarebbe manifestamente arbitraria. Un divieto di tal genere non è desumibile dall’art. 47 sotto nessun aspetto, né esegetico, né storico, né sistematico. …”

            Anche la giurisprudenza ordinaria si è in più occasioni pronunciata sul ruolo della banca d’Italia e delle banche in generale.

Fondamentali sono i passaggi storici che hanno attribuito al sistema bancario funzione pubblicistica. Prima tra tutte la Cass. SS.UU. 21.10.1952 n. 3042 che per prima definisce la Banca Centrale  ente di diritto pubblico ed afferma la sua funzione nel“l’interesse generale per l’economia dello stato”. Anche la cass. SS.UU. 5.03.1979 n. 1353, da un lato riconosce alla banca d’Italia funzioni pubbliche nel settore valutario e dall’altro una funzione pubblicistica di “attività di direzione e vigilanza nel settore creditizio e di regolamentazione del mercato monetario e della circolazione monetaria , fra cui preminente quello di difesa del valore internazionale e interno della moneta e la polizia della valuta”.

Negli anni ’80 la Cassazione definirà pubblico servizio “ogni attività “Ogni attività bancaria, essendo volta alla raccolta del risparmio e all’esercizio del credito, è contrassegnata da un interesse pubblico immanente in virtù del quale essa è inserita in un’organizzazione unitaria del relativo settore economico, costituita, regolata, diretta e controllata da pubblici poteri anche per la realizzazione di pubbliche finalità e pertanto essa acquista la qualità di servizio pubblico in senso oggettivo, valevole, ai sensi dell’art. 358 n. 2 c.p., per la qualificazione dei soggetti privati legittimati a compierla come incaricati di servizio pubblico; con la conseguenza che essi, quando si appropriano di denaro, di cose mobili appartenenti a un’azienda o un istituto di credito privati, rispondono di malversazione, mentre rispondono di peculato se l’attività bancaria sia svolta da un ente pubblico[3]. Gli anni 1987 e 1989 rappresentano una svolta epocale nella identificazione del ruolo del sistema bancario: Banca d’Italia, cessa di essere ente di diritto pubblico[4]; crolla la teoria del pubblico servizio e l’attività bancaria si definisce attività imprenditoriale di natura privata, in regime concorrenziale[5].

Le Fonti Primarie E Secondarie

Proseguendo nella ricognizione delle fonti, il DPR 27 giugno 1985 n. 350 rappresenta l’avvio del processo di trasformazione del sistema bancario attuando nel nostro ordinamento la prima direttiva comunitaria in materia creditizia: direttiva 77/80 del 12 dicembre 1977. La novità del dpr 350/1985 è data dal diritto all’ingresso sul mercato bancario a qualunque soggetto che presenti le qualità richieste dalla legge per poter esercitare  le attività creditizia. Il processo di trasformazione prosegue con la legge 30 luglio 1990 n. 218  d.lgs. 20 novembre 1990 n. 356 che vede la trasformazione della banca pubblica in società per azioni a controllo pubblico cessando si essere ente pubblico economico. Con il d.lgs. 20 novembre 1990 n. 356 sarà consentito agli istituti di credito di natura pubblica di estendere la propria operatività a tutto l’ambito del credito a medio e lungo termine. La formazione di gruppi bancari polifunzionali necessito l’introduzione di nuove norme che consentissero la vigilanza anche delle società partecipate sfuggite al controllo sino alla legge 17 aprile 1986 n. 114  in attuazione alla direttiva comunitaria 83/350 del 13 giugno 1983, che consentì alle autorità di vigilanza di estendere il controllo sulle situazioni economiche e finanziarie delle società controllate[6]. Altra fase di cambiamento è segnata dal d. lgs. 14 dicembre 1992 n. 481 che ha dato accesso al sistema, accanto alla banca polifunzionale la c.d. “banca universale”: viene definitivamente abolita la distinzione tra aziende ed istituti di credito.

Negli anni novanta arriva il momento di dare attuazione alla seconda direttiva la 89/646/CEE e ciò avviene attraverso la legge comunitaria 142/1992 che da al Governo due deleghe: l’una per recepire nel diritto interno tutta al seconda direttiva , l’altra per riorganizzare tutta la disciplina bancario in un testo unico. Il nuovo corpo organico di norme riuscirà a riunire e coordinare alcuni dei provvedimenti legislativi più recenti come il d.lgs. 481/1992 sul riconoscimento della “banca universale”, il d. lgs. 356/1990 sui gruppi bancari, le norme sulla trasparenza delle operazioni bancarie di cui alla legge 154/1992 e quelle sul credito al consumo di cui alla legge 142/1992: con d. lgs. 1 settembre 1993 n. 385 viene emanato il testo unico in materia bancaria e creditizia[7].

La disciplina bancaria non è affidata solamente al legislatore. Lo stesso TUB rimanda in molte disposizioni il potere regolamentare alle c.d. Autorità Creditizie. Troviamo così l’art. 25 e 26 che rimandano al Ministero dell’Economia e Finanza il compito di regolamentare i criteri di ed i requisiti di onorabilità e professionalità degli esponenti delle banche e degli intermediari finanziari (artt. 108 e 109), così come determina i criteri e i limiti degli interventi del Fondo Interbancario di garanzia (art. 45 c. 2). Numerosi sono inoltre le deleghe al CICR[8] (che è presieduto dal Ministro dell’economia e della finanza) e alla Banca d’Italia[9] e Co.N.So.B.[10]. Quanto al potere regolamentare CICR, tra tutte merita senza dubbio una particolare attenzione la delibera CICR 9 febbraio 2000, il cui potere regolamentare trova la sua fonte normativa nell’art. 120 c. 2 TUB così come novellato dal D.L. 342/1999 art. 25, che ha conferito al CICR il potere di regolamentare la modalità di calcolo degli interessi sugli interessi. così pure la delibera CICR 4 marzo 2003 in tema di trasparenza e disciplina delle condizioni e servizi contrattuali e relative a istruzioni Banca d’Italia. Da ultimo si richiama il decreto CICR 3 febbraio 2011in materia di credito ai consumatori che ha dato attuazione al Capo II del Titolo VI TUB.

Il vigente codice civile, tuttavia, nel disciplinare alcuni contratti bancari non tiene conto delle asimmetrie informative e della “forza” contrattuale delle parti, squilibrio che nella pratica rende estremamente vulnerabile l’equilibrio sinallagmatico. È quindi la tutela degli interessi della clientela a non ricevere adeguato rilievo in primis sul piano del contenuto negoziale nella completa disponibilità del soggetto bancario con la conseguente creazione di schemi negoziali sbilanciati in favore del predisponente.

Alla tutela del soggetto privato sono intervenuti i principi generali dettati in tema di inadempimento delle obbligazioni e le relative costruzioni dogmatiche operate dalla dottrina e dall’attività giurisprudenziale.

A colmare le lacune normative interverranno dia il diritto comunitario sia il legislatore nazionale, da un lato impegnato a recepire le direttive comunitarie e dall’altro con la disciplina organica dettata del D.Lgs. 385/1993 ovvero il Testo Unico Bancario su cui non sono mancati interventi modificativi. Per quanto attiene il presente lavoro  si ricorda la Direttiva 87/102 sulla trasparenza dei rapporti contrattuali; la direttiva 90/88 sul credito al consumo attuate dal legislatore interno con la L. 154 e 142 del 1992. Un passaggio storico è altresì segnato dalla l. 52/1996 in tema di clausole abusive nei contratti stipulati con il soggetto consumatore in attuazione alla Direttiva Comunitaria 93/13 del 5 aprile 1993 che introduce per la prima volta nel codice civile un corpus di norme interamente dedicato alla disciplina contrattuale avente come soggetti contraenti l’imprenditore professionista da una parte ed il soggetto consumatore dall’altra. La disciplina normativa, nonché l’ampio dibattito giurisprudenziale e dottrinale si sono sviluppati nell’intento di  riequilibrare la forza contrattuale tra banca e cliente: l’attività degli enti creditizi deve essere quindi diretta a posizionare il cliente in una prospettiva che gli garantisca un livello paritario di trattamento.  Nella prospettiva tracciata assumono rilevanza primaria i profili di responsabilità della banca.

Da ultimo l’art. 1, comma 629, della legge n. 147 del 2013, ha modificato il secondo comma dell’art. 120 Tub, vietando l’anatocismo nei rapporti bancari, ed introducendo di fatto ancor più stringente di quella dettata dall’art. 1283 c.c. A decorrere dal 1/1/2014 è divenuta illegittima qualsiasi prassi anatocistica nei rapporti bancari e quindi posto un vero e proprio divieto di addebito di interessi anatocistici passivi: a poco rileva la tesi di chi ha sostenuto e sostiene che la mancata specificazione tecnica di natura regolamentare renderebbe inoperante la legge in commento: se così fosse sarebbe compromesso lo stesso assetto costituzionale delle fonti del diritto[11]

La Responsabilità

La Corte di Cassazione con le sentenze n. 4571 del 15.04.1992, n. 72 del 8.01.1997 e n. 12093 del 27.09.2001  hanno ritenuto di dover giudicare il comportamento della banca in modo più rigoroso e specifico richiedendo un grado elevato di diligenza necessario per evitare il verificarsi di eventi dannosi per la clientela. Tale principio trae la sua origine dal generale dovere a carico di ciascun  consociato di attivarsi al fine di impedire eventi dannosi dal quale la giurisprudenza ha tratto doveri e regole d’azione la cui violazione può integrare ipotesi di responsabilità civile. Nel settore bancario tale principio è connotato dal ruolo della banca che assume sul piano funzionale un ruolo preminente innalzando, agli istituti di credito, un l’obbligo di diligenza e buona fede dal livello medio del buon padre di famiglia  a quello qualificato, diligenza, caratterizzata da condotte in parte tipizzate in parte enucleabili caso per caso la cui violazione genererà responsabilità per culpa in omettendo[12].

Infatti la normativa di correttezza nell’adempimento delle obbligazioni, prevista da molteplici norme del nostro ordinamento (artt. 1175, 1374, 1375 ed altre), e confortata dal precetto costituzionale (art. 2 Cost) che impone il rispetto dell’inderogabile dovere di solidarietà sociale, esige attuazione piena, nei limiti di compatibilità con altri valori di pari grado e dignità. Ciò comporta che diritti ed obblighi, seppure specificamente regolati dalle norme che li prevedono, non possono mai prescindere dall’osservanza del principio di buona fede, operante all’interno delle posizioni soggettive, non potendo l’autore di un comportamento scorretto trarre da esso utilità con altrui danno[13].

È pur vero che nel nostro ordinamento non esista un generale dovere, a carico di ciascun, di attivarsi al fine di impedire eventi di danno, vi sono tuttavia molte situazioni da cui possono nascere, per i soggetti coinvolti, doveri e regole di azione, la cui inosservanza integra una  omissione imputabile e quindi  responsabilità civile. La giurisprudenza[14] ha rilevato che nel sistema bancario vengono imposti, a tutela del sistema stesso, e dei soggetti che vi sono inseriti, comportamenti, in arte tipizzati, in parte enucleabili caso per caso”, la cui violazione può costituire culpa in omittendo[15].

Questa Corte ha affermato, con precedenti (Cass. 13 gennaio 1993, n. 343; Cass. 8 gennaio 1997, n. 72) implicitamente richiamati dalla ricorrente, che sebbene nel nostro ordinamento giuridico non esista un dovere generale di attivarsi al fine di impedire eventi di danno, vi sono molteplici situazioni dalle quali possono nascere, per i soggetti che vi sono coinvolti, doveri e regole d’azione, la cui inosservanza integra gli estremi di una omissione imputabile e la conseguente responsabilità civile. In particolare, dalla normativa che regola il sistema bancario vengono imposti, a tutela del sistema stesso e dei soggetti che vi sono inseriti, comportamenti in parte tipizzati, in parte enucleabili caso per caso, la cui violazione può costituire culpa in omittendo. Il dovere primario dei soggetti dell’ordinamento bancario, informato alla tutela dell’interesse pubblico collegato alla raccolta del risparmio ed alla erogazione del credito (come si desumeva dall’art. 1 del r.d.l. n. 375 del 1936, vigente all’epoca dei fatti, secondo cui “la raccolta del risparmio… e l’esercizio del credito sono funzioni di interesse pubblico” e come si desume oggi dall’art. 5 del d.lgs. n. 385 del 1993, secondo cui “le autorità creditizie esercitano i poteri di vigilanza… avendo riguardo alla sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, alla stabilità complessiva, all’efficienza ed alla competitività del sistema finanziario”), consiste “in una corretta erogazione del credito, nel rispetto non soltanto delle ragioni dell’utenza, ma di quelle delle altre imprese inserite nel sistema, con privilegio per le comunicazioni e le informazioni reciproche” [16]

In altri termini è stato ritenuto che per il carattere  dell’attività svolta dalle banche è dovuto un maggior grado di attenzione e prudenza  nonché l’adozione di ogni cautela utile o necessaria  richiesta dal comportamento diligente dell’accorto banchiere[17]. La c.d. diligenza del Bonus argentarius qualifica il maggior grado di prudenza ed attenzione che la connotazione professionale dell’agente richiede.  Essa deve trovare applicazione non solo in riferimento ai contratti bancari in senso stretto ma anche ad ogni tipo di atto o di operazione posta in essere, nell’esercizio della sua attività, dalla banca la quale deve predisporre qualsiasi mezzo idoneo onde evitare il verificarsi di eventi pregiudizievoli comunque prevedibili[18].

Merita di essere sottolineata quell’attenta dottrina[19]  che ha tratto dagli art. 1218 e 2729 c.c. spunto per ritenere sussistenti i presupposti di una vero e propria presunzione di responsabilità della banca in caso di azione diretta a far dichiarare l’inadempimento contrattuale invertendo altresì l’onere della prova: spetterà quindi alla banca, utilizzando ogni mezzo di prova, dimostrare di aver adottato la diligenza necessaria sufficiente a dimostrare il proprio adempimento. In tal senso si è pronunciata la Corte di Cassazione con sentenza n. 2058 del 23.02.2000 che così ha scritto: “nel nostro ordinamento l’attività bancaria nel suo complesso, quale comprensiva dell’esercizio del credito e della raccolta di risparmio  risulta disciplinata in modo tale da configurare non solo una delle forme di esercizio d’impresa, già di per sé sottoposta a particolari forme di controllo, ma soprattutto, proprio in quanto riservata in via esclusiva agli istituti di credito ed in conformità al dato della tutela costituzionale del risparmio di cui all’art. 47 Cost. predisposta in favore della collettività, un servizio per il pubblico con tipiche forme di autorizzazione, vigilanza e trasparenza. Da ciò deriva che i profili di responsabilità nell’espletamento di tale attività vanno individuati e, ove sussistenti, sanzionati in conformità dell’elevato grado di professionalità”.

Ancor prima di procedere ad esaminare i profili del contratto bancario in generale è indispensabile indagare sulla fase preliminare alla formazione di qualunque contratto caratterizzata dall’obbligo di informazione. Solo il cliente “debitamente informato può fare scelte consapevoli”[20].

L’informazione, in effetti, serve ad identificare con precisione cosa la banca VUOLE dal cliente, cosicché quest’ultimo possa operare scientemente le proprie scelte. Appare rispondente all’esigenza “sociale” la definizione che taluno ha dato della trasparenza, ovvero “termine trasparenza è un modo riassuntivo di esprimere il concetto di informazione completa e adeguata[21]. Traendo spunto dai principi generali dell’art. 1374 c.c., ovvero  buona fede e correttezza della condotta, si ricava l’obbligo di informazione quale “obbligo(hi) accessorio(i)” al rapporto contrattuale e alla sua integrazione. Come ha avuto modo di precisare la Corte di Cassazione   con sentenza n. 12093 del 27.09.2001, tra i più generali doveri di buona fede rientra quello di consegnare al cliente la documentazione relativa al rapporto concluso, dovere che trova la sua corrispondenza negli artt. 1374, 1375 e 119 TUB che sanciscono un vero e proprio diritto soggettivo del cliente a farsi consegnare tale documentazione. L’eventuale violazione di tele diritto potrà quindi generare una ipotesi di responsabilità contrattuale da inadempimento ed extracontrattuale ex art. 2043 c.c. per la violazione del generale principio del neminem ledere nell’ambito del c.d. culpa in omittendo.

Quanto all’obbligo di consegna della documentazione  ricordo altresì l’Allegato 1 del Provvedimento Banca d’Italia 29 luglio 2009 che alla sez II § prevede che:

Prima della conclusione del contratto, l’intermediario consegna al cliente, su sua richiesta, una copia completa del testo contrattuale idonea per la stipula; a scelta del cliente può essere consegnato il solo documento di sintesi (2). La consegna avviene entro tempi congrui rispetto alla richiesta. Nei contratti di finanziamento, considerato che la determinazione delle condizioni economiche è preceduta da un’istruttoria, il cliente può scegliere tra: i) la consegna di copia del contratto idonea per la stipula, che può essere subordinata al pagamento di una somma non eccedente le spese di istruttoria (il cui ammontare massimo è pubblicizzato nel foglio informativo); ii) la consegna gratuita: dello schema di contratto, privo delle condizioni economiche; di un preventivo contenente le condizioni economiche basate sulle informazioni fornite dal cliente. Per i contratti di mutuo ipotecario offerti ai clienti al dettaglio, la consegna della copia del contratto idonea per la stipula è gratuita a partire dal momento in cui viene concordata la data per la stipula presso il notaio. Negli altri casi la consegna è sempre gratuita. La consegna non impegna le parti alla stipula del contratto. Il diritto del cliente di ottenere copia del testo contrattuale o del solo documento di sintesi non può essere sottoposto a termini o condizioni. In caso di modifica delle condizioni contrattuali indicate nella copia consegnata al cliente, l’intermediario, prima della conclusione del contratto, ne informa il cliente stesso e, su richiesta di quest’ultimo, gli consegna una copia completa del nuovo testo contrattuale idonea per la stipula ovvero una nuova copia del documento di sintesi. Il presente paragrafo si applica anche in caso di offerta fuori sede.

Nel senso della cumulabilità della responsabilità contrattuale con quella extracontrattuale , al fine di contemperare esigenze di natura sia privatistiche che pubblicistiche, si è espressa la  giurisprudenza anche se con specifico riferimento alla tutela giuridica dell’informazione economica, C. Cass. 13.01.1993 n. 343: “l’imprenditore bancario che, omettendo di porre in essere la gamma di cautele imposte a tutela della corretta erogazione del credito, violi i doveri propri dello n”status” dei soggetti facenti parte del sistema bancario, incorre in una responsabilità di natura extracontrattuale; ove poi lo stesso comportamento, risalente al medesimo autore, appaia lesivo pure di clausole contrattuali, l’imprenditore bancario è anche contrattualmente responsabile”.

La Suprema Corte  ha altresì sottolineato la necessità di assumere condotte trasparenti (Titolo VI TUB) con le sentenze n. 5562 del 07.06.1999 e n. 72 del 8.01.1997, per garantire un corretto svolgimento dell’attività di erogazione del credito. Il cliente ha dunque il diritto soggettivo autonomamente azionabile ad una corretta e veritiera informazione, pertanto sarà fonte di responsabilità della banca che fornisce informazioni inesatte, incomplete o non veritiere[22].

La Fase Pre-Contrattuale

Risalendo adesso al dato normativo, è possibile rinvenire nel diritto positivo tre segmenti che caratterizzano la fase pre – contrattuale. Tali segmenti sono rinvenibili nell’art. 116 c. 3 TUB e nella delibera CICR 4 marzo 2003 n. 10 ovvero: Principali norme di trasparenza 8art. 4); Fogli informativi (art. 5); Annunci pubblicitari (art. 7). Da questi dati normativi si rileva che il sistema contrattuale in materia bancaria e condizionato dall’obbligatorietà di informazioni preventive e di pubblicità del contenuto che incidono sulla validità del contratto. A questi obblighi si aggiungono, come già detto, quelli di consegna della copia completa  dello schema contrattuale al cliente prima della conclusione del contratto, del documento di sintesi e il testo del contratto che dovrà essere sottoscritto (ovviamente includendo i dati relativi alla specifica operazione finanziaria, tasso effettivo globale adeguatamente pubblicizzato).

Quanto ai fogli informativi, essi volgo la loro funzione non solo alla informatizzazione circa le condizioni economiche: tasso di interesse, spese, commissioni ma anche delle condizioni non economiche, come ad esempio sugli esoneri e limitazioni di  responsabilità, condizioni e termini di recesso, dati inerenti il soggetto bancario. Anche la Banca d’Italia ha posto l’obbligo alla banca di rendere pubblica una speciale informativa nota come discolsure sulla propria situazione economico patrimoniale, organizzazione amministrativa e contabile. È quindi evidente l’allargamento dello stesso concetto di trasparenza

Le regole di protezione sottese alla disciplina sulla trasparenza mirano da un lato alla protezione esclusiva del cliente, dall’altro denota l’interesse pubblico a dare effettività a tale tutela conferendo al giudice il potere di rilevare d’ufficio le derivate nullità: tali principi si rilevano dalla lettura dell’ art. 127, comma 2, TUB.

Così come si è espresso il Collegio di Milano nella decisione n. 2672 del 2011;

I. la correttezza innestata sull’obbligo di buona fede è principio di carattere generale;

II. il concetto di trasparenza viene ulteriormente ad ampliare il diritto all’informazione;

III. il richiamo all’equità consente invece, al giudice, di riequilibrare contratti;

IV. alla tutela del diritto alla trasparenza non solo per i consumatori dello specifico settore dei contratti bancari… è poi dedicato l’intero titolo VI che non potrà comunque prescindere dai principi posti dal codice del consumo.

Come sottolineato da Cass. n. 24795 del 2008, principio poi ripreso dal Collegio di Roma nella decisione n. 2651 del 2012, al cliente deve essere fornita una conoscenza utile ritenendo insufficiente la semplice lettura dell’atto notarile già formato e predisposto per la sottoscrizione in sede di stipula, poiché la sottoscrizione assumerebbe una sostanziale presa d’atto.

La Cassazione giunge a tale conclusione attraverso il richiamo dell’art. 1337 c.c. ritenendo tale clausola generale fonte autonoma di doveri informativi. Le informazioni pre-contrattuali, che hanno dunque la funzione di assenso consapevole al contenuto del contratto, devono a loro volta soddisfare i requisiti della chiarezza e comprensibilità.

Il Collegio di Roma nella decisione n. 1419 del 2012 rileva come l’indicazione di buona fede informativa ex articolo 1337 cc sia altresì rinvenibile nell’art. 5 comma 3 del Codice del Consumo: l’informazione resa al cliente deve assumere tono univoco senza alcuna ambiguità.

Necessita tuttavia sul punto osservare che chiarezza e comprensività possono assumere una doppia rilevanza sia sul piano soggettivo che oggettivo, ovvero ciò che è comprensibile per l’uno può non esserlo per l’altro. Sul punto può correre in aiuto la disciplina della materia finanziaria, che attraverso lo strumento della c.d. suatbility rule si procede ad indagare sulle caratteristiche soggettive del cliente. Rimandando a proseguo le questioni giuridiche sottese alle caratteristiche soggettive che le clausole dovrebbero avere per garantire effettività alla trasparenza è prodromico individuare il requisito minimo di ogni informativa (ovvero clausola) per individuare i criteri minimi di decodificazione oggettiva.

Si  cita all’uopo il Collegio di Napoli che con la decisione n. 2186 del 2011 ha riscontrato che: “l’obbiettiva inintelligibilità (oltre che illeggibilità) delle condizioni generali di contratto” e “l’indebita e irrituale sovrapposizione tra documento di sintesi e norme del contratto” determinano un “importante difetto di trasparenza informativa”.

Altrettanto utili sono le decisioni del Collegio di Milano n. 650/2012 che rilevano l’unità di una clausola scritta in caratteri minuscoli, la n. 340 del 2011 che affronta il problema dell’offerta pubblicitaria che riportava le indicazioni di un TAEG più basso rispetto a quello contrattualmente imposto e la decisione n. 1017/2011 che affronta il caso di un contratto in cui TAN e TAEG non erano stati inseriti ed era stato lasciato uno spazio bianco da riempire.

Come sin qui evidenziato, la disciplina sulla trasparenza ha subito negli anni una evoluzione, passando dagli elementari precetti di forma a verifiche strettamente sostanziali della effettività della trasparenza stessa. È quindi arrivato il momento di trattare il principio della c.d. agevole comprensibilità. Nelle Istruzioni di Vigilanza, a pag. 4 si legge che  i documenti informativi  sono redatti con modalità che garantiscono la correttezza, la completezza e la comprensibilità delle informazioni, così da consentire al cliente di capire le caratteristiche e i costi del servizio, confrontare con facilità i prodotti, adottare decisioni ponderate e consapevoli[23] Sempre le istruzioni di vigilanza, a pag. 83, prevedono, nell’ipotesi di “forme complesse di remunerazione”, l’obbligo per le banche di mettere a disposizione della clientela un “algoritmo che consenta un agevole calcolo dei costi”, così come l’art. 123 c. 1 lett. F TUB stabilisce il dovere di pubblicare, laddove possibile, in anticipo l’importo totale del dovuto da parte del consumatore.

Il contratto, oltre ad essere di agevole comprensione deve essere altresì conciso – art. 125 bis TUB. In effetti come ha avuto modo di osservare l’ABF di Milano nella decisione n. 1381/2010, l’apparente dettaglio potrebbe celare una mancanza di trasparenza tale da rendere impossibile per il consumatore una scelta consapevole e mediata.

Non manca nel diritto positivo, e l’Arbitro finanziario ne ha affrontato nella pratica le difficoltà applicative, l’apertura ad una informazione personalizzata. Le fonti di riferimento sono l’art. 124 TUB e le Istruzioni di Vigilanza (non propriamente fonte) che a pag. 3 recita, “in applicazione del principio di proporzionalità la disciplina si articola secondo modalità differenziate in ragione alle esigenze delle diverse fasce di clientela”. Le Istruzioni di Vigilanza identificano come categoria i c.d. “clienti al dettaglio”[24] per i quali vengono previsti obblighi comportamentali maggiori. È aperto il dibattito tra la scelta da operare tra informazione differenziata e informazione personalizzata. Mentre per la prima ipotesi sono richiesti diversi standards astrattamente idonei ed adeguati, nella seconda ipotesi si individuano informazioni comuni plasmate su caratteristiche concrete del singolo cliente. Il Collegio di Milano nella decisione n. 3891/2012, afferma, tuttavia che : “adempimento di obblighi informativi gravanti si una impresa bancaria non può essere calibrato sulle qualità soggettive dei singoli clienti e che le indicazioni relative alla professionalità del ricorrente sono insufficienti anche al fine di configurare un concorso di colpa ex art. 1227 c.c.”.

È utile ricordare la Comunicazione del 7 aprile 2011, la Banca d’Italia sollecita gli intermediari,   alla lettera b) adottare presidi organizzativi per evitare che i clienti siano indirizzati verso operazioni incoerenti con le loro condizioni economico finanziarie, come richiesto dal Provvedimento in materia di trasparenza del 29 luglio 2009.

In tale ambito andrà valutata l’adozione di strumenti, anche informatici, che consentano di verificare la coerenza del prodotto con le caratteristiche economico-finanziarie e attuariali delle diverse categorie di clienti (tale valutazione deve essere effettuata con particolare attenzione nei casi di rinnovo e nei finanziamenti da erogare alle persone in età avanzata). È, inoltre, necessario rafforzare le procedure interne volte a valutare la sostenibilità dell’operazione da parte della clientela, conformemente a quanto previsto dalla disciplina sulla valutazione del merito creditizio;

Sempre nella Comunicazione del 7 aprile 2011, nell’allegato, in relazione alla trasparenza si legge: Sul punto, si sottolinea la necessità di assicurare uno scrupoloso rispetto dell’obbligo posto dalla vigente normativa di evitare che i clienti siano indirizzati verso operazioni incoerenti con le loro condizioni economico finanziarie ed attuariali, come richiesto dal citato Provvedimento in materia di trasparenza del 29 luglio 2009[25]. Ciò richiede che siano attentamente valutate eventuali azioni promozionali nei confronti della specifica categoria di debitori, indipendentemente dalla previsione di un’età massima per gli stessi.

L’allegato 1 Del Provvedimento Banca D’italia 29 Luglio 2009

Il provvedimento in rubrica,  individua i principali strumenti di trasparenza ovvero:

  • forme di pubblicità su tassi, prezzi e altre condizioni contrattuali praticate per le operazioni e per i servizi e sui principali strumenti di tutela previsti in favore dei clienti;
  • requisiti di forma e contenuto minimo dei contratti;
  • forme di tutela nei casi di variazione delle condizioni contrattuali e comunicazioni periodiche idonee a informare il cliente sull’andamento del rapporto contrattuale;
  • regole specifiche per il caso di impiego di tecniche di comunicazione a distanza;
  • requisiti organizzativi volti a presidiare i rischi legali e di reputazione degli intermediari attraverso il mantenimento di rapporti trasparenti e corretti con i clienti.

pone gli obbiettivi che l’ordinamento vuol perseguire con la trasparenza bancaria, si legge infatti:

La disciplina sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari persegue l’obiettivo, nel rispetto dell’autonomia negoziale, di rendere noti ai clienti gli elementi essenziali del rapporto contrattuale e le loro variazioni, favorendo in tal modo anche la concorrenza nei mercati bancario e finanziario.

LO SCOPO

Il rispetto delle regole e dei principi di trasparenza e correttezza nei rapporti con la clientela attenua i rischi legali e di reputazione e concorre alla sana e prudente gestione dell’intermediario.

Nei principi generali si legge che:

Le informazioni previste ai sensi delle presenti disposizioni sono rese alla clientela in modo corretto, chiaro ed esauriente nonché adeguato alla forma di comunicazione utilizzata e alle caratteristiche dei servizi e della clientela. In applicazione del principio di proporzionalità, la disciplina si articola secondo modalità differenziate in relazione alle esigenze delle diverse fasce di clientela e alle caratteristiche dei servizi.

Si ribadisce dunque che:

La disciplina sulla trasparenza presuppone che le relazioni d’affari siano improntate a criteri di buona fede e correttezza.

La disciplina della trasparenza dovrà comunque essere intesa in modo integrato ovvero affiancata alle disposizioni previste da altri comparti dell’ordinamento in materia di trasparenza e correttezza dei comportamenti nei confronti della clientela[26].

I principali strumenti di trasparenza sono elencati nell’Allegato 1 del Provvedimento Banca d’Italia 29 luglio 2009, ovvero:

– forme di pubblicità su tassi, prezzi e altre condizioni contrattuali praticate per le operazioni e per i servizi e sui principali strumenti di tutela previsti in favore dei clienti;

– requisiti di forma e contenuto minimo dei contratti;

– forme di tutela nei casi di variazione delle condizioni contrattuali e comunicazioni periodiche idonee a informare il cliente sull’andamento del rapporto contrattuale;

– regole specifiche per il caso di impiego di tecniche di comunicazione a distanza;

– requisiti organizzativi volti a presidiare i rischi legali e di reputazione degli intermediari attraverso il mantenimento di rapporti trasparenti e corretti con i clienti.

Gli strumenti di pubblicità delle operazioni e dei servizi offerti e delle relative condizioni contrattuali nella fase precontrattuale sono:

– i documenti contenenti i principali diritti del cliente;

– il “foglio informativo”, contenente informazioni sull’intermediario, sulle condizioni e sulle principali caratteristiche dell’operazione o del servizio offerto, nonché il “foglio comparativo dei mutui offerti”;

il foglio informativo deve contenere:

– informazioni sull’intermediario (denominazione; iscrizione in albi e/o registri; indirizzo della sede legale; numero di telefono degli uffici ai quali il cliente si può rivolgere per ulteriori informazioni e/o per la conclusione del contratto; numero di fax; ove esistenti, sito internet e indirizzo di posta elettronica);

– le caratteristiche e i rischi tipici dell’operazione o del servizio;

– un elenco completo delle condizioni economiche offerte (che comprendono ogni onere economico, comunque denominato, a carico del cliente, incluse le spese connesse con le comunicazioni periodiche, di scritturazione contabile, di istruttoria, le penali, l’indicatore sintetico di costo se richiesto, ecc.);

– le clausole contrattuali che riguardano: il diritto di recesso spettante al cliente e all’intermediario e i tempi massimi per la chiusura del rapporto; i mezzi di tutela stragiudiziale di cui la clientela può avvalersi.

– la copia completa dello schema di contratto che può essere richiesta dal cliente prima della conclusione del contratto;

– il “documento di sintesi” delle principali condizioni.

Gli intermediari mettono, devono mettere a  disposizione della clientela “Guide”concernenti:

– i contratti di conto corrente offerti ai consumatori e i servizi più comunemente associati, quali carte di debito (ad esempio Bancomat, Postamat), assegni, carte di credito, scoperti, ecc.;

– i mutui ipotecari offerti ai consumatori;

– l’accesso ai meccanismi di soluzione stragiudiziale delle controversie previsti ai sensi dell’articolo 128-bis del T.U. (Arbitro Bancario Finanziario).

È data la possibilità agli intermediari di redigere un unico foglio informativo per pubblicizzare un determinato prodotto, le condizioni relative ai diversi servizi offerti. Il foglio informativo deve contenere altresì le informazioni sui servizi accessori.

Quanto ai  tassi di interesse essi devono essere riportati su base annuale (con riferimento almeno all’anno civile),  e nel caso in cui il contratto relativo all’operazione di raccolta del risparmio o di finanziamento preveda la capitalizzazione infrannuale degli interessi, il tasso, dovrà essere indicato rapportandolo su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione[27]. Le condizioni economiche di una determinata operazione, che preveda più voci di costo a carico del cliente, sono presentate in maniera tale che risulti facilmente comprensibile il costo complessivo.

L’intermediario deve conservare copia dei fogli informativi per cinque anni. Quanto ai contratti di conto corrente, vengono devono essere riportati eventuali requisiti minimi per l’apertura del conto[28],

le valute sui versamenti e sui prelievi, i termini di disponibilità delle somme accreditate sul conto e degli assegni versati, tutte le causali che danno origine a una scritturazione per la quale vengono addebitati al cliente oneri economici, specificandone l’importo.

Per tutte le operazioni di finanziamento, i fogli informativi, dovranno indicare  al cliente come consultare lo specifico Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM) previsto dall’articolo 2 della legge n. 108/96 (c.d. “legge antiusura”) sul cartello affisso ai sensi del comma 3 del medesimo articolo e sul sito internet, nel caso in cui l’intermediario ne faccia uso.

Qualora  l’intermediario preveda per  i contratti destinati ai clienti al dettaglio remunerazione degli affidamenti o degli sconfinamenti, diversi dall’interesse, come la commissione di massimo scoperto o altre che prevedono una pluralità di voci di costo, esse dovranno essere spiegate nel foglio informativo in modo da chiarire al cliente il significato delle varie voci di costo, oltre a fornire esempi formulati con riferimento a ipotetici casi di utilizzo del fido. Per i contratti di leasing finanziario,

in luogo del tasso di interesse è indicato il tasso interno di attualizzazione per il quale si verifica l’uguaglianza fra costo di acquisto del bene locato (al netto di imposte) e valore attuale dei canoni e del prezzo dell’opzione di acquisto finale (al netto di imposte) contrattualmente previsti. Per i canoni comprensivi dei corrispettivi per servizi accessori di natura non finanziaria o assicurativa, andrà considerata solo la parte di canone riferita alla restituzione del capitale investito per l’acquisto del bene e i relativi interessi.

Per quanto riguarda l’acquisto e la vendita di valuta estera, i fogli informativi possono rinviare, per il tasso di cambio praticato, a un apposito cartello esposto nei locali aperti al pubblico, in forma di tabella (cartacea, elettronica, a caratteri mobili). Il cartello riporta, altresì, i differenziali (in forma fissa o percentuale) rispetto a un tasso di cambio di riferimento ufficiale e un avvertimento al cliente circa la necessità di consultare i fogli informativi per conoscere tutte le altre condizioni economiche dell’operazione. Su richiesta del cliente le informazioni riportate sul cartello sono rese disponibili anche su supporto cartaceo.

Per quanto riguarda i prodotti composti, gli intermediari hanno la possibilità di predisporre un unico foglio informativo, che racchiudano tutte le componenti del prodotto offerto. Per quanto concerne il prodotto principale, oltre ai fogli informativi, gli intermediari devono mettere a disposizione (mediante copia asportabile) un “foglio comparativo” con le informazioni generali sulle diverse tipologie di mutui offerti, il quale:

a) elenca tutti i prodotti della specie offerti dall’intermediario, rinviando ai fogli informativi per la pubblicizzazione delle rispettive condizioni;

b) indica in modo chiaro le caratteristiche e i rischi tipici dei mutui, secondo modalità che agevolano alla clientela la comprensione delle principali differenze tra i diversi prodotti offerti. Il documento riporta altresì, per ciascuno dei mutui in questione, almeno: il tasso di interesse ; la durata minima e massima del mutuo; le modalità di ammortamento; la periodicità delle rate; il TAEG; l’esempio di importo della rata di ciascun mutuo, in conformità di quanto riportato nei relativi fogli informativi.

Fase essenziale di qualunque accordo è indubbiamente la fase della trattativa e della ricerca del prodotto. La pubblicità, rappresenta indubbiamente lo strumento di raccordo tra la domanda e l’offerta.  Gli annunci pubblicitari devono essere chiaramente riconoscibili come talie devono specificare:

– la propria natura di messaggio pubblicitario con finalità promozionale;

– la necessità di fare riferimento, per le condizioni contrattuali, ai fogli informativi, indicando le modalità con cui questi ultimi sono messi a disposizione dei clienti. Gli annunci pubblicitari relativi a operazioni di finanziamento, nei quali l’intermediario dichiara il tasso di interesse o altre cifre concernenti il costo del credito, indicano—ove previsto—il TAEG, specificandone il periodo minimo di validità .

Rimane fermo quanto previsto dal d.lgs. n. 70/2003, dal d.lgs. n. 196/2003 (c.d. Codice della Privacy) e dal Codice del Consumo.

Prima della conclusione del contratto, l’intermediario deve consegnare al cliente, qualora quest’ultimo ne faccia richiesta, una copia completa del contratto che sarà oggetto di stipula o, a scelta del cliente il solo documento di sintesi. La consegna avviene entro tempi congrui rispetto alla richiesta. Nei contratti di finanziamento, dato che la determinazione delle condizioni economiche è preceduta da un’istruttoria, il cliente può scegliere tra:

i) la consegna di copia del contratto idonea per la stipula, che può essere subordinata al pagamento di una somma non eccedente le spese di istruttoria (il cui ammontare massimo è pubblicizzato nel foglio informativo);

ii) la consegna gratuita: dello schema di contratto, privo delle condizioni economiche; di un preventivo contenente le condizioni economiche basate sulle informazioni fornite dal cliente. Per i contratti di mutuo ipotecario offerti ai clienti al dettaglio, la consegna della copia del contratto idonea per la stipula è gratuita a partire dal momento in cui viene concordata la data per la stipula presso il notaio. Negli altri casi la consegna è sempre gratuita. La consegna non impegna le parti alla stipula del contratto. Il diritto del cliente di ottenere copia del testo contrattuale o del solo documento di sintesi non può essere sottoposto a termini o condizioni. In caso di modifica delle condizioni contrattuali indicate nella copia consegnata al cliente, l’intermediario, prima della conclusione del contratto, ne informa il cliente stesso e, su richiesta di quest’ultimo, gli consegna una copia completa del nuovo testo contrattuale idonea per la stipula ovvero una nuova copia del documento di sintesi. Il presente paragrafo si applica anche in caso di offerta fuori sede.

Unitamente al contratto deve esser consegnato al cliente il  “documento di sintesi”, che riporta in maniera personalizzata, le condizioni economiche pubblicizzate nel foglio informativo relativo allo specifico tipo di operazione o servizio. Il documento di sintesi relativo ai contratti di conto corrente offerti ai consumatori non riporta l’ISC. Il documento di sintesi costituirà il frontespizio del contratto; ne è parte integrante in presenza di un accordo delle parti in tal senso. Per i contratti di mutuo a tasso fisso per tutta la durata del contratto, il documento di sintesi riporta in calce il piano di ammortamento.

Sul Contenuto Del Contratto

La disciplina sulla trasparenza tracciata dalla banca d’Italia nel 2009 prevede che i contratti indichino:

il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali oneri di mora. Sono indicate, oltre alle commissioni spettanti all’intermediario, le voci di spesa a carico del cliente, ivi comprese le spese relative alle comunicazioni di cui alla sezione IV del presente provvedimento (Comunicazioni alla clientela). Il contratto riporta tutte le condizioni applicate, incluse le condizioni generali di contratto.

La disciplina tracciata dalla banca d’Italia stabilisce poi le sanzioni che colpiscono il contratto in caso di violazione della normativa in esame, sancisce quindi la nullità, considerando non

le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati, nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni sfavorevoli per i clienti rispetto a quelli pubblicizzati nei fogli informativi e nei documenti di sintesi.

In realtà, ribadisce quanto già previsto dal TUB all’art. 117.  Il provvedimento del 2009 prevede poi che La nullità può essere fatta valere solo dal cliente (Sez. III, § 3). Tale precetto, apparentemente, mal si concilia con l’art. 1421 c.c. secondo cui: “ salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevato d’ufficio dal giudice.” , assumendo tuttavia una maggior similitudine con l’art. 36 c. 3 cod. cons.: “ la nullità opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilavata d’ufficio dal giudice”. In effetti in quest’ultimo caso la rilevabilità d’ufficio ha finalità di supplenza del consumatore in quanto può operare solamente a vantaggio di quest’ultimo. In tal senso si è espressa la corte di giustizia Europea nel 27.30.2000:

l’obbiettivo perseguito dall’art. 6 della direttiva che obbliga gli stati membri a prevedere che le clausole vessatorie non vincolino i consumatori non potrebbe essere conseguito se questi ultimo fossero tenuti a eccepire essi stessi la illiceità di tali clausole.

Si può quindi ritenere che ci sia una identità di contenuto tra quanto previsto dal provvedimento della banca d’Italia e l’art. 6 c. 3 Cod. Cons. Peraltro quest’ultimo è definito rimedio a legittimazione relativa poiché se si ammettesse la legittimazione in favore del soggetto professionista si realizzerebbe un venire contra factum proprium, quindi senza un interesse ad agire. Diversamente l’art. 1421 c.c..l’azione di nullità non può essere esercitata solamente dalla parte pregiudicata ma anche dall’altro contraente e dai terzi che abbiano un interesse ad agire.

Diversa, ancora è la portata dell’art. 157 cpc in virtù del quale la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, poiché norma processuale che non interferisce né limita la materia sostanziale (Cass 9.01.1991 n.100). Il provvedimento prende poi in considerazione i contratti che contengano clausole di indicizzazione, e stabilisce che:

vengono riportati il valore del parametro al momento della conclusione del contratto e le modalità di rilevazione dell’andamento di tale valore nel corso del rapporto. La possibilità di variare in senso sfavorevole al cliente il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione deve essere espressamente indicata nel contratto con clausola approvata specificamente dal cliente (art. 117, comma 5, del T.U.). Nei contratti di durata, può essere convenuta la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni qualora sussista un giustificato motivo nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 1341, secondo comma, del codice civile (art. 118, comma 1, del T.U.). Se alcuni degli elementi che concorrono a determinare il costo complessivo dell’operazione dipendono dalla quotazione di titoli o dall’andamento di valute ad una data futura ovvero non sono comunque individuati al momento della redazione del contratto, il contratto stesso deve indicare in ogni caso gli elementi per determinare le suddette componenti di costo.

A maggior garanzia, qualora non sia prevista la forma scritta, viene previsti ulteriori obblighi a carico del professionista:

gli elementi di calcolo devono essere indicati, oltre che nei fogli informativi, anche nella comunicazione di conferma dell’operazione, ove prevista.

Nei rapporti con i clienti al dettaglio Banca d’Italia invita gli istituti di credito e gli intermediari ad evitare forme complesse di remunerazione degli affidamenti o degli sconfinamenti, quali la commissione di massimo scoperto. In caso di utilizzo si richiama l’attenzione su quanto previsto nella sezione II, paragrafo 3. Qualora un’operazione comporti più voci di costo a carico del cliente, le condizioni economiche sono presentate in maniera tale che risulti facilmente comprensibile il costo complessivo e nella sezione XI, paragrafo 2:

(III) la previsione, nei contratti destinati alla clientela al dettaglio, di forme complesse di remunerazione degli affidamenti o degli sconfinamenti, quali la commissione di massimo scoperto o altre che prevedono una pluralità di voci di costo. Se gli intermediari includono comunque queste previsioni nei contratti, essi:

– adottano specifiche procedure volte a prestare assistenza al cliente, al fine di agevolarlo nel comprendere l’effettiva portata della previsione prima della stipula del contratto o in tempo utile per l’esercizio del diritto di recesso;

– pubblicano sul sito internet un algoritmo che consente al cliente un agevole calcolo dei costi complessivi dell’utilizzo delle somme secondo le proprie esigenze e ne segnalano l’esistenza al cliente nell’ambito delle procedure di cui al punto precedente;

– offrono al cliente, qualora il contratto preveda l’applicazione della commissione di massimo scoperto, la possibilità di scegliere un altro contratto che – per lo stesso servizio – prevede altre forme di remunerazione, quali la commissione per la messa a disposizione di fondi.

In  riferimento ai tassi di interesse, ai sensi della delibera CICR del 9 febbraio 2000, i contratti devono indicare la periodicità di capitalizzazione e, nei casi in cui sia prevista una capitalizzazione infrannuale, il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione. Nei i contratti di finanziamento, il tasso deve essere rapportato su base annua ma non è previsto che si debba tener conto degli eventuali interessi di mora applicati sulle rate di rimborso non pagate alla scadenza.

Le clausole relative alla capitalizzazione degli interessi non hanno effetto se non sono specificamente approvate per iscritto. Nelle operazioni in conto corrente è comunque assicurata al cliente la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori. Quest’ultimo precetto è valido sino alla legge 27 dicembre 2013 n. 147 (Legge di stabilità 2014) dove è previsto al comma 629: “All’art 120 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, il comma 2 è sostituito dal seguente: «2. Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale.”.

La sostituzione del comma 2 è immediata: il indica il 1° gennaio 2014 l’entrata in vigore delle citate disposizioni (comma 749). Con la sostituzione, dal 1 gennaio ’14, del comma 2 dell’art. 120 del TUB è venuta meno la norma primaria che legittimava l’anatocismo bancario in deroga al divieto imperativo di cui all’art. 1283 c.c.: di riflesso la Delibera CICR del 9/2/00 risulta privata dell’originaria norma delegante generando una sua implicita abrogazione (quntomeno parziale).  Quanto al credito fondiario non disciplinate dall’articolo 7 del d.l. n. 7/2007, i contratti devono riportare,anche in allegato, uno o più esempi di applicazione della formula di calcolo del compenso onnicomprensivo da corrispondere in caso di estinzione anticipata, secondo le disposizioni dettate dal CICR con delibera del 9 febbraio 2000. I contratti devono  prevedere che nessun altro onere può essere addebitato.

L’articolo 2, comma 5, del d.l. n. 185/2008 stabilisce  che le banche e gli altri intermediari che offrono mutui a tasso variabile garantiti da ipoteca per l’acquisto dell’abitazione principale devono altresì offrire mutui indicizzati al tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale della BCE, il cui tasso complessivo deve essere in linea con quello praticato per le altre forme di indicizzazione offerte.

Per approfondimenti:

______________

[1] ex plurimis: Corte Cost. 143/1995; 126/79; 143/1982; 60/1980; 29/2002

[2] Corte Cost.  73/1983

[3] Cass. SS.UU. 10.10.1981

[4] Cass. Pen. SS.UU. 23.05.1987, coordinamento tra art. 47 e 41 Cost.

[5] Cass. SS.UU. 28.02.1989

[6] d.lgs. 20 novembre 1990 n. 356

[7] Per completezza si indicano le modifiche e integrazioni intervenute successivamente e che verranno in parte riprese nel prosegue del lavoro:

  • D. lgs 23 luglio 1996 n. 415 (legge sul risparmio);
  • D. lgs. 4 agosto 1999 n. 333 attuativo della direttiva 95/26 CEE del 22 giugno 1995
  • 342/1999 sulla modalità di calcolo degli interessi sugli interessi;
  • Legge 1 marzo 2002 n. 39, c.d. legge comunitaria, che “istituzione di moneta elettronica;
  • D. lgs. 6 settembre 2005 n. 206, codice del consumo;
  • L. 23 dicembre 2005 n. 266, attuata con dpr 22 giugno 2007 n. 116 legge finanziaria 2006, in materia di depositi dormienti;
  • Legge 28dicembre 2005 n. 262, disciplina per la tutela del risparmio e la disciplina del mercato finanziario, subito modificata dal d.lgs. 29 dicembre 2006 n. 303
  • D.l. 4 luglio 2006 n. 223, decreto Bersani, conv. I legge 4 agosto 2006 n. 248 che modifica l’art. 118 TUB;
  • Legge 27 dicembre 2006 n. 296, legge finanziaria 2007, ulteriori norme sulla rinegoziazione dei mutui;
  • Decreo legge 31 gennaio 2007 n. 7, Bersani 2, misure a tutela dei consumatori e la promozione della concorrenza, conv. Con mod. in legge 2 aprile 2007 n. 40, e ulteriormente modificata in legge 24 dicembre 2007 n. 244, legge finanziaria 2007;
  • Legge 6 febbraio 2007 n. 13, legge comunitaria 2006;
  • Legge 20 giugno 2007 n. 77 con cui è stata data delega al Governo per il recepimento della direttiva 2004/38/CE del 21 aprile 2004 relativa agli strumenti dei mercati finanziari;
  • D.lgs 17 settembre 2007 n. 164, in adempimento della delega di cui alla Legge 20 giugno 2007 n. 77, attuativa della richiamata direttiva;
  • D.lgs 21 novembre 2007 n. 231 in attuazione della direttiva 2005/60/CE sul riciclaggio ed il finanziamento del terrorismo;
  • D.lgs. 231/2007  come modificato dal d.l. 25 giugno 2008 n. 112 e legge di conversione 6 agosto 2008 n. 133, disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria;
  • D.l. 27 maggio 2008 n. 93 conv. In legge 24 luglio 2008 n. 126 sulla portabilità dei mutui;
  • D.l. 29 novembre 2008 n. 185  conv. con mod. in legge 28 gennaio 2009 n. 2, Tremonti bis, misure urgenti per il sostegno alle famiglie, lavoro occupazione e impresa;
  • D.l. 1 luglio 2009 n. 78 conv. Con mod. in legge 3 agosto 2009 n. 102, Tremonti ter;
  • D. lgs. 27 gennaio 2010 n. 11, attuativo della direttiva 2007/64/CE relativa al servizio di pagamento nel mercato interno, recante modifica della direttiva 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE  e che abroga la direttiva 97/5/CE, e che ha introdotto l’art. 11 comma 2 ter TUB per il quale “non costituisce raccolta del risparmio tra il pubblico la ricezione di fondi da inserire in conti di pagamento utilizzati esclusivamente per la prestazione di servizi di pagamento”;
  • D.lgs 13 agosto 2010 n. 141 attuativa della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito al consumo nonché le modifiche del titolo VI TUB, ulteriormente modificata da:
  • D.lgs. 14 dicembre 2010 n. 218, e dal,
  • D.l. 13 maggio 2001 n. 70 conv. Con mod. in legge 12 luglio 2001 n. 106;
  • Legge 15 dicembre 2011 n. 217, legge comunitaria 2010per il recepimento della direttiva 2010/73/UE recante modifica delle direttive 2003/71/CE sulle offerte pubbliche e la negoziazione di strumenti finanziari e la direttiva 2004/109/CE sulla armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobili ari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato; viene quindi emanato:
  • D.lgs. 29 dicembre 2011 n. 230 che mod. e int. Il d.lgs. 27 gennaio 2010 n. 11 recante attuazione alla direttiva 2007/64/CE sui servizi di pagamento nel mercato interno recane modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE e che abroga la direttiva 97/5/CE;
  • D.l. 6 dicembre 2011 n.201 conv. con mod. con legge 22 dicembre 2011 n. 214, decreto salva Italia;
  • D.lgs. 24 marzo 2011 n. 478 in attuazione della direttiva 2009/44/CE che ha modificato la direttiva 98/26/CE sul regolamento dei sistemi di pagamento e regolamento titoli e della direttiva 2002/47/CE relativa ai contratti di garanzia finanziaria sui sistemi connessi al credito.

[8] Artt. 11 c. 3, 4 bis/ter, 12 c.5, 6, 19 c. 9, 27, 38 c. 2, 40 c. 1, 53 c. 1, 55, 60 lett. B, 61 c. 2, 67 c. 1, 107 c. 2, 116 c. 3, 117 c. 2, 118 c. 1, 119 c. 1, 120 c. 2, 121 c. 4 lett. a), 122 c.2, 123 c. 2, 125 c. 2, 127 c. 3, 128 bis c. 2, 129 c. 1, 4 e 6

[9] Tra le più importanti: Istruzioni della Banca d’Italia per le banche, circolare n. 229 del 21 aprile 1999 di cui si ricorda alcuni aggiornamenti:

  • 11° agg. 28.03.2006, trasformazione delle scadenze e finanziamenti a medio lungo termine alle imprese;
  • 12° agg. 21.03.2007, raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche;
  • 13° agg. Del 10.04.2007 emissione e gestione di assegni bancari e postali; per il Banco Posta si segnala Circolare Bankit del 27.12.2006 n. 263 , Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche, 11° agg. Del 31.01.2012 e del 22.12.2005 n. 262, Il bilancio bancario: schemi e regole  di compilazione, 1° aggiornamento del 18 novembre 2009;
  • Provvedimento bankit 4.03.2008 prot. 264010, disposizioni di vigilanza in materia di organizzazione e governo societario delle banche;
  • Comunicato del 29.07.2009, disposizioni di vigilanza in materia dei servizi bancari e finanziari;
  • Comunicato del 15.02.2010, disposizioni sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari;
  • Provvedimento del 9.02.2011, trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari; correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti; recepimento della direttiva del credito al consumo;

[10] si segnalano i seguenti provvedimenti:

  • Deliberazione n. 15911 del 2 maggio 2007che ha modificato ed integrato il TUF ed il d. lgs. 17 settembre 2007 n. 164 in materia di intermediazione finanziaria e dei mercati;
  • Deliberazione n. 11971 del 14 maggio 1999, ovvero regolamento di attuazione frl TUF e del d.lgs 17 luglio 2009 n. 101;
  • Deliberazione n. 16190 del 29 ottobre 2007, ovvero regolamento di attuazione del d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58 e succ. mod. di cui MIFID.

[11] In tal senso Tribunale Milano 03 aprile 2015 – pres. Laura cosentini – est. Ferrari.

[12] Cass. 13.01.1993 n. 343, ex plurimis: Cass. N. 72 del 8.01.1997; Cass. 07.06.1999 n. 5562

[13] Cass. 13.01.1993 n. 343

[14] Cass. 13.1.1993 n. 343

[15] Cass. N. 72 del 8.01.1997

[16] Cass. n. 343-1993 cit., Cass. 07.06.1999 n. 5562

[17] Cass. 12.10.1982 n. 5267

[18] Cass. 7.05.1992 n. 5421; R. Caratozzolo, La responsabilità delle banche per la violazione degli obblighi contrattuali in nota n. 12 pag. 12 – Università di Messina, Milano Giuffré 2007.

[19] G.Pettarin, La responsabilità civile in materia di contratti bancari, in La responsabilità civile Vol. V a cura di P. Cendon, UTET 2002.

[20] ABF Decisione n. 1119/2011

[21] E. Minervini in Contratti, 2011 pag. 977

[22] Cass. 7.02.1979 n. 820; Cass. 13.07.1967 n. 1742; Cass. 9.06.1988 n. 5659; Cass. 10.10.1998 n. 10067 – quest’ultima parla di interessi meritevoli di tutela

[23] A.A. Dolmetta, Trasparenza dei prodotti bancari regole Zanichelli Bologna 2013

[24] Consumatori, persone fisiche che esercitano professioni o attività artigianali e microimprese

[25] Profi li di operatività per il calcolo dell’ISC per i conti correnti

[26] La materia è regolata dalle seguenti disposizioni:

— titolo VI del T.U., concernente la trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari;

 — articoli 53, comma 1, lettera d), 67, comma 1, lettera d), 107, comma 2, del T.U., i quali prevedono che la Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, emani disposizioni di carattere generale aventi a oggetto l’organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni delle banche, dei gruppi bancari, degli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del medesimo T.U.;

— articolo 114-quinquies 3, comma 2, del T.U., il quale dichiara applicabili agli Imel le disposizioni contenute nel titolo VI del medesimo T.U., in quanto compatibili;

— articolo 114-quinquies 2, comma 2, del T.U., il quale prevede che la Banca d’Italia emani disposizioni di carattere generale aventi a oggetto l’organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni degli Imel;

— articolo 114-undecies del T.U., il quale estende agli istituti di pagamento l’applicazione del titolo VI del medesimo T.U.;

— articolo 114-quaterdecies, comma 2, del T.U., il quale prevede che la Banca d’Italia emani disposizioni di carattere generale aventi a oggetto l’organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni degli istituti di pagamento;

— deliberazione del CICR del 2 agosto 1996, recante attuazione dell’articolo 53, comma 1, lett. d) del T.U. in materia di organizzazione amministrativa e contabile e controlli interni delle banche, come modificata dalla deliberazione del 23 marzo 2004;

— deliberazione del CICR del 9 febbraio 2000, recante “Modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria”;

— deliberazione del CICR del 9 febbraio 2000, recante “Credito fondiario. Disciplina dell’estinzione anticipata dei mutui”;

— deliberazione del CICR del 25 luglio 2000, in materia di organizzazione amministrativa e contabile e controlli interni degli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del T.U.; deliberazione del CICR del 4 marzo 2003, recante “Disciplina della trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari”, e successive modificazioni;

— provvedimento UIC del 29 aprile 2005, recante “Istruzioni per i mediatori creditizi”;

— decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 3 febbraio 2011, recante “Determinazioni in materia di credito ai consumatori”.

— articolo 144, comma 3, del T.U., che prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria per l’inosservanza delle norme contenute nell’art. 116 o delle relative disposizioni generali o particolari impartite dalle autorità creditizie;

— articolo 16 della legge 7 marzo 1996, n. 108, in materia di attività di mediazione o di consulenza nella concessione di finanziamenti da parte di banche o di intermediari finanziari;

— articolo 23, comma 4, del T.U.F., secondo cui le disposizioni del titolo VI, Capo I, del T.U. non si applicano ai servizi e attività di investimento, al collocamento di prodotti finanziari nonché alle operazioni e ai servizi che siano componenti di prodotti finanziari assoggettati alla disciplina dell’articolo 25-bis ovvero della parte IV, titolo II, capo I, del T.U.F.; in ogni caso, alle operazioni di credito al consumo si applicano le pertinenti disposizioni del titolo VI del T.U.;

— decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, in materia di commercio elettronico;

— decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni, recante il Codice del Consumo; — articolo 10 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 (convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248), che ha introdotto il divieto per gli intermediari di richiedere ai clienti penali o altre spese in occasione dell’estinzione di rapporti di durata;

— articoli 7, 8 e 13, commi da 8-sexies a 8-quaterdecies del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7 (convertito, con modificazioni, nella legge 2 aprile 2007, n. 40), e successive modifiche, concernenti l’estinzione anticipata dei mutui immobiliari, la “portabilità” dei finanziamenti e la cancellazione dell’ipoteca per i mutui immobiliari;

— art. 62, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, che prevede il trasferimento alla Banca d’Italia delle competenze e dei poteri dell’Ufficio italiano dei cambi (UIC);

— decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, recante “Attuazione della direttiva 2007/64/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE e 2006/48/CE, e abrogazione della direttiva 97/5/CE”; decreto legislativo 16 aprile 2012, n. 45, recante “Attuazione della direttiva 2009/110/CE, concernente l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica, che modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE e che abroga la direttiva 2000/46/CE”;

— decreto legge 29 novembre 2008, n. 185 (convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2), e in particolare, l’articolo 2, comma 5, in materia di mutui garantiti da ipoteca per l’acquisto dell’abitazione principale, e l’articolo 2-bis, in materia di commissione di massimo scoperto e remunerazione dell’affidamento;

— decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, e in particolare l’art. 2, in materia di contenimento del costo delle condizioni bancarie;

— decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 2001, n. 144, “Regolamento recante norme sui servizi di bancoposta”;

— deliberazione del CICR del 29 luglio 2008, n. 275, recante “Disciplina dei sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela ai sensi dell’articolo 128-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni”;

— decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 12 febbraio 2004, recante “Aggiornamento delle norme per la trasparenza nelle operazioni di collocamento dei titoli di Stato”;

— provvedimento della Banca d’Italia del 3 settembre 2003, in materia di procedura per l’applicazione delle sanzioni amministrative agli intermediari non bancari;

— provvedimento della Banca d’Italia del 27 aprile 2006, concernente modalità organizzative per l’attuazione del principio della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie nell’ambito della procedura sanzionatoria;

— provvedimento della Banca d’Italia del 21 dicembre 2007, recante “Disposizioni relative al trasferimento alla Banca d’Italia delle competenze e dei poteri dell’Ufficio italiano dei cambi”;

— provvedimento della Banca d’Italia del 18 giugno 2009, recante “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari”.

[27] Vedi anche art. 6 delibera CICR 9.02.2000

[28] Ad esempio, il versamento iniziale di una somma di denaro, l’accredito dello stipendio, ecc.


 

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