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Riceviamo, e molto volentieri pubblichiamo, il contributo che la collega Mariantonietta Suppa ha predisposto per questo nuovo numero di QS.

Il gruppo di lavoro del Dipartimento Comunicazione ringrazia vivamente la collega per lo sforzo profuso.


di Mariantonietta Suppa

Nella mia ricerca di dottorato mi occupo di un ambito affascinante e complesso: l’interazione tra robotica e diritto del lavoro. L’accostamento può richiamare scenari apocalittici, da “fine del lavoro”. Compito della mia ricerca è elaborare una riflessione critica sulla nuova generazione di robot dotati di apprendimento autonomo e autonomia decisionale, per contribuire al dibattito sulla robotica, al di là degli aspetti legati all’occupazione. Più nel dettaglio, la ricerca per il dottorato vuole indagare il versante della responsabilità del datore di lavoro, della sicurezza e tutela della privacy dei lavoratori in organizzazioni aziendali che utilizzano robotica collaborativa e verificare la compatibilità del potenziamento tecnologico dei lavoratori con il vigente sistema giuslavoristico. 

Cobot: sfera di responsabilità 

Il tema conquista centralità nel diritto del lavoro per effetto della diffusione crescente nei luoghi di lavoro dei c.d. cobot o robot collaborativi, capaci di apprendere nella e dalla interazione con l’uomo. La riflessione può essere così inquadrata: accertato che il robot di ultima generazione è dotato di autonomia decisionale e capacità di entrare in relazione con i lavoratori, chi è responsabile degli esiti, anche disastrosi, delle sue azioni? L’imprenditore, ex art. 2087 cod. civ., è contrattualmente obbligato a adottare ogni misura che: “secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza” e la “tecnica” risulti necessaria per tutelare “l’integrità fisica e la personalità morale” dei propri lavoratori. Pertanto, il datore di lavoro, che utilizzi un robot intelligente, risponde dell’infortunio e della lesione avvenuti sul luogo di lavoro, causati da un difetto di fabbricazione o di progettazione, senza possibilità di deviare dallo schema protettivo tradizionalmente applicabile in caso di malfunzionamento di qualsiasi altra macchina.

Rischi emergenti e nuove responsabilità

Esiste, tuttavia, una rilevante differenza tra i rischi causati dalle macchine tradizionali e i rischi legati ai robot potenziati dall’intelligenza artificiale. I robot dotati di autoapprendimento e autonomia decisionale possono attuare “comportamenti emergenti”, non prevedibili in fase di progettazione. Questa particolarità comporta che ogni robot possa discostarsi in modo significativo dal prototipo originale, generando rischi in termini di responsabilità e sicurezza. 

Quali sono, inter alia, le implicazioni da indagare? 

Innanzitutto, (i) la valutazione dei rischi: diventa più complesso identificare e valutare i rischi associati. La valutazione tradizionale dei rischi potrebbe non essere sufficiente, richiedendo nuove metodologie per monitorare e gestire i “rischi emergenti”; (ii) la formazione dei lavoratori: i lavoratori devono essere adeguatamente formati, non solo per interagire con i robot ma anche per riconoscere e affrontare situazioni di rischio potenziale, non prevedibili in fase di progettazione; (iii) la responsabilità del datore di lavoro: la responsabilità potrebbe configurarsi nella necessità di implementare misure di sicurezza adeguate e di aggiornare continuamente il documento di valutazione del rischio (c.d. DVR); (iv) il monitoraggio delle prestazioni: potrebbe essere necessario sviluppare un sistema di monitoraggio continuo delle prestazioni dei robot per assicurare che operino in sicurezza; (v) le modifiche al contratto di lavoro: i contratti di lavoro dovrebbero essere aggiornati per riflettere le nuove responsabilità e i nuovi rischi associati all’uso di robot potenziati dall’intelligenza artificiale (inclusa la previsione di clausole specifiche riguardanti la formazione, la sicurezza e la gestione dei rischi). 

Trasparenza e tutela della privacy

I robot intelligenti, dotati di videocamere e sensori sofisticati, possono percepire l’ambiente esterno e questo li potrebbe rendere assimilabili agli “impianti audiovisivi” a cui si riferisce l’art. 4 della legge n. 300 del 1970 (c.d. statuto dei lavoratori), in termini di pervasività del controllo potenzialmente esercitabile. Un robot dotato di intelligenza artificiale potrebbe controllare, anche solo casualmente, l’ambiente di lavoro e i lavoratori in modo sia fisico che virtuale insieme, e in modo costante. Un tale incremento esponenziale del potere di controllo richiede, prima di tutto, che venga soddisfatta un’esigenza fondamentale di trasparenza assoluta, che si concretizza attraverso l’“adeguata informazione”, disciplinata dal riformato art. 4, comma 3, della legge n. 300 del 1970, e attraverso una continuità informativa, che garantisca il diritto del lavoratore di sapere costantemente con “cosa” si sta relazionando.

Potenziamento tecnologico: verso una coesistenza uomo e robot nei luoghi di lavoro? 

Per le attività lavorative pericolose e insalubri, l’uso della tecnologia robotica può offrire un sistema più efficace di protezione per i lavoratori. Tuttavia, come avviene spesso quando la tecnologia dischiude possibilità precedentemente sconosciute, è necessario considerare attentamente anche le controindicazioni, i rischi e le forzature, prima nemmeno immaginabili. Si pensi al possibile impiego di soluzioni di innesto o impianto robotico sul corpo umano, utilizzate come mero strumento di miglioramento della performance del lavoratore. È, quindi, legittimo domandarsi se e quando il potenziamento tecnologico delle capacità dei lavoratori possa essere considerato compatibile con il vigente sistema giuslavoristico. Eventuali pratiche di potenziamento tecnologico, sia in ambito fisico, sensoriale o cognitivo, devono essere respinte senza esitazione, se minacciano la salute fisica o l’equilibrio psicofisico del lavoratore. Nei casi in cui, invece, non vi sia alcun rischio per la salute, si vuole indagare se ed entro quali limiti, in punto di diritto, sia consentito alterare le capacità psicofisiche, mnemoniche e cognitive naturali del lavoratore per favorire un più efficiente e produttivo svolgimento delle mansioni o un migliore inserimento nell’organizzazione del lavoro. Posizioni di cautela possono essere argomentate a partire dalle previsioni costituzionali e comunitarie, che tutelano la libertà e la dignità dei lavoratori, sancendo, in particolare, il “divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro” (art. 3 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea). L’utilizzo di soluzioni di innesto o impianto robotico sul corpo umano in ambito lavorativo pone al centro della ricerca di dottorato il tema del diritto del lavoratore alla “differenza umana” nei luoghi di lavoro e, di conseguenza, quello del diritto del lavoratore di rifiutare tali “protesi o connessioni potenzianti”. 

Limitare il potenziamento dei lavoratori non significherebbe chiudere le porte in maniera preconcetta al futuro ma rivendicare il valore preminente dei diritti dei lavoratori e dei valori ad essi sottesi sulle ragioni della tecnica. Il dibattito è appena cominciato…



 

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