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Nel 2016 è stato indetto \un concorso pubblico con tassa d’iscrizione di 10€. Alle prove esame sono stati ammessi ~ 5200 candidati. Il concorso non è mai andato avanti. A distanza di quattro anni, è stato indetto un nuovo concorso, con tassa d’iscrizione di 10€. È lecito fare perire un concorso pubblico e trattenersi la tassa d’iscrizione? Per legge, sono tenuti a render conto dei soldi? A restituirli? In ogni caso, un concorso annullato non dovrebbe essere comunicato? Nel nuovo bando si fa presente che la tassa d’iscrizione non verrà restituita neanche a seguito della revoca della presente procedura. Ero tentato di rivolgermi alla stampa. In tal caso, come farlo e se rischio, cosa?

Le rispondo in ordine di quesiti.

Le stabilizzazioni possono superare il numero dei posti a disposizione del bando in corso, laddove siano giustificate da ragioni di buona andamento ed efficienza della pubblica amministrazione, nel senso che siano necessarie per colmare i sopravvenuti vuoti di organico e, così, permettere alla dirigenza amministrativa di raggiungere gli obiettivi prefissati.

Con riguardo alla questione revoca del concorso, la P.A. può decidere in tal senso, in quanto previsto dal bando, oltre che dalla legge.

Infatti, come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, la revoca di un bando di concorso pubblico rientra nei normali ed ampi poteri discrezionali della pubblica amministrazione che, fino a quando non sia intervenuta la nomina dei vincitori, può provvedere in tal senso in presenza di fondati motivi di pubblico interesse che sconsigliano la prosecuzione dell’iter concorsuale rendendone evidente l’inopportunità (T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 04/04/2017, n. 219).

Pertanto, l’amministrazione conserva un potere discrezionale di sospendere o revocare in autotutela la procedura concorsuale ove ricorrano sopravvenuti motivi di pubblico interesse o una nuova situazione di fatto, anche rappresentata dal sopravvenire di disposizioni di legge in tal senso.

Il cittadino avrà diritto a conoscere le motivazioni della revoca, che sarà con ogni probabilità inserita direttamente nel provvedimento di revoca in autotutela.

Venendo al nocciolo della questione, molto si è discusso del contributo richiesto per la partecipazione al bando di concorso che, alla fine, è stato considerato legittimo dagli addetti ai lavori.

Tuttavia, ricevere e trattenere tale corrispettivo senza poi garantire i servizi promessi può comportare una responsabilità della P.A..

Infatti, partendo dalla natura del contributo di partecipazione alla procedura concorsuale quale tassa per la prestazione di un servizio, il mancato svolgimento del concorso in questione fa sorgere il diritto alla restituzione del contributo versato.

La mancata restituzione provoca solo un illecito civile e amministrativo, e non penale, visto che il possesso di quelle somme è giustificato dal concorso indetto, anche se poi revocato.

Ora, nel Suo caso, non si è a conoscenza del fatto che il concorso sia stato o meno annullato.

Quello che occorrerebbe fare è inviare una richiesta all’ente che ha indetto il concorso in stallo, chiedendo lumi sull’evoluzione dello stesso.

Nel caso in cui la P.A. dovesse rappresentare l’avvenuta revoca, allora Lei potrebbe presentare istanza per ottenere il rimborso del contributo versato. Nella denegata ipotesi in cui non dovessero collaborare, allora potrebbe agire in giudizio per il recupero delle somme illegittimamente trattenute anche se, per l’esiguità delle somme, il gioco non varrebbe la candela.

Ad avviso di chi scrive, prevedere la non rimborsabilità del contributo versato, in caso di revoca del concorso, è ingiusto sia eticamente, che giuridicamente.

Il contenuto è dettato dai dirigenti apicali che, in questi casi, cercano di limitare l’insorgere di pretese (più che legittime) dei cittadini che pretendono la restituzione delle loro somme.

Tuttavia, nel bando del 2016 questa clausola non è prevista e, quindi, Lei ha diritto ad esigerne l’importo, a prescindere dal valore.

Purtroppo, il tempo perso dietro all’attesa dello svolgimento del concorso non ha rilevanza giuridica, almeno per la giurisprudenza, che lo considera come semplice aspettativa alla conclusione del procedimento, a differenza dei casi in cui la revoca del bando intervenga quando il cittadino risulti già vincitore di concorso.

Il fatto che Lei possa e voglia denunciare i fatti alla stampa fa parte del Suo diritto di critica nei confronti della pubblica amministrazione e del suo buon andamento.

Onde evitare che una Sua mail possa rimanere inascoltata, Le consiglio di contattare la redazione del giornale e di spiegare la situazione, in modo tale da capire se c’è interesse giornalistico nel diffondere la vicenda, magari in qualche sezione relativa alle nefandezze della pubblica amministrazione.

A livello di rischi legali, occorre rimanere nei limiti previsti dal diritto di critica, al fine di evitare eventuali querele per diffamazione a mezzo stampa.

Cosí, le espressioni utilizzate, pur se veicolate nella forma scherzosa e ironica propria della satira, o in una forma più severa, devono riguardare un’argomentazione che esplicita le ragioni di un giudizio negativo collegato agli specifici fatti riferiti e non deve risolversi in un’aggressione gratuita alla pubblica amministrazione.

Nel Suo caso, viste le Sue evidenti ragioni, collegate ad una inefficienza della pubblica amministrazione, questo pericolo dovrebbe essere ridotto ai minimi termini, dovendo solo avere cura nel non sfociare, il Suo articolo, in un mero sfogo gratuito e offensivo.

Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avvocato Salvatore Cirilla

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