L’amministratore delegato della Cassa depositi e prestiti, Fabio Gallia (nella foto), non ha intenzione di approdare in Unicredit al posto dell’ad dimissionario, Federico Ghizzoni. Lo ha confermato a chiare lettere lo stesso Gallia, dal palco del 46esimo convegno dei giovani di Confindustria. “Non leggete i giornali, dimentichiamoci Unicredit, non ci entro neanche”, ha detto, rammentando di aver preso un impegno con il presidente della Cassa, Claudio Costamagna, “stiamo facendo un lavoro molto bello e importante, cerco di fare meno danni possibili. Rimango lì”.
Ieri il cda di Unicredit si è limitato a tracciare un profilo del nuovo ceo: un manager, preferibilmente di provenienza esterna alla banca, con competenza internazionale, visione strategica ma, soprattutto, capace di entrare in sintonia da subito con il mercato. Nessuna pregiudiziale, invece, sulla nazionalità del futuro amministratore delegato. L’importante è che conosca a fondo il settore bancario. I papabili circolano da giorni: oltre a Fabio Gallia e Claudio Costamagna la lista include Marco Morelli (BofA-Merrill Lynch), Gaetano Miccichè (Banca Imi), Alberto Nagel (Mediobanca), Flavio Valeri (Deutsche Bank Italia), Giampiero Maioli (Credit Agricole), l’ex Jean Pierre Mustier e Andrea Orcel (Ubs).
Uno e incisivo il messaggio lanciato da Gallia alla platea dei giovani imprenditori di Confindustria: “il piccolo è bello non vale più per le imprese che devono aprire i propri capitali a investitori esterni come la Cassa depositi e prestiti che agisce nel lungo periodo e ha diversi strumenti per intervenire”. La missione della Cdp non è cambiata, è quella di dare il proprio contributo allo sviluppo del Paese, è cambiato l’approccio: “essere proattivi, non solo reattivi”.
Dopo Basilea 3 “siamo gli unici a poter investire a lungo periodo, oltre 10 anni, dove non arriva il mercato in maniera complementare al sistema finanziario”, ha puntualizzato Gallia secondo il quale, appunto, il tema piccolo è bello non è più valido ormai da molti anni. “Da noi sembra che l’apertura dei capitali sia sempre un tabù ma la borsa, la capacità di attrarre manager sono temi essenziali per competere. Ci sono troppo poche aziende manifatturiere quotate, noi abbiamo tanti strumenti per le aziende, ci siamo per investire più soldi nel venture capital”.
Naturalmente la Cdp non intende intervenire dove rischia di perdere dei soldi. Gallia ha difeso l’impegno della Cassa nel fondo Atlante, “un’iniziativa privata nata in un momento difficile, siamo in un nuovo mondo, quello del bail in. Il sistema si è trovato a dover creare uno strumento con soldi privati. L’obiettivo è quello di permettere l’esecuzione degli aumenti di capitale e di intervenire sul mercato dei Npl”.
“Il fatto che possiamo permetterci di avere rendimenti più bassi rispetto a quelli ritenuti accettabili dai cosiddetti fondi speculativi, non significa perderci i soldi, non intendiamo fare questo”, ha aggiunto. La Cdp ha contribuito al fondo Atlante con 500 milioni di euro “perché il mercato non c’è insieme ad altri soggetti privati, vedremo cosa succederà nei prossimi mesi. Il sistema bancario è di fronte a tante sfide, il nostro ruolo è di promuovere la crescita del Paese e per questo ci impegniamo a intervenire”, ha spiegato l’ad, chiarendo invece che nell’offerta per l’Ilva la Cdp è un investitore finanziario con un ruolo di minoranza, ha preso un impegno per il Paese, più che per un’azienda.
L’intervento per l’Ilva, infatti, non è solo per il territorio ma per la filiera dell’acciaio, “siamo la seconda manifattura come Paese, questo è un impegno per il Paese, non per un’azienda, ma per qualcosa di molto più importante, la competitività del Paese”. Gallia ritiene che ci siano le condizioni per lavorare. L’offerta della Cdp scade il prossimo 30 luglio, “siamo investitore finanziario con un ruolo minoranza, intendiamo promuovere, se ci sono le condizioni, una soluzione industriale”.
Orario di pubblicazione: 10/06/2016 15:10
Ultimo aggiornamento: 10/06/2016 15:12
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