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Recentemente, la giurisprudenza di merito ha nuovamente affrontato la questione della legittimità dell’opzione put inserita in un patto parasociale all’interno di un finanziamento di un progetto imprenditoriale. In precedenza, la Corte di Cassazione aveva dichiarato valido l’accordo tra soci di una società di capitali che prevedeva opzioni di put and call a un prezzo prefissato da esercitarsi entro un termine specifico, ritenendo che tale accordo non fosse in grado di alterare la struttura e la funzione del contratto sociale.

Nel caso specifico, era stata stabilita un’opzione put a favore dell’investitore a un prezzo predeterminato, con l’aggiunta di un rendimento, e con la possibilità di esercitarla entro 5 anni dall’aumento di capitale iniziale nel progetto. In risposta all’esercizio dell’opzione put da parte dell’investitore, l’impresa finanziata ha intrapreso un’azione legale, sostenendo la nullità dell’opzione put e delle conseguenti disposizioni contrattuali, inclusa una penale e l’esercizio di una call.

L’impresa finanziata ha inoltre contestato la validità dell’intero accordo, che prevedeva una serie di protezioni a favore dell’investitore, escludendolo dalla partecipazione alle perdite e facendo della put option un elemento centrale.

Questo sistema contrattuale protettivo comprendeva l’assegnazione di azioni privilegiate negli utili, la previsione di un’opzione put a prezzo prestabilito con rendimento, la stipula di uno strumento finanziario partecipativo sugli utili, la restituzione dei finanziamenti e la rinuncia a un credito. L’impresa sostenne che tale sistema violava il divieto di patto leonino previsto dall’articolo 2265 del codice civile, che vieta gli accordi che escludono uno o più soci dalla partecipazione agli utili o alle perdite.
Questo divieto, volto a proteggere gli interessi della società stessa, dei terzi e della collettività, garantisce che un socio non possa influenzare la gestione aziendale senza condividere il rischio finanziario delle decisioni e beneficiare esclusivamente dei profitti.

Tuttavia, il Tribunale di Genova è stato chiamato a valutare la nullità di un’opzione put, prevista in un patto parasociale, il cui prezzo di vendita era già predeterminato e includeva un rendimento per l’investitore, a prescindere dall’andamento dell’impresa.

Il Tribunale ha sostenuto nella sentenza n. 1538/2023 che, per configurare una violazione del divieto del patto leonino, l’esclusione delle perdite o degli utili deve essere assoluta e costante. Nel caso in esame, il privilegio di partecipazione agli utili era limitato al 95%, con il restante 5% destinato all’altro socio, il che non configurava una situazione di esclusione completa. Inoltre, poiché questa clausola faceva parte di un patto parasociale e non dello statuto, era vincolante solo tra le parti firmatarie dell’accordo e non opponibile alla società o ai terzi, inclusi i creditori sociali.

Di conseguenza, l’esclusione delle perdite da parte del socio investitore tramite l’opzione put a prezzo predeterminato non è stata considerata costante, poiché era limitata nel tempo e non si riferiva allo status di socio, ma era confinata in un accordo contrattuale vincolante per le parti firmatarie. Tale esclusione non è stata considerata costante, anche tenendo conto del fatto che l’opzione put era esercitabile entro un determinato periodo di tempo predefinito e quindi l’esenzione era legata all’andamento della società in un periodo di tempo specifico (5 anni dall’aumento di capitale).

Inoltre, il Tribunale ha richiamato un orientamento della Corte di Cassazione, sentenza n.17500/2018 , secondo cui il finanziamento di un’impresa societaria è legittimo quando mira a potenziare il valore dell’impresa, invece che a soddisfare un interesse personale del socio. Tale interesse societario potrebbe essere considerato generale, in linea con gli obiettivi di incentivazione economica stabiliti dal legislatore.

In sintesi, l’operazione finanziaria che mantiene la causa associativa come predominante rispetto a quella finanziaria rappresenta uno strumento efficace di finanziamento aziendale.

Utilizzando garanzie a favore dell’investitore, come l’opzione put a prezzo predeterminato, questa operazione può offrire costi inferiori rispetto al finanziamento bancario tradizionale. Pertanto, l’operazione è meritevole di tutela giuridica e non può essere considerata nulla.

Il Tribunale di Genova ha quindi ritenuto valida l’opzione put e l’intero sistema contrattuale, condannando l’impresa finanziata al pagamento della penale e iscrivendo l’investitore nel libro soci a seguito dell’esercizio della call.

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*A cura dell’Avv. Giovanni Marra, Legal advisor

 

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