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Il decreto Salva spese vieta lo sconto in fattura o la cessione del credito a far data dalle spese per la rimozione delle barriere architettoniche sostenute con decorrenza dal 1° gennaio 2024. Con alcune eccezioni, legate alla natura residenziale dell’immobile oggetto dell’intervento. La prima eccezione al divieto riguarda i condomini, in relazione a interventi su parti comuni di edifici a prevalente destinazione abitativa. La seconda eccezione riguarda interventi su edifici unifamiliari o unità abitative site in edifici plurifamiliari a condizione, però, che il contribuente sia proprietario dell’immobile o titolare di altro diritto reale, che l’unità immobiliare sia utilizzata come abitazione principale e che il contribuente abbia un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro.

Il decreto Salva spese (D.L. n. 212/2023) in realtà contiene anche un rilevante giro di vite per quanto riguarda la disciplina del bonus delle spese finalizzate alla rimozione delle barriere architettoniche.

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Le novità sono molteplici, ma la più rilevante riguarda il “blocco” dello sconto in fattura o della cessione del credito a far data dalle spese sostenute con decorrenza dal 1° gennaio 2024.

La disciplina dell’agevolazione è ora particolarmente complessa.

Il legislatore ha previsto alcune limitate eccezioni al divieto di cessione del credito o dello sconto in fattura. Tuttavia, la portata delle nuove disposizioni impone di tenere ben distinti i presupposti che consentono di fruire del beneficio fiscale nella misura del 75% delle spese (art. 119-ter, D.L. n. 34/2020), rispetto alle deroghe che consentono ancora oggi di fruire della cessione del credito o dello sconto in fattura.

Le eccezioni al divieto di cessione del credito o sconto in fattura

Una delle principali novità consiste, per ciò che riguarda le spese sostenute dal 1° gennaio 2024, nel divieto di cessione del credito o di applicare lo sconto in fattura.

La prima eccezione a tale divieto riguarda i condomini, in relazione a interventi su parti comuni di edifici a prevalente destinazione abitativa. Ne consegue che se i lavori riguardano un edificio a prevalente destinazione non residenziale, il beneficio fiscale potrà essere fruito esclusivamente nella forma della detrazione d’imposta.

Tuttavia, il beneficio fiscale potrà essere fatto valere in quanto la detrazione fiscale del 75%, disciplinata dall’art. 119-ter citato, riguarda anche gli immobili non residenziali.

La seconda eccezione è quella di cui all’art. 3, comma 2, lettera b), del decreto Salva spese. Secondo la novella, le opzioni di cui all’art. 121 del D.L. n. 34/2020 possono ancora oggi essere esercitate, in relazione a interventi su edifici unifamiliari o unità abitative site in edifici plurifamiliari a condizione, però, che il contribuente sia proprietario dell’immobile o titolare di altro diritto reale.

Non si tratta, però, dell’unica condizione prevista dal decreto in quanto l’unità immobiliare deve essere utilizzata come abitazione principale e il contribuente deve avere un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro determinato con i criteri del c.d. quoziente familiare.

Nota bene

Il requisito reddituale non è richiesto qualora faccia parte del nucleo familiare un soggetto colpito da un handicap grave certificato ai sensi della legge n. 104/1992.

Anche con riferimento a tale deroga il decreto fa riferimento ancora una volta alla natura residenziale dell’immobile oggetto dell’intervento.

Ad esempio

Si consideri il caso in cui il contribuente sia proprietario di un’unità avente classificazione catastale A/2 di tipo abitativo. L’unità immobiliare è però concessa in locazione per un uso non residenziale (ufficio). In tale ipotesi sarà comunque possibile fruire della detrazione d’imposta del 75% in quanto la stessa non risulta riservata esclusivamente agli immobili a destinazione abitativa. Tuttavia, l’utilizzo non residenziale inibisce la cessione del credito e lo sconto in fattura.

Deve poi considerarsi che è possibile comunque individuare di casi in cui è consentito fruire dello sconto in fattura o effettuare la cessione del credito per le spese sostenute nell’anno 2024.

Infatti, le spese sostenute per la rimozione delle barriere architettoniche possono essere considerate in detrazione in quanto intervento trainato del superbonus o del super sismabonus. Se i predetti oneri fossero sostenuti nell’anno 2024, scatterebbe il meccanismo del decalage e l’agevolazione risulterebbe pari al 70%. Tuttavia, se il titolo edilizio fosse stato presentato prima del 17 febbraio 2023, quindi anteriormente all’entrata in vigore del D.L. n. 11/2023 sarebbe comunque possibile esercitare le opzioni per la cessione del credito o per lo sconto in fattura. Infatti, le limitazioni introdotte dal D.L. n. 212/2023 riguardano il beneficio fiscale disciplinato dall’art. 119-ter del D.L. n. 34/2020 e non dall’art. 119 del decreto Rilancio.

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