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Cosa vuol dire DOP o IGP?

Riconoscimento come «Denominazione di Origine Protetta» (DOP): è un nome di una specifica area geografica che serve a designare un prodotto vitivinicolo, la cui qualità e le caratteristiche specifiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente a tale area, da dove provengono le uve, ed in cui avviene la produzione.

Con le menzioni tradizionali «DOCG» e «DOC», si intendono rispettivamente la «Denominazione di Origine Controllata e Garantita» e la «Denominazione di Origine Controllata», utilizzate dall’Italia per i prodotti vitivinicoli a DOP.
In particolare, la sigla DOCG è riservata a vini già riconosciuti a DOC da almeno 7 anni, che siano ritenuti di particolare pregio per le caratteristiche qualitative intrinseche e per la rinomanza commerciale acquisita.

Riconoscimento come «Identificazione Geografica Protetta» (IGP): è un nome di una specifica area geografica che serve a designare un prodotto vitivinicolo, che possiede qualità, notorietà o altre peculiarità attribuibili a tale area geografica, da dove provengono per almeno l’85% le uve, ed in cui avviene la produzione.

Con la menzione tradizionale «IGT», si intende l’«Indicazione Geografica Tipica» utilizzata dall’Italia per i prodotti vitivinicoli a IGP.

La Giunta regionale, su proposta dell’assessore all’Agricoltura, Giancarlo Righini, ha approvato un progetto pluriennale proposto da Arsial e dalla direzione regionale Agricoltura sulle DOP/IGP della filiera vitivinicola.

Il programma prevede in primo luogo una ricognizione d’ufficio di tutti i perimetri delle DOP/IGP vitivinicole e il completamento della georeferenziazione di tutti gli areali produttivi non più compatibili con il fascicolo aziendale grafico e con gli adempimenti dettati dalla transizione digitale, che impone il passaggio dalle mappe alle immagini satellitari ad altissima risoluzione, diventate precondizione delle politiche di filiera recate dalla OCM (Organizzazione Comune del Mercato) vino.

Ancor più ambiziosa la seconda azione di progetto, volta a semplificare il quadro delle denominazioni attive, mantenendo una piena copertura a DO/IG dei territori viticoli, ma con un minor numero di denominazioni.

Il Lazio annovera attualmente 36 denominazioni (3 DOCG, 27 DOP e 6 IGP), in gran parte riconosciute negli anni 70-80 del secolo scorso su impulso delle grandi cantine cooperative, all’epoca molto attive nel promuovere caratterizzazioni su piccoli ambiti territoriali, spesso di scala comunale, per l’accesso a vecchie politiche di filiera che garantivano un sostegno diretto in base ai volumi di produzione.

Con la riduzione dei consumi intervenuta negli ultimi 50 anni (da 90 litri a meno di 27 litri pro-capite) e con il passaggio da politiche di sostegno dei prezzi a politiche di mercato (volte alla promozione dei prodotti di qualità) alcune DOP/IGP non sono più rivendicate e una decina sono rivendicate solo per piccoli volumi, di scala non idonea ad attivare strategie di valorizzazione, come attesta il fatto che nel Lazio operano solo 6 consorzi di tutela.

«Dopo il successo riscosso dal Lazio all’ultimo Vinitaly – spiega Giancarlo Righini – è  arrivato il momento di porre rimedio a un ritardo ultraventennale, attivando una più efficace strategia di valorizzazione per i 18mila ettari vitati e per le 430 cantine attive nel Lazio, nella comune consapevolezza che le 36 denominazioni vanno sfoltite e contestualmente implementate sul versante della piattaforma ampelografica, a partire dall’introduzione degli autoctoni di recente caratterizzazione nei disciplinari vigenti».

«Il consolidamento delle centinaia di piccole cantine nate nel Lazio negli ultimi anni, alcune delle quali già di alta reputazione sul mercato, potrà essere conseguito solo condividendo strategie comuni a livello territoriale. In tale prospettiva vanno collocate anche le notevoli risorse che la Regione ha stanziato per la promozione dell’enoturismo, che richiedono l’attivazione di servizi avanzati e l’aggregazione della base produttiva», ha aggiunto l’assessore Righini.

Secondo il commissario straordinario di Arsial, Massimiliano Raffa, «la mancata razionalizzazione delle DO/IG vitivinicole è un fattore di ulteriore frammentazione della filiera, che non solo ostacola lo sviluppo dei consorzi di tutela (cui la UE demanda ulteriori funzioni anche nella sfera enoturistica), ma limita anche l’accesso alle risorse per la promozione delle nostre eccellenze sui mercati internazionali».

 

Alessandra Trotta

(Giornalista e scrittrice)


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