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Gli undici milioni promessi dal Governo per salvare la Fondazione Santa Lucia sembrano non bastare. Così – secondo quanto informa la Regione Lazio – la proprietà della struttura ha deciso di procedere all’alienazione a terzi attraverso il tribunale. A darne notizia è stata la stessa Fondazione attraverso una nota interna inviata ai dipendenti. 

Cosa ha comunicato il Santa Lucia ai dipendenti

Nella comunicazione inviata ai dipendenti, il Santa Lucia punta il dito contro la Regione, sottolineando che “le cause della crisi della fondazione sono da ricondursi essenzialmente all’insufficiente remunerazione delle prestazioni erogate negli anni, rispetto ai costi imposti dal rispetto dei requisiti di accreditamento. Nonostante la Fondazione, in forza dell’accreditamento istituzionale, svolga prestazioni di neuroriabilitazione ospedaliera di alta specialità (codice 75) a favore di pazienti con severe lesioni del sistema nervoso, riceve dalla Regione una remunerazione che è invece pari a quella di Strutture che svolgono attività di recupero e riabilitazione funzionale (codice 56)”. La Fondazione spiega anche che, per tentare di risolvere quello che definisce un “paradosso”, è stato attivato un “complesso contenzioso”. Nonostante questo, però “non è stato possibile trovare con la Regione un accordo transattivo per risolvere le divergenze degli ultimi 20 anni”. Da qui le conclusioni: “Per risolvere la crisi e per garantire tutte le attività – si legge ancora nella nota – ogni ipotesi oggi prospettata prevede l’individuazione di un nuovo soggetto industriale. La Fondazione Santa Lucia cesserà come soggetto giuridico, ma continueranno tutte le attuali attività di assistenza e di ricerca che si svolgono, con una nuova guida”. Nel documento si tiene comunque a specificare ai dipendenti che “non sarà una ‘svendita’ al miglior offerente, perché sarà condotta e vigilata dal Tribunale. Nell’altro caso, l’amministrazione straordinaria, i tempi per realizzare la vendita saranno più lunghi e le relative attività saranno condotte dai commissari straordinari nominati”. 

Un documento che da ieri ha gettato in allarme i mille lavoratori e che, nella serata di ieri, ha portato la Regione Lazio a sollevare il caso. Una nota stampa, quella della Pisana, che mostra tutta la propria preoccupazione e disappunto per la decisione. “La nota inviata in data odierna ai dipendenti della fondazione rappresenta uno schiaffo al gesto di attenzione ricevuto dal Governo”, si legge nella nota. “Incassati infatti gli oltre 11 milioni l’amministrazione ha comunicato di voler vendere l’azienda e di volersi avvalere del concordato semplificato e non fare richiesta dell’amministrazione straordinaria (pur riservandosi entro il mese di dare una risposta definitiva). Questa poca chiarezza e scarso rispetto istituzionale preoccupa, e la Regione ribadisce la richiesta alla proprietà di fare ricorso alla amministrazione straordinaria che è l’unico strumento che ha come fine, non solo il soddisfacimento dei creditori, ma anche la salvaguardia della strategicità dell’azienda tutelando al massimo i livelli occupazionali e la qualità sino ad oggi espressa”.

L’amministrazione straordinaria rifiutata

Da parte della Regione Lazio c’è poi l’elenco di quanto fatto in oltre un anno nel corso del quale è stato “dimostrato il massimo impegno nel cercare soluzioni per assicurare un futuro sostenibile al Santa Lucia, salvaguardando sia l’eccellenza dell’istituto che i livelli occupazionali. Pertanto, la Regione Lazio esprime rammarico per la decisione della proprietà di non accogliere l’appello alla responsabilità e alla generosità formulato dal Ministro Adolfo Urso, dal Presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, e dai sindacati durante il tavolo convocato lo scorso 6 agosto presso il MIMIT”.

La richiesta di amministrazione straordinaria al Ministero, da parte della proprietà, avrebbe consentito la partecipazione diretta della Regione Lazio nella gestione del Santa Lucia, insieme a un privato no-profit, e la creazione di un nuovo soggetto giuridico. La scelta di procedere con la vendita, invece, preclude questa possibilità, in quanto la Regione Lazio, per ovvie ragioni, non può partecipare ad alcuna gara.

Volano stracci

Il disappunto diventa quasi rabbia nella parole finali della nota stampa. “Contrariamente a quanto dichiarato dalla proprietà del Santa Lucia, non è vero che la Fondazione sia entrata in crisi a causa della mancata remunerazione delle prestazioni da parte della Regione Lazio, che è semmai creditore, e non debitore, nei confronti del Santa Lucia. La Ragione Lazio ha sempre remunerato tutte le prestazioni fornite dalla Fondazione Santa Lucia sulla base delle tariffe nazionali vigenti non derogabili per le a regioni in piano di rientro e valide su tutto il territorio nazionale con le quali sono remunerati non solo il Santa Lucia ma tutti i soggetti privati accreditati.   Invece di assumersi le proprie responsabilità, la proprietà del Santa Lucia scarica le colpe su altri, lasciando 800 lavoratori e i pazienti nell’incertezza di una procedura di vendita gestita dal tribunale, che non offre alcuna garanzia né sui livelli occupazionali né sull’assistenza ai pazienti”. Infine la Regione “rinnova l’auspicio di una collaborazione con il progetto no-profit per scongiurare la vendita del Santa Lucia e salvaguardare così l’integrità dell’istituto”.



I sindacati: “Inaudito, chiederemo un incontro al Ministero” 

Non è tardata ad arrivare anche la reazione dei sindacati sulla vicenda: “È un atto di una gravità inaudita quella di comunicare, attraverso una lettera ai dipendenti e non a chi li rappresenta cioè Cgil, Cisl e Uil, tentando un’illegittima disintermediazione, la volontà della Fondazione Santa Lucia – sottolineano in una nota la Cgil di Roma e Lazio, la Cisl Lazio, la Uil di Roma e Lazio, la Fp Cgil Roma e Lazio, la Cisl Fp Lazio e la Uil FPL di Roma e Lazio -. Se si vogliono fare scelte unilaterali, attraverso una becera disintermediazione, l’amministrazione del Santa Lucia sbaglia di grosso”. A preoccupare i sindacati è la scelta del Santa Lucia di “di procedere, attraverso il tribunale, all’alienazione a terzi attivando una procedura che, di fatto, solo tecnicamente è sotto la supervisione pubblica. Se la sciagurata strada fosse questa, non saranno garantiti i livelli occupazionali, assistenziali e l’attività di ricerca”. A seguito degli ultimi sviluppi sulla vicenda, le organizzazioni sindacali chiederanno un’immediata riconvocazione del tavolo al Ministero delle Imprese e del Made in Italy “perché non è accettabile – sottolineano – che dopo aver incassato gli 11 milioni di euro da parte del governo, attraverso il Decreto legge Omnibus, l’amministrazione ha comunicato di voler vendere l’azienda e di volersi avvalere del concordato semplificato e non fare richiesta dell’amministrazione straordinaria. Lo abbiamo detto a chiare note, noi ci opporremo con tutte le nostre forze affinché non ci sia la svendita a privati”. Per i sindacati, inoltre, l’unica strada accettabile è quella dell’Amministrazione straordinaria e “della partecipazione Regione Lazio alla gestione dell’istituto. Nelle prossime ore proseguiranno azioni di mobilitazione e di lotta, indicendo un presidio ed una fiaccolata aperta ai cittadini ed al territorio, perché su questa vertenza non retrocederemo di nulla”. 

 

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