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Negli ultimi anni l’uso delle carte di credito per effettuare i pagamenti è diventato rapidissimamente sempre più diffuso, trasformando radicalmente il modo in cui gestiamo le nostre spese quotidiane. Sebbene questo cambiamento abbia portato numerosi vantaggi, ha anche creato qualche problema per alcune categorie di lavoratori, tra cui i camerieri che hanno sempre fatto affidamento sulle mance in contanti come parte significativa del loro reddito. Tuttavia, con l’aumento dell’uso delle carte di credito, le mance in contanti stanno diminuendo drasticamente, creando quindi problemi economici per questi lavoratori. Di conseguenza, per molti è ulteriormente diminuita anche la motivazione per svolgere il proprio lavoro a contatto col pubblico.

Per verificare la situazione in essere, abbiamo chiesto un parere a quattro professionisti della ristorazione che hanno portato ulteriori spunti di riflessione. Sono Piero Pompili, uno dei più noti e affermati maître italiani, Errico Porzio, uno dei pizzaioli napoletani di maggior successo e titolare di varie pizzerie in tutta Italia e, infine, Mattia Tomasetto, direttore di alcuni locali di tendenza a Roma, frequentati prevalentemente dai giovani e infine Pietro Caroli, co-fondatore di Trippa a Milano, probabilmente la trattoria contemporanea più celebre d’Italia

Meno mance, più pagamenti con il pos al ristorante

La questione esiste, ce lo confermano gli intervistati. “Negli ultimi due anni, a fronte dell’inizio del problema della mancanza di personale di sala mi feci promotore attraverso la stampa della mancia (se così vogliamo chiamarla) ‘obbligatoria’ come incentivo a far guadagnare di più le persone che lavorano nel mondo della ristorazione dove, post pandemia, ci si è resi conto di essere un settore fatto di orari impossibili e sacrifici che limitano le relazioni, senza dimenticare la fatica fisica. Con gli anni, quest’ultimo elemento rende impensabile continuare a svolgere questo lavoro fino all’età pensionabile. A maggior ragione se poi viene a mancare un incentivo economico a dare di più nel servire il cliente” ci dice Piero Pompili.

Aumentare la retribuzione del personale per compensare il mancato introito

Una prima soluzione ci sarebbe: “I ristoratori potrebbero decidere volontariamente di alzare gli stipendi (e già in tanti lo stanno facendo) ma, considerando in Italia il costo del personale, lo sforzo di un datore di lavoro non garantirebbe un aumento tale da compensare i sacrifici di questa professione dove, tra l’altro, metà di un ipotetico aumento in busta andrebbe in tasca allo Stato in tasse. La conseguenza diretta di questa scelta di aumentare gli stipendi, però, porterebbe inevitabilmente a un innalzamento considerevole dei prezzi dei menu”. Insomma i soldi, da qualche parte, devono arrivare.

Errico Porzio, invece, ritiene che le cose non siano cambiate così radicalmente: “Il personale di sala si aspetta comunque una mancia in contanti, anche se il cliente paga con la carta. Secondo le stime dei miei collaboratori di sala, il 50% dei clienti la lascia anche se paga con la carta di credito, quindi, la mancia rimane il motivo per cui anche oggigiorno continuano a lavorare tutti con la massima disponibilità nella speranza, appunto, di una ricompensa per il servizio prestato”. Già ma il fatto è che molti clienti girano proprio sprovvisti di contanti contando ormai su pagamenti, anche piccolissimi, effettuati con la carta. E dunque succede che anche chi vorrebbe lasciare la mancia, talvolta è impossibilitato dal farlo.

Da Mattia Tomasetto giunge una risposta ancora diversa: “Il personale che lavora con me ha una fascia d’età in cui il contante già andava diminuendo. Sono ragazzi e ragazze giovani, non hanno quasi esperienza del periodo prima dell’incentivazione all’uso delle carte di credito, perciò una diminuzione delle mance rispetto a qualche anno fa non ha provocato una demotivazione tangibile”. Insomma, sono troppo giovani per ricordarsi i bei tempi delle mance in banconote.

Come sarebbe mettere le mance direttamente nello scontrino?

E se si mettessero le mance nello scontrino, per esempio 10 euro al ristorante, di cui 6 vanno al cameriere? “Mai messe e mai pensato di metterle” risponde Porzio “Ci sono molte attività ristorative che nel conto applicano sia la voce coperto sia servizio, un vero e proprio salasso già prima di cominciare, soprattutto per le famiglie. La mia convinzione è che i collaboratori di sala li debba pagare bene il titolare e non il cliente” come invece succede negli Stati Uniti e nei paesi che ne hanno ricalcato il modello, dove la mancia è di fatto obbligatoria. “Nella mia sede storica di Napoli, subito dopo la pandemia ho deciso di attuare una sorta di incentivo: l’importo del coperto viene diviso per due, ciò significa che la metà va ai collaboratori (e non solo di sala) e quindi più gente entra, più guadagnano sia la proprietà, sia i collaboratori. Questo fa sì che tutti lavorino con ancor maggior motivazione e con piacere”.

Mance, POS, pagamenti in carta e altre beghe sui conti

A differenza dei paesi esteri, in Italia a oggi i POS non permettono l’inserimento specifico delle mance, però, se un cliente chiede di lasciare 10€ di mancia dal POS, nei locali sotto la mia direzione lo permettiamo: li convertiamo in contanti in modo che i ragazzi possano dividerseli a fine turno” prosegue Tomasetto, che ha attuato questa soluzione in autonomia. La sparizione delle mance potrebbe essere un danno soprattutto per chi lavora da anni e anni nella ristorazione, personale d’esperienza abituato al vecchio sistema mance che scema giorno dopo giorno: “Il personale con maggiore anzianità di servizio va giustamente gratificato rispetto ai più giovani facendo così valere la meritocrazia. In questo modo riusciamo a colmare, seppur magari solo in parte, le privazioni economiche determinate da questa nuova situazione” dice Porzio.

Tracciare le mance fiscalmente: come si può fare?

Tomasetto, infine, allarga i confini della questione fino a trattare un aspetto non di secondo piano: “Il contante permette fruibilità immediata ma senza nessun aspetto fiscale applicato: qualcuno del personale più anziano può essere contrario a causa della tassazione a cui la mancia in scontrino verrebbe sottoposta, ma se i controlli anti evasione venissero fatti nel migliore dei modi, probabilmente questo permetterebbe anche una retribuzione in chiaro maggiore rispetto al contante, con in più la possibilità di ricevere indennità di disoccupazione migliore in caso di necessità, o anche solo ferie e TFR più cospicue. L’Italia è ancora uno dei pochi Paesi nel mondo di cui una parte economica considerevole gira intorno al contante: questo, però, in alcuni casi permette a tanti di evadere dagli obblighi fiscali”.

La soluzione al problema forse in realtà esiste e ce la indica Pietro Caroli di Trippa: “a partire dal 2023 in realtà è possibile inserire le mance nel pagamento con carta, noi da Trippa lo facciamo anche se in realtà siamo in pochissimi. È una cosa consentita, con una tassazione fissa al 5% a patto che le mance non superino il 25% dello stipendio complessivo del dipendente. Nella pratica io ho inserito in cassa una voce ‘mance’ con lo 0% di iva. Poi il totale del mese delle mance lo suddividiamo con il numero dei dipendenti“. Sembrerebbe la chiave di volta di tutto questo problema, ed effettivamente tutto è stato impostato e approvato dal Governo non molto tempo fa, ma perché quasi nessuno fa uso di questo sistema? “Si tratta di una novità non pubblicizzata in alcun modo, nessuno lo sa, e il motivo potrebbe essere che la misura si presta facilmente a strumentalizzazioni e a piccole truffe come è stato per tutti i bonus e gli incentivi. Alcuni imprenditori potrebbero essere incoraggiati a trasferire sotto la voce ‘mance’ fino ad un 25% delle buste paghe dei dipendenti risparmiando sulle tasse essendo questa quota parte tassata solo il 5%. Noi facciamo le cose per bene e siamo precisi, ma il rischio c’è. Ecco forse il motivo per cui non si è mai pubblicizzata tanto una novità che ci potrebbe mettere in linea con gli altri paesi“. 

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