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Martedì 15 ottobre si potranno accendere gli impianti di riscaldamento in tutte le province della Lombardia, per un massimo di 14 ore al giorno. La regione, infatti, rientra quasi interamente nelle zona E, la quinta delle sei fasce con cui è stata suddivisa l’Italia per regolarizzare l’inizio e la fine della stagione termica. Il criterio utilizzato è stato il rapporto tra gradi e giorni: dove la temperatura è più alta il periodo si accorcia, mentre, al contrario, nelle zone dove prevalgono le giornate con temperature più basse si allunga.

In provincia di Sondrio, ad esempio, diversi comuni rientrano nella zona F, quella dove non sono previsti limitazioni. Sono le aree montane: qui la stagione termica è già iniziata a seconda delle disposizioni annunciate con le ordinanze dei singoli Comuni. I sindaci, infatti, possono per ragioni climatiche anticipare o posticipare l’accensione delle caldaie a seconda dell’andamento del termometro.

Con l’avvicinarsi della nuova stagione termica si ripropongono i due temi che ruotano attorno ai sistemi di riscaldamento: i costi legati ai consumi e l’inquinamento.

Entrambi dipendono molto dalle classe energetiche degli edifici: imprese, negozi, uffici, abitazioni. E dalle case non arrivano buone notizie: le stagioni dei bonus energetici e – in particolare – il tanto dibattuto Superbonus 110% non hanno prodotto gli effetti sperati nella riduzione di inquinanti.

Milano, 6 ottobre 2024 – In Lombardia il 68% delle case ha una classe energetica bassa: E,F,G. Quelle che consumano di più (G) richiedono 160 kilowatt per metro quadrato. Per la classe F occorrono tra i 121 e i 160 kw, tra i 90 e i 120 per le abitazioni in classe E. Solo il 19% degli immobili rientra nella fascia energetica media: D (con consumi tra 71 e 90 kilowatt), C (51-70 kw) e B (31-50 kw).

Le classi A e superiori valgono appena il 14% del patrimonio residenziale presente sul mercato lombardo. I numeri aggiornati al primo semestre dell’anno da Immobiliare.it Insights, società del gruppo di Immobiliare.it specializzata in big data e market intelligence per il settore immobiliare, pongono due problemi.

Problemi in vista

Il primo immediato: a parità di metratura (100 metri quadrati), i consumi di una classe G oggi bruciano 2mila euro l’anno, quelli di una classe A o superiore 200. Una differenza mensile analoga alla rata di un prestito per i lavori di ristrutturazione energetica. L’altro a medio termine. Il 28 maggio, infatti, è entrata in vigore in Italia (come negli altri Stati membri dell’Ue) la direttiva europea “Case green”: entro il 2030 sarà necessario ridurre di almeno il 16% i consumi di energia, cinque anni dopo del 20-22%.

Le nuove costruzioni residenziali, invece, saranno a emissioni zero già tra sei anni. Un obbligo esteso a tutte le abitazioni nel 2050. Dal 2019, secondo lo studio di Immobiliare.it Insights, la Lombardia ha ridotto del 6,4% la presenza di case con classe energetiche basse e del 3,6% quelle di fascia media, incrementando la presenza sul mercato del 10% di classi A o superiori.

La situazione in Lombardia

Monza è la provincia con i progressi più significativi (-29,6% di classi più inquinanti e +31,6% di classi con consumi bassi). Rinnovamenti energetici significativi anche a Brescia (-16,2%, +19,4%) e Bergamo (-15,3%, +13,4%).

“Per la differente conformazione del nostro territorio ci sono città, tendenzialmente di dimensioni contenute e dalla morfologia favorevole, che più di altre possono prevedere e sostenere l’implementazione sul loro territorio di nuovi sviluppi immobiliari altamente efficienti dal punto di vista energetico”, commenta Antonio Intini, chief business development officer di Immobiliare.it.

I dati aggiornati al primo semestre premiano Monza (39%), Brescia (21%), Bergamo (17%) e Sondrio (14%) per presenze di immobili residenziali a basso impatto energetico e certificano il ritardo di Mantova e Cremona (6%).

A Varese (79%) e Pavia (75%) invece si concentra la presenza più elevata di case di classe energetiche alte, che consumano e inquinano di più. Procede a rilento anche la riqualificazione energetica di immobili già abitati.

Superbonus per pochi

Secondo l’ufficio studi della Cgia (Associazione artigiani e piccole imprese Mestre) il Superbonus 110% non ha portato i benefici ambientali sperati. La misura è costata 123 miliardi allo Stato, gli interventi hanno interessato meno di 500mila immobili sui 12,2 milioni censiti in Italia: al 31 agosto la maxi-detrazione fiscale (cancellata e rivista) ha interessato il 4,1% del patrimonio edilizio nazionale.

In Lombardia gli interventi sono stati poco più di 78mila su 1,5 milioni di edifici residenziali: il Superbonus 110% ha migliorato di fatto solo il 5,2% degli immobili con una spesa per lo Stato di 23 miliardi, la più alta tra le regioni, con una media di 296mila per intervento.

“Le prime evidenze dimostrerebbero che nello scenario migliore i benefici ambientali del Superbonus compenserebbero i costi finanziari sostenuti in quasi 40 anni – si legge nella relazione dell’ufficio studi della Cgia –. Alcuni esperti internazionali sostengono che la riduzione delle emissioni ottenuta con l’applicazione del Superbonus poteva essere maggiore, se si fosse incentivata l’elettrificazione dei sistemi di riscaldamento degli ambienti, la cottura di cibi e la produzione di acqua sanitaria. In alternativa al gas-metano sarebbe consigliabile utilizzare vettori elettrici (come le pompe di calore e le piastre a induzione), che sono significativamente più efficienti delle tecnologie che impiegano fonti fossili».

 

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