Non รจ possibile alcuna compensazione tra danno erariale per false attestazioni in presenza in servizio ed eccedenza oraria: il dottor Marcello Lupoli commenta una recente sentenza.
Le ore lavorate in eccesso non possono essere oggetto di compensazione con ore non prestate a seguito di false attestazioni di presenza in servizio mediante la mancata timbratura delle uscite attraverso lโutilizzo del badge.
ร questo il principio affermato dalla Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna della Corte dei conti nella sentenza 10 settembre 2024, n. 145.
Il caso
La fattispecie concreta portata allโattenzione dei giudici contabili sardi dalla competente Procura erariale concerne il vaglio sia di un possibile danno erariale derivante da violazioni sullโeffettiva presenza in servizio sul posto di lavoro da parte di un dipendente di un ente locale, sia di un danno allโimmagine arrecato allโamministrazione di appartenenza del convenuto.
Nella sentenza in argomento viene rappresentata la pendenza di un procedimento penale ex art. 640, commi 1 e 2, c.p. e 55 quinquies, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001.
In particolare, al dipendente viene contestato di โavere attestato falsamente la presenza in servizio con artifici e raggiri, consistiti nel timbrare il c.d. โcartellino marcatempoโ allโinizio e alla conclusione del servizio, salvo allontanarsi dal luogo di lavoro nel corso della giornata lavorativa senza timbrare le uscite, essendo queste ultime finalizzate allโespletamento, non giร di attivitร esterne giustificate da ragioni di servizio, bensรฌ di attivitร esclusivamente di natura personale, in ogni caso non oggetto di permessi autorizzatiโ. Pertanto, โil prevenuto avrebbe indotto in errore lโente di appartenenza circa la sua presenza sul luogo di lavoro, procurandosi lโingiusto profitto pari alle retribuzioni indebitamente percepiteโ.
Le accuse della Procura
La Procura attrice โ come evidenziato nella pronuncia de qua โ ha osservato che il โcomportamento tenuto dal convenuto confliggerebbe, quindi, con i doveri generali di correttezza e di buona fede che disciplinano il rapporto di servizio nonchรฉ con gli specifici obblighi di fedeltร (art. 2105 c.c.) e di diligenza (art. 2104 c.c.), caratterizzandosi, altresรฌ, per lโindubbia volontarietร , a fronte dellโevidenza delle violazioni perpetrate. Nellโipotesi di falsa attestazione della presenza in servizio da parte del lavoratore, lo stesso โ ai sensi dellโart. 55-quinquies, comma 2, del D.lgs. n. 165/2001 โ รจ obbligato a risarcire il danno patrimoniale pari allโimporto percepito a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazioneโ.
Inoltre โ secondo la prospettazione della Procura contabile โ il โconvenuto รจ chiamato a rispondere anche per un danno allโimmagine allโAmministrazione di appartenenza, ai sensi degli artt. 55 quater e 55 quinquies del D.lgs. n. 165/2001โ.
Scrutinate preliminarmente le questioni rituali pregiudiziali sollevate dalla difesa del dipendente convenuto โ tra le quali quella dellโasserita inammissibilitร dellโatto di citazione ย (eccezione rigettata in base allโassunto che nella fattispecie concreta non sussiste alcuna pregiudizialitร tecnica o giuridica tale da richiedere una sospensione del giudizio contabile in attesa dellโesito della vicenda penale) โ il collegio giudicante, con riguardo al merito, ha ritenuto fondata la pretesa risarcitoria avanzata dalla Procura erariale, risultando โacclarato che la vicenda allโesame del Collegio si caratterizza per la violazione di specifici obblighi e doveri rimessi al pubblico impiegato, opportunamente e dettagliatamente disciplinati dal Legislatore, che ha delineato una serie di comportamenti che, ponendosi in contrasto con i valori, normativi ed etici, naturalmente insiti nel lavoro prestato alle dipendenze della P.A., assumono particolare rilevanza, anche in considerazione del detrimento che essi recano al rispetto e al prestigio dellโAmministrazione medesimaโ.
Pertanto, โil mancato rispetto di tali prescrizioni configura lโelusione di norme destinate, per un verso, ad assicurare che il servizio pubblico si svolga in un contesto obiettivo, diretto a finalizzare e ottimizzare lโattivitร posta a servizio della collettivitร e, per altro verso, a definire la misura della prestazione dovuta dal dipendente pubblico, in relazione allโorario e al tempo di lavoro effettivo, ai quali va commisurata la retribuzione allo stesso spettanteโ, atteso che lโosservanza dellโorario di lavoro costituisce un obbligo del dipendente pubblico e che lโorario di lavoro deve essere documentato ed accertato mediante controlli di tipo automatico ed oggettivo.
La giurisprudenza contabile
Tanto premesso, i giudici contabili sardi hanno evidenziato che la giurisprudenza contabile (cfr. Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, sentenza 1ยฐ marzo 2027, n. 22 e la giurisprudenza ivi richiamata) ha affermato che, โin presenza di accertata dolosa o colposa inadempienza nella dovuta prestazione lavorativa (con riferimento, ovviamente, ad assenze non giustificate), il danno รจ quanto meno pari alla spesa sostenuta dallโAmministrazione Pubblica datrice di lavoro per la retribuzione complessivamente erogata a favore dei dipendenti pubblici, fatti salvi comunque gli ulteriori danni che possono essere stati causati nella gestione dei servizi ai quali i predetti dipendenti pubblici erano addetti o prepostiโ.
Alla stregua del predetto quadro normativo, รจ acclarato che โlโallontanamento del dipendente dal luogo di lavoro appare giustificato solo dalla presenza di predeterminate esigenze, subordinate ad autorizzazione specifica, ovvero regolamentate dalla contrattazione collettiva, e deve essere, comunque, oggettivamente rilevato e rilevabile (attraverso i sistemi automatizzati, laddove, come nel caso di specie, installati), sia nelle ipotesi in cui il tempo trascorso fuori dallโufficio debba essere recuperato, sia nei casi contrari, essendo, come piรน volte specificato, la presenza nel luogo di lavoro il parametro al quale ancorare la retribuzioneโ.
Gli accertamenti: assenze arbitarie
Applicando tali principi alla vicenda in parola, dagli accertamenti effettuati โรจ emerso che il convenuto si assentava arbitrariamente dal suo ufficio durante lโorario di lavoro senza autorizzazione e senza alcuna giustificazioneโ, con lโeffetto che il collegio giudicante ha condiviso con la prospettazione della Procura attrice sulla โpiena consapevolezza dellโilliceitร del comportamento posto in essere, che dimostra lโintenzionalitร nello stesso, indubbiamente connotato da doloโ, in quanto la โreiterazione di siffatte forme di assenza e la totale inosservanza delle disposizioni destinate a regolare lโuscita dal luogo di lavoro non lasciano adito a dubbi sul fatto che il convenuto sia venuto meno, con coscienza e volontร , ai suoi precisi obblighi di servizio, allorchรฉ โ senza la prescritta autorizzazione e senza alcuna giustificazione โ si รจ assentato dallโufficio per i piรน vari motivi, non prestando di fatto lโattivitร lavorativa per lโorario contrattualmente definito, pur figurando formalmente in servizioโ.
Le ore di lavoro in eccesso non danno luogo a compensazione in caso di false attestazioni di presenza
Inoltre, ai giudici contabili non รจ apparsa rilevante, per escludere lโintegrazione del danno contestato, la circostanza che il prevenuto abbia svolto ore di lavoro in eccesso nelle medesime giornate nelle quali lo stesso si sia assentato ingiustificatamente, in quanto โnon รจ possibile operare alcuna compensazione tra le due tipologie di orario, senza considerare il fatto che, verosimilmente, lโinteressato ha utilizzato le ore in eccesso per ottenere altri istituti contrattuali (retribuzione per straordinari o recupero compensativo)โ, cosรฌ non condividendo la tesi difensiva volta a sostenere lโassenza di danno erariale alla stregua della considerazione che il convenuto aveva, nel medesimo periodo in contestazione, maturato unโeccedenza oraria, non potendo tale circostanza essere considerata quale attenuante al danno cagionato, in quanto non รจ possibile operare alcuna compensazione con i debiti orari derivanti da uscite non autorizzate e non dichiarate con timbratura.
Danno dโimmagine
Relativamente al danno allโimmagine la sentenza in disamina ha accertato lโintegrazione di tale voce, ponendosi nella scia della giurisprudenza contabile (cfr. sez. II Centrale, sentenze n. 140 e146 del 2020; Sez. Giurisdizionale Toscana, sentenza n. 267/2020), secondo cui โlโipotesi di danno allโimmagine nei confronti della pubblica amministrazione, derivante da false attestazioni della presenza in servizio, sia rimasta intatta e sopravviva alla sentenza della Corte costituzionale n. 61 del 2020โ, atteso che la Consulta, con tale pronuncia, aveva dichiarato lโillegittimitร costituzionale dellโultimo periodo del comma 3-quater dellโart. 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come introdotto dallโart. 1, primo comma, lett. b), del decreto legislativo 20 giugno 2016, n. 116, nonchรฉ, per ragioni di inscindibilitร funzionale, del secondo, terzo e quarto periodo del comma 3-quater dellโart. 55-quater del decreto legislativo n. 165 del 2001, per contrasto con lโart. 76 della Costituzione, ma ritenendo che tale dictum del Giudice delle leggi โnon abbia inciso sulla disposizione speciale recata dallโart. 55 quinquies, comma 2, dello stesso d.lgs. n. 165/2001, se non limitatamente allโultimo periodo, che rimandava al precedente art. 55-quater, comma terzo quater, ovvero sulle modalitร di stima e quantificazione del danno allโimmagineโ.
Inoltre, la sentenza in disamina ha ritenuto che per lโesercizio della relativa azione โsi prescinde dal presupposto della previa condanna in sede penale (cfr. Sezioni Riunite, ordinanza 6/2018/ORD/RCS del 12 giugno 2018)โ, disponendo, con riguardo alla quantificazione della posta in parola, che si proceda equitativamente, prevedendo altresรฌ la rivalutazione monetaria (dalla data di cessazione delle condotte lesive fino alla pubblicazione della sentenza) e gli interessi nella misura del saggio legale a far data da questโultima e fino allโeffettivo pagamento.
Il testo della sentenza
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Fonte: articolo del Dott. Marcello Lupoli – Dirigente Pa
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