Dalmine. Lo studio del movimento e la sua riproduzione, che evolvono fino ad un’imitazione il più possibile fedele alla realtà, vicino al confine tra naturale ed artificiale, sono i protagonisti di “Nel mondo animato”, documentario di Paolo Parmiggiani, presentato da Lab80 nella serata di mercoledì 9 ottobre alla Fondazione Dalmine, all’interno del calendario di eventi di BergamoScienza.
Uno studio del movimento che stimola, di conseguenza, uno sviluppo di forme tecnologiche e, parallelamente, artistiche. Paolo Parmiggiani, nel suo documentario (girato tra il 2015 e il 2020), descrive questa doppia esplorazione nella ricerca del movimento attraverso diverse variabili dell’animazione, intesa come facoltà che consente agli esseri umani di rappresentare ciò che è vivo o che sembra vivo.
Il regista, tra interviste e riprese dal vivo, conduce la propria ricerca attraverso mondi diversi, spaziando dai centri di ricerca fino al teatro e narrando l’impegno dell’uomo nella sperimentazione continua verso una sempre maggior comprensione del mondo, che dalla riproduzione e dall’imitazione cerca una propria evoluzione.
Il documentario inizia a partire da un’animazione artistica che imita in modo più preciso possibile i movimenti reali del corpo umano: si tratta delle marionette del teatro giapponese Bunraku, analizzato da Kanjuro Kiritake, del Bunraku Theatre di Osaka. Questo particolare tipo di teatro di marionetta si caratterizza per la complessità dei meccanismi utilizzati per ricreare i movimenti naturali del corpo, che, a loro volta, riescono ad esprimere esponenzialmente le singole emozioni dei personaggi, sempre legati alla narrazione.
Dall’espressione artistica si passa a quella robotica: si tratta di iCub, un robot con struttura umanoide che può replicare anche un processo di sviluppo cognitivo. Creato all’interno dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, il robot risponde alla domanda di Alan Turing “perché invece di costruire un sistema intelligente non costruiamo un sistema-bambino che impara a diventare intelligente?”. Uno sviluppo che possa amplificare le capacità di relazione del robot con il mondo circostante.
Da un’animazione nata dallo studio scientifico, che vuole intercettare il progresso, all’animazione che nasce da un’imitazione del reale per arrivare all’artificio che, a sua volta, rimanda e riconduce al reale. “L’arte riguarda l’artificio” spiega Barry Purves, burattinaio e regista che utilizza l’animazione in stop-motion per “raccontare ciò che non si può esprimere a parole”, portando in scena ed analizzando la propria realtà, con un’artificialità che crea linguaggi.
Il mondo animale viene invece preso a modello all’interno del gruppo di ricerca di Jean-Baptiste Mouret, dell’INRIA Grand est Research Center di Nancy, dove, proprio a partire dalla capacità di adattamento degli animali, è in corso uno studio per sviluppare un algoritmo di auto-compensazione per robot danneggiati. Un algoritmo che possa permettere ai robot adattativi di compensare eventuali danni alla propria struttura, per portare a termine la loro missione.
Una simbiosi tra studio del movimento e natura sono le “Srandbeest” di Theo Jansen, strutture cinetiche animate dal vento, costruite tramite tubi, che rappresentano una sorta di “proteina” per queste strutture. Strutture animate che ricordano, nei movimenti, quelli delle articolazioni degli animali, venendo però “alimentate” dal vento. “Animali che si estinguono”, ma che rendono in maniera efficace (e suggestiva) movimenti e funzioni degli arti del corpo.
Parmiggiani mostra esempi molto diversi tra loro, ma tutti estremamente particolareggiati ed affascinanti, in grado di rendere testimonianza delle capacità artistiche dell’uomo nello studio e nella riproposizione del movimento ed, allo stesso tempo, portare una riflessione sull’evoluzione dei robot, sempre più in grado di riproporre movimenti ed elementi vicini al mondo naturale, che portano il “mondo animato” in direzione di uno sviluppo tecnologico che corre veloce verso un futuro che risulta sempre più attuale.
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