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Credito al consumo nonostante i Tassi: il Business non perde terreno, tra Emotività e la solita AI – PLTV.it #finsubito prestito immediato


di Giuseppe Gaetano, editor in chief

ABI rileva che a settembre 2024 i prestiti a imprese e famiglie sono scesi dell’1,2% annuo, un nuovo rallentamento rispetto al calo registrato ad agosto sia dall’associazione bancaria (-2% di cui -3,5% corporate e -0,6% retail) che da Bankitalia (-1,5%).

I tassi di interesse medi sui nuovi finanziamenti alle aziende sono calati al 4,96% dal 5,13, per ABI però il mese scorso quelli sui mutui ipotecari hanno rosicchiato ancora qualche decimale scendendo al 3,33% dal 3,59 del mese precedente, quando secondo il bollettino di Via Nazionale avevano al contrario rialzato la testa collocandosi al 4,10%. In entrambi i report l’effetto dell’ultima sforbiciata della Bce deve ancora farsi sentire e i livellamenti sono imputabili piuttosto alla vivace competizione tra player: in comune c’è la registrazione del lento trend della ripresa del credito, sempre meno in territorio negativo.
D’estate la domanda è fisiologicamente più bassa ma i numeri continuano indubbiamente a riflettere una perdurante difficoltà o ritrosia nei confronti dell’accesso al credito, vuoi per carenza di liquidità vuoi per le stringenti condizioni imposte dalla vigilanza agli istituti. Ad ogni modo, mese dopo mese i rapporti segnano altri tasselli verso il pareggiamento dei conti coi volumi d’affari del 2023.

Secondo un’analisi di Mutui.it sui futures degli Euribor a 3 mesi, entro dicembre l’indice scenderebbe al 2,90% e al 2,07% a fine 2025, rilanciando dunque l’opzione variabile sul lungo termine, orizzonte temporale su cui andrebbe stimato correttamente il risparmio: non è detto infatti che il tasso fisso – oggi col miglior Tan al 2,71% (2,64 se “green” e 2,79 per la surroga), in base ai calcoli del comparatore web su un mutuo da 126.000 euro in 25 anni – scenda altrettanto, ristabilendo le proporzioni saltate con la stretta monetaria. A livello generale, gli analisti si aspettano una ripresa nei prossimi due anni del +1,7% e del +3% (appena sotto la media Ue, rispettivamente a +2,8% e +4,1%) mentre per il credito retail nel suo complesso le previsione è di un +2,4% nel 2025 4 e +2,7% nel 2026.
In attesa di apprendere se il prossimo 17 ottobre la Bce spunterà il costo del denaro di ulteriori 25 cent, secondo altri due comparatori – Facile.it e Prestiti.it – nei primi 9 mesi dell’anno i tassi sui prestiti personali avrebbero invece registrato già un -3% e, dal monitoraggio di 500mila domande online, come prima finalità risultano sempre i liquidi (32%) seguiti da acquisto di auto usate (18%) e consolidamento dei debiti (15%); 10.300 euro l’importo medio, spalmato in 5 anni. Tra i bisogni degli under 30 spiccano formazione e viaggi, all’opposto tra gli over 60 spese mediche e ristrutturazioni.

In realtà il credito al consumo italiano non ha mai conosciuto una vera crisi in questo periodo, sebbene abbia reagito molto meno dei mutui alla strada in discesa imboccata da Francoforte.
Gli interessi, infatti, stentano ad adeguarsi ai valori di riferimento: in base all’ultima indagine Fiba di First Cisl su numeri della Bce, nel secondo trimestre – mentre il complesso dei prestiti alle famiglie si riduceva dello 0,1% annuo – la quota destinata a finanziare il consumo cresceva dell’1,8% a 165,278 miliardi, nonostante il Taeg sulle nuove operazioni ad agosto abbia toccato il 10,5% contro la media Ue dell’8,55%, arrivando a rappresentare il 18,7% di tutti i prestiti richiesti a fronte dell’11,2% europeo. Il sindacato segnala, in particolare, “la continua crescita della cessione del quinto dello stipendio: dal 2011 a metà 2024 l’ammontare è pressoché raddoppiato, passando da poco più di 10 a oltre 18 mld“. L’interesse del mercato è alto: lo dimostrano, del resto, le recenti operazioni AmTrust-MetLife e AON-MethisLab.

Anche i dati Eurisc evidenziano che, nei primi 6 mesi dell’anno, la platea di italiani con almeno un contratto di credito rateale attivo si è allargata al 52,7%: probabilmente le scelte economiche dei consumatori non seguono sempre logiche razionali, ma sono influenzate da variabili emotive e sociali. Da un’indagine campionaria CRIF/SDA Bocconi/Assofin su oltre 1100 persone, presentata la settimana scorsa a “Tomorrow Speaks”, emergono 5 profili comportamentali che ricalcano grosso modo le 5 tipologie umane finanziarie tratteggiate dall’ultimo Edufin Index. Il 45% appartiene addirittura al gruppo dei “forti”, con solide conoscenze; seguono, ciascuno sopra il 10%: i “deboli”, finanziariamente fragili e con bassa competenza; i “vulnerabili”, fragili ma più consapevoli; i “timorosi”, con buona solidità patrimoniale ma avversi al rischio; i “dinamici” che utilizzano il credito come strumento di gestione del budget familiare e di compensazione tra entrate reddituali ed uscite di cassa.
Ebbene quasi la metà di chi non si rivolge di solito al finanziamento, si dichiara però disposto ad accenderlo in caso di bisogno di liquidità, mentre il 31,4% considera del tutto normale sottoscrivere un prestito oltre al mutuo. Tra quanti invece vi ricorrono abitualmente, c’è anche chi lo fa perché incline ad acquisti d’impulso.

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Dunque gli aspetti culturali, di genere e professionali influiscono sulla propensione verso il credito al consumo: se le donne sono mediamente più prudenti e concrete, privilegiando come finalità le “spese importanti” alla “comodità”, scontano però minori skill finanziarie di base, trovando i servizi più complicati da usare e capire rispetto agli uomini. Dalla ricerca emerge inoltre che aver “provato” il credito permette di liberarsi da una serie di paure e pregiudizi infondati, permettendo di affrontare il mondo dei finanziamenti con più maturità e razionalità. Ovviamente, conoscere gli eterogenee abitudini e atteggiamenti della clientela è tutt’altro che secondario per implementare l’approccio customer-centric degli intermediari: computare informazioni quantitative e qualitative, combinandole per profilare prospects e portafogli, è e sarà sempre più tra i compiti dell’Artificial Intelligence, accanto a riduzione dei costi e ottimizzazione delle risorse.
Specie quella “generativa” – efficientando la relazione con l’utenza – contribuirà secondo gli esperti a migliorare ricavi e marginalità, ad esempio reingegnerizzando i processi di delibera e integrandovi modelli linguistici capaci di aiutare la verifica del rispetto di ogni policy aziendale. Due casi concreti presentati da Crif all’evento sono l’applicazione sviluppata per la fase di istruttoria e origination dei finanziamenti alle imprese, che automatizza l’analisi di documenti aziendali come bilanci e perizie immobiliari, e il tool per i controlli di secondo livello nelle banche, attraverso una prevalutazione automatica che permette agli operatori di processare il 100% delle pratiche.

La flessione del business creditizio non è insomma omogenea su ogni linea di prodotto, e neanche a livello geografico: secondo altre ricerche, se il Nord si conferma al vertice delle quote di mercato dei mutui residenziali (con la Lombardia che rappresenta da sola il 26% con oltre 10 mld) ben 8 regioni equamente distribuite sullo Stivale – Lombardia, Friuli, Lazio, Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna e Puglia – segnano aumenti tra lo 0,2 e l’1% tra finanziamenti retail e corporate, con quest’ultimo comparto a trainare ovunque al ribasso una media che altrimenti sarebbe stata maggiore.
Chissà, forse certe differenze psicologiche e comportamentali nel rapporto col credito dipendono anche dalla cultura del tessuto regionale da cui si proviene, dalla “morfologia” sociologica di famiglie e imprese che lo compongono.

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