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Ora l’auto ha le ruote sgonfie #finsubito prestito immediato




«Il mercato dell’auto in Italia chiuderà il 2024 con circa 1,6 milioni di immatricolazioni (nel 2019 erano state 1.916.951), un livello assolutamente insufficiente per assicurare la regolare sostituzione di un parco circolante che, secondo gli ultimi dati, ha una consistenza di 40.915.229 autovetture. Ci sono in esercizio anche auto che, in tempi normali, sarebbero già state rottamate. Questo è un grave pregiudizio per la sicurezza stradale e per l’ambiente. Anche le prospettive non sono rosee. Secondo la nostra ultima indagine tra i concessionari, il 42% dichiara alti livelli di giacenze di auto nuove invendute. Inoltre l’affluenza negli show room di potenziali acquirenti in settembre è stata bassa per il 70% dei concessionari. Nell’Unione Europea la situazione è sostanzialmente analoga. Le immatricolazioni stanno viaggiando al di sotto dei livelli precedenti la pandemia di circa il 20% e non si vede come, in tempi ragionevolmente brevi, si possa ritornare agli standard ante-crisi».

Gian Primo Quagliano, docente all’università di Bologna, ha fondato (nel 1976) e presiede Promotor, principale centro italiano di studi sul mercato dell’auto.

Domanda. In questa difficile situazione del mercato ci sono polemiche attorno a Stellantis. Quali sono le sue colpe?

Risposta. Le colpe della situazione che si è creta non sono né di Stellantis né delle altre case automobilistiche bensì dell’Unione europea che ha voluto imporre una transizione energetica basata su criteri ideologici e non razionali, determinando gravissime difficoltà per tutte le industrie automobilistiche e aprendo la strada ad una forte penetrazione delle auto cinesi nei nostri mercati. La conclusione è stata la creazione di notevoli remore per che intende acquistare una nuova auto o sostituire quella che ha, anche con listini fortemente aumentati a causa del contesto confuso.

D. Qual è la classifica dei brand?

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Finanziamenti Bed & Breakfasts

R. Nel periodo gennaio-agosto 2024 la Fiat ha immatricolato 110.595 auto, seguita da Toyota (82.148), Volkswagen (79.625), Dacia (66.667), Renault (58.624), Peugeot (53.796), Audi (48.461).

D. Che fine farà l’industria italiana dell’auto?

R. L’Italia ormai è leader soltanto nel settore delle supercar e ci sono tutti i presupposti perché resti leader in questo settore anche perché i ricchi non piangono. Per il resto abbiamo una gloriosa tradizione ma i numeri purtroppo non sono più quelli di una volta. Abbiamo ancora però un’industria della componentistica molto forte, che occorrerebbe tutelare meglio.

D. In che modo il governo dovrebbe intervenire per aiutare il settore?

R. La cosa più importante che il governo dovrebbe fare è farsi sentire efficacemente a Bruxelles e dintorni, non solo per ridefinire il calendario della transizione verso l’auto elettrica, ma perché si adottino provvedimenti coerenti con quello che si fa nel resto del mondo dove talvolta vi sono incentivi per l’auto elettrica ma nessuno ha mai pensato di imporre questa soluzione a tutti.

D. Quindi l’Europa dovrebbe modificare la sua politica green rispetto alla mobilità?

R. Con la normativa attuale, immane è lo sforzo che viene imposto per la transizione energetica al settore dell’auto, all’economia e ai cittadini e il risultato, se anche l’obiettivo verrà raggiunto, sarà modesto. Infatti se nella Ue si arrivasse ad un parco auto circolante totalmente elettrico, e questo potrebbe accadere non prima del 2050, le emissioni di Co2 diminuirebbero del 3,3%. E a ciò si aggiunge che la Co2 è soltanto uno dei gas serra. Ve ne sono molti altri. Dal vapore acqueo al metano, dagli alocarburi (una famiglia di composti organici che contengono uno o più atomi di alogeni, cioè fluoro, cloro, bromo, iodio) al protossido di azoto e ad altri tra cui l’ozono, quello del famoso buco che è scomparso dagli schermi per lasciare spazio alla Co2.

D. Lei quindi è contrario all’auto elettrica?

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R. Assolutamente no. L’auto elettrica è un’eccellente soluzione e bisogna continuare a proporla e a sostenerla, ma non è una soluzione per tutti e per ogni situazione. E quindi non la si può imporre a tutti.

D. Però l’auto elettrica è in crisi.

R. I dati ufficiali di agosto sono allarmanti. Nell’Ue si è registrato un calo di acquisti di auto elettriche del 43,9%, in Germania addirittura del 68,8%, in Italia del 40,9% in Francia del 33,1%, in Spagna del 24,8%. Dovrebbe suonare un campanello d’allarme per l’Europa.

D. È positivo cercare di convincere i gruppi cinesi a realizzare stabilimenti in Italia?

R. Perché no? Ieri ci potevano essere dubbi. Nella situazione attuale non vedo controindicazioni. Se vengono a creare occupazione e ricchezza in Italia vanno incoraggiati.

D. Quanto spendono gli italiani per usare l’auto?

R. Lo scorso anno per l’acquisto di benzina e gasolio per auto sono stati spesi in Italia 70,9 miliardi di euro con un lieve calo (-0,3%) rispetto al massimo storico del 2022 (71,1 miliardi). Di questa spesa totale di 70,9 miliardi, 38,1 miliardi sono la componente fiscale, cioè sono affluiti nelle case dello Stato per le accise e per l’Iva sulle accise e sul costo industriale. Alla produzione e alla distribuzione sono invece affluiti 32,8 miliardi. Rispetto al 2022 vi è stato un incremento del 22,7% per la componente fiscale e un calo del 18,1% per la componente industriale. L’incremento della componente fiscale è dovuto in parte al venire meno delle agevolazioni concesse nel 2022. Con l’introduzione di nuove accise sul gasolio previste nella Legge di Bilancio l’introito fiscale è destinato ovviamente a crescere. Quindi gli italiani vanno in auto e questo aiuta i conti pubblici. In Italia l’indice di motorizzazione cioè il rapporto fra vetture circolanti ed abitanti è pari a 0,69, il che significa che per ogni 100 abitanti vi sono 69 autovetture circolanti. Questo valore è attribuibile al fatto che in Italia il ricorso all’automobile come strumento di mobilità è molto elevato per una serie di ragioni: la conformazione del territorio, la densità della popolazione e la sua dispersione sul territorio, a cui si aggiungono le carenze del trasporto pubblico. Tutte le statistiche concordano che l’auto resta il mezzo di trasporto più gradito dagli italiani e di questo il fisco ne approfitta.



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