I lavoratori polesani in pensiero per la crisi della Berco. A raccontare della situazione all’interno dell’azienda è Roberto Girotto, 44 anni e residente a Polesella, che dal 2002 lavora alla Berco e alle ultime elezioni sindacali che si sono svolte lo scorso giugno è stato il più votato ottenendo oltre 120 preferenze come Rsu e circa 130 come rappresentante dei lavoratori per la salute e la sicurezza. “La situazione è pesantissima – spiega il rappresentante sindacale – si parla di 480 posti di lavoro a rischio e taglio della parte economica del contratto aziendale che vuol dire almeno il 40% in meno di retribuzione. La preoccupazione è alta perché, come al solito, i problemi delle grandi multinazionali sono sempre scaricati sui lavoratori. Il territorio ferrarese e polesano sono territori desertificati a livello lavorativo tante aziende sono in crisi e se si dovesse arrivare ai licenziamenti, sarebbe un problema sociale grave perché sarebbe difficile redistribuire i lavoratori sul territorio”.
Sono circa 400 i lavoratori polesani impiegati nell’azienda ferrarese che, per vicinanza ai due ponti che attraversano il grande fiume, hanno deciso di lavorare come pendolari nell’azienda di Copparo. Circa un centinaio sono cittadini di Polesella, una trentina a Canaro e i rimanenti abitano a Guarda Veneta, Crespino, Pontecchio, Occhiobello e Stienta.
“Le grandi multinazionali – incalza Girotto – continuano ad usare gli ammortizzatori sociali in maniera sbagliata e non utilizzarli quando necessario come lavoratori della Berco abbiamo ancore almeno 13 mesi di contratti di solidarietà da poter utilizzare e provare ad uscire dalla crisi. Il 5 novembre prossimo siamo stati convocati dal ministro Usro a Roma al Ministero delle Imprese e del Made in Italy e, nel frattempo, abbiamo dichiarato lo stato di agitazione con scioperi con presidio”.
Fra i dipendenti Berco, anche Marco, 50 anni, originario di Polesella ma residente a Villamarzana: “Mio padre e mio zio sono andati in pensione dopo aver lavorato 35 anni in Berco – racconta – io ci lavoro da 27: questa crisi era prevista da tempo. Sono almeno 15 anni che ogni tanto assistiamo a dei tagli per arrivare all’obiettivo di scendere sotto i 1000 dipendenti. Alcuni anni fa giravano per l’azienda cinesi e indiani per fotografare quello che stavamo facendo e oggi sappiamo che l’azienda ha portato la produzione all’estero proprio in quei Paesi dove la manodopera costa meno. Tutto il settore metalmeccanico è in crisi perché è l’Italia che non funziona. In tanti anni ne ho viste di crisi ma questa è indubbiamente la più grossa frutto di una mancata innovazione e di strategie sbagliate. Speriamo solo che abbiano un piano per poter continuare e che non si tratti, per chi resterà, di un ulteriore calvario per arrivare alla chiusura dell’azienda”.
E proprio sulla difficoltà a continuare la produzione si sofferma anche Michele, polesellano che lavora nell’azienda ferrarese dall’ottobre del 2004. “Dopo vent’anni mi trovo con questa bella sorpresa – dice senza nascondere la delusione – Siamo arrivati ad una crisi che ci aspettavamo perché sono almeno 10 anni che ogni tanto procedono con dei tagli che ogni volta sono sempre stati più drastici. Questo, però, è davvero drammatico. Eravamo in 2200 dipendenti e, dopo i prossimi tagli annunciati, arriveremo a 700 dipendenti, un numero insufficiente per far rimanere in piedi l’azienda che non ha futuro. Speriamo che la politica riesca a fare qualcosa altrimenti sarà un disastro per il nostro territorio”.
Sulla stessa linea anche Simone, 48 anni, residente a Canaro, in Berco dal ’98: “C’è molta preoccupazione perché dire che è in crisi la Berco sarebbe solo minimizzare il problema – spiega – è l’intero settore metalmeccanico in generale ad essere in forte crisi. Questi grossi imprenditori non sono più legati al territorio ma pensano solo ed esclusivamente al profitto. Sono macchine da soldi e costa troppo fare impresa in Europa. Sotto gli 800 dipendenti è dimostrato che la nostra azienda non può funzionare e si rischia di arrivare alla chiusura. Noi comunque continueremo a lottare e ci fidiamo dei nostri sindacati che stanno lavorando per noi continueremo con scioperi e presidi ma sappiamo bene che questo è il momento peggiore per la lotta. Cerchiamo di giocarcela giorno per giorno”.
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