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Siamo da Recovery: il report della Corte dei Conti Europea sul Pnrr #finsubito prestito immediato


Davide Sabbadin
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Ma i famosi 728 miliardi di euro del Recovery Plan, che dovevano essere iniettati nelle economie europee, rilanciare l’economia del continente e allo stesso tempo raggiungere gli obiettivi del green deal, come sono stati spesi fino ad oggi? Questi obiettivi ambientali e climatici, sono stati raggiunti o quantomeno avvicinati?

È questa la domanda che si è posta la Corte dei Conti Europea, che ha recentemente pubblicato un report a proposito.

Il fondo, va ricordato, fu il più grande investimento pubblico dai tempi del dopoguerra. Il più grande sicuramente di questo secolo: prevedeva un esborso di 338 miliardi a fondo perduto, e di 386 miliardi di crediti agevolati. Il Recovery plan, il cui nome vero e proprio è Recovery and Resilience Fund ed era la parte principale del piano #NextGenerationEU, non è stato utilizzato integralmente. Ad oggi sono stati erogati 648 miliardi, perché solo 291 miliardi sono stati presi a debito a tasso agevolato. In compenso la quota erogata a fondo perduto è cresciuta di 19 miliardi rispetto al previsto.

I soldi vanno spesi per investimenti realizzati entro il 2026 (è il caso per esempio del sistema tranviario in costruzione a Padova), non è molto probabile che i rimanenti fondi vengano richiesti nei prossimi anni, perché i tempi materiali per istruire i progetti, appaltarli e realizzarli non ci sarebbero. Vale anche la pena di ricordare che la parte del leone nell’assegnazione di quei fondi la fece proprio l’Italia, con il suo PNRR.

Per ultimo, va aggiunto che si è trattato del primo e finora unico caso in cui la UE ha fatto ricorso ad un debito pubblico comune, emesso cioè in maniera collettiva, vincendo le resistenze dei falchi al governo nei paesi più “virtuosi” (Olanda e Germania in primo luogo). Con l’attuale panorama politico in quei paesi e nel resto d’Europa, in pochi a Bruxelles oggi immaginano che questo tipo di investimento – invocato anche da fior di liberisti come Mario Draghi nel suo recente rapporto sul futuro della UE – possa ripetersi.

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E quindi, che ci dice la Corte dei Conti Europea su come li abbiamo spesi fino ad oggi?

Le notizie non sono buonissime: in teoria ogni misura nei piani nazionali dovrebbe essere abbinata ad una milestone, ovvero un obiettivo raggiunto e avere una valutazione sia qualitativa che quantitativa. È sulla base di queste valutazioni sul raggiungimento degli obiettivi intermedi che la Commissione europea stacca l’assegno per le tranches biannuali di pagamento. 

Le varie misure poi, dovevano avere un coefficiente di contribuzione alla lotta climatica, ma questo contributo spesso è vago o quantomeno discutibile e in alcuni casi non è nemmeno contemplato.

Ci sono soprattutto molte incongruenze, dice la Corte, nell’implementazione delle misure che a volte sembrano in contrasto tra di loro e mancano di coerenza: tenere traccia dei contributi ambientali non è semplice e spesso i coefficienti che vengono applicati per definirne il valore climatico sono poco credibili e portano a risultati gonfiati.

Per ultimo, il rapporto sottolinea che i risultati ambientali e climatici spesso sono slegati dai costi e dagli altri risultati, rendendo molto più difficile calcolare, in buona sostanza, per ogni investimento “se ne valeva la pena”.

In conclusione, dice la Corte, il contributo del Recovery Fund cosi come lo hanno portato avanti i paesi membri agli obiettivi climatici è da mettere seriamente in dubbio. Considerando che l’Italia voleva infilarci anche il nuovo stadio di Firenze, diciamo che la notizia in sé non stupisce più di tanto, ahinoi.

Il rapporto si può scaricare (in inglese, ma tanto ci aiutano le IA ) qui.



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