Stanato dalla polizia a Pignataro Maggiore, deve scontare una condanna definitiva a nove anni e 4 mesi per un tentato omicidio commesso nel 2001
Arrestato a Pignataro Maggiore il boss dei Casalesi Salvatore Orabona. Il 52enne noto come «Cuglitiello», è stato raggiunto da un ordine di esecuzione eseguito dalla polizia di Caserta, a seguito di condanna con sentenza passata in giudicato a 9 anni e 4 mesi reclusione per il tentato omicidio, aggravato dal metodo mafioso, commesso il 20 luglio 2001, ad Aversa, ai danni di un appartenente allo stesso gruppo criminale. Il 52enne si trovava in un casolare di campagna, insieme a due cani di grossa taglia. Quando la polizia ha circondato la struttura, Orabona ha tentato una fuga disperata, ma è stato presto bloccato e ammanettato.
L’agguato del 2001 fu commesso a colpi d’arma da fuoco, con il supporto logistico di Orabona. Il movente del raid era riconducibile al fatto che la vittima faceva parte di un autonomo gruppo criminale che si era costituito senza alcuna autorizzazione da parte del clan dei Casalesi. I componenti del nuovo gruppo avevano iniziato a chiedere estorsioni nella zona di Aversa, senza versare i proventi nella cassa comune del clan.
Quello di «Cuglitiello» è un nome pesante nello scenario malavitoso del Casertano. Il 52enne ha iniziato la carriera criminale come di un elemento di spicco del clan e rappresentante del clan sul territorio di Trentola Ducenta, attualmente condannato all’ergastolo. Successivamente, Orabona ha assunto un ruolo di primo piano nei Casalesi, e nel corso del tempo, è stato indagato per associazione di stampo camorristico, estorsione, ricettazione, riciclaggio, associazione per delinquere finalizzata al falso, appropriazione indebita, truffa e omicidio.
Nel 2016 Orabona, da libero, aveva intrapreso un percorso di collaborazione con la giustizia svelando i segreti del clan Casalesi. La collaborazione è terminata nel 2021, con la revoca del programma di protezione a seguito di gravi violazioni.
Nel 2008 riuscì a scampare ad un commando del boss dell’ala stragista dei Casalesi Giuseppe Setola, che voleva la sua morte. Setola in persona, insieme a con cinque persone si recò fuori la sua abitazione e sparò ben 120 colpi di kalashnikov. Il raid fu «ascoltato» in diretta grazie alle cimici piazzate in una delle auto dagli inquirenti che erano sulle tracce di Setola. «Li dobbiamo uccidere, hai capito? Una botta in faccia», l’ordine del sanguinario boss, cui seguono risate, spari, voci che intonavano canzoni neomelodiche, ed ancora spari.
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