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Con il solo deposito della domanda di sovraindebitamento il debitore esecutato non ottiene la sospensione della procedura esecutiva #finsubito prestito immediato


Il debitore esecutato non acquista un vero e proprio diritto di ottenere (si presume, dal giudice dell’esecuzione) la sospensione della procedura esecutiva semplicemente con il deposito della domanda di accesso alla procedura di sovraindebitamento, atteso che tale ipotesi è da escludersi alla luce delle disposizioni di legge e della tipicità delle cause di sospensione del processo esecutivo.

Qualora a carico del debitore – proponente un accordo di composizione della crisi, ai sensi degli artt. 6 e ss. della legge (qui n. 3 2012) – siano pendenti una o più procedure esecutive individuali, il giudice delegato alla procedura concorsuale, ove ne ricorrano i presupposti, col decreto di apertura della stessa ex art. 10, comma 2, lett. c), l. cit., può solo pronunciare il divieto di iniziare o proseguire le azioni esecutive, fino alla definitiva omologazione dell’accordo, ma non anche adottare provvedimenti direttamente incidenti sulle procedure stesse, riservati esclusivamente al giudice delle singole esecuzioni (oppure al giudice delle eventuali opposizioni esecutive proposte).

Da tanto consegue che solo dopo l’esplicito provvedimento in tal senso da parte del giudice della procedura di sovraindebitamento potrà insorgere il potere-dovere del giudice dell’esecuzione iniziata o, a determinate condizioni, del giudice dell’opposizione a quella meramente minacciata (come nel caso della contestazione fin dalla notifica del solo precetto) di conformarvisi, ricorrendone i presupposti: con l’ulteriore corollario che il mero avvio di quella procedura non sortisce alcun effetto sospensivo di alcunché.

E’ quanto ha stabilito la Corte di cassazione, Sezione 3 Civile, con l’ordinanza del 8 ottobre 2024, n. 26300, mediante la quale ha rigettato il ricorso, poiché inammissibile, e dato conferma alla decisione impugnata resa dal Tribunale di Pavia, con sentenza n. 186 del 2022, quale giudice d’appello.

La vicenda

Mevia Pompeo e il coniuge Mirco Sallustio (deceduto dopo le fasi di merito), affermando di avere avviato una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento ai sensi della legge n. 3 del 2012, poiché in data 18/10/2019 avevano chiesto all’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Pavia la nomina di un professionista per la procedura di sovraindebitamento, che venne individuato (e la cui indicazione nominativa non è qui necessaria), chiesero, dopo aver ricevuto l’atto di precetto per un decreto ingiuntivo, non opposto, per oneri condominiali, la sospensione dell’esecuzione.

L’istanza di sospensione dell’esecuzione venne rigettata e i coniugi Pompeo-Sallustio proposero opposizione all’esecuzione, rigettata, nel contraddittorio con il Supercondominio Beta, dal Giudice di pace di Abbiategrasso.

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Avendo gli stessi interposto appello appello, il Tribunale di Pavia, con sentenza n. 186 del 2022, ha rigettato l’impugnazione.

Per la cassazione della decisione d’appello Mevia Pompeo ha proposto ricorso con un unico motivo.

Il motivo di ricorso

Con l’unico motivo parte ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 615, 295, 480 cod. proc. civ. e della legge n. 3 del 2012 e di omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. quanto alla motivazione apparente, perplessa e incomprensibile sul punto della possibilità di sospensione dell’esecutività.

La decisione in sintesi

La Corte di cassazione, con la citata ordinanza n. 26300 del 2024, ha ritenuto il motivo inammissibile e ha rigettato il ricorso così confermando al decisione impugnata.

La motivazione

A dire del Collegio il motivo è stato giudicato inammissibile, poiché esso si è limitato a contestare apoditticamente, senza alcuna critica ragionata, il percorso argomentativo del giudice di merito dove questo afferma che «il giudice designato per la procedura di sovraindebitamento ad essere investito del potere di disporre con decreto il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali (ove si tratti di “accordo di composizione della crisi” ex art. 10 comma 2° lett. c) oppure la sospensione delle eventuali procedure esecutive (ove si tratti di “piano del consumatore” ex art. 12 bis comma 2°, con l’ulteriore precisazione che, in questo secondo caso, tale provvedimento è emesso qualora lo stesso giudice ritenga che la prosecuzione della procedura esecutiva possa “pregiudicare la fattibilità del piano”).

Se il giudice dell’esecuzione adottasse i suddetti provvedimenti senza essere investito del relativo potere, porrebbe in essere atti illegittimi, per non dire abnormi.

Ove poi lo stesso g.e. dovesse ritenere, il difetto del decreto di cui sopra e nelle more della procedura di sovraindebitamento, di differire alcuni incombenti per mere ragioni di opportunità, nulla toglierebbe al fatto che l’azione esecutiva, fino a quando non intervengono i suddetti provvedimenti, può e deve proseguire per giungere utilmente a conclusione, senza che il debitore esecutato abbia il diritto di opporvisi.

L’ipotesi, formulata dagli appellanti, che il debitore esecutato acquisti un vero e proprio diritto di ottenere (si presume, dal giudice dell’esecuzione) la sospensione della procedura esecutiva semplicemente con il deposito della domanda di accesso alla procedura di sovraindebitamento, oltre che poco plausibile, è da escludersi alla luce delle menzionate disposizioni di legge e della tipicità delle cause di sospensione del processo esecutivo».

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Il Collegio, in conclusione, ha ribadito l’affermazione decisoria già resa dalla Corte (Corte di cassazione, n. 22715 del 26/07/2023) secondo la quale: «i rapporti tra giudice dell’esecuzione individuale e giudice del sovraindebitamento ex l. n. 3 del 2012 (applicabile “ratione temporis”), per l’ipotesi di contemporanea pendenza di procedure a carico del medesimo debitore, sono improntati a piena equiordinazione, per quanto i rispettivi poteri debbano necessariamente coordinarsi, nel rispetto delle specifiche disposizioni normative e delle corrispondenti funzioni e prerogative di ciascun giudice.

Pertanto, qualora a carico del debitore – proponente un accordo di composizione della crisi, ai sensi degli artt. 6 e ss. della citata legge – siano pendenti una o più procedure esecutive individuali, il giudice delegato alla procedura concorsuale, ove ne ricorrano i presupposti, col decreto di apertura della stessa ex art. 10, comma 2, lett. c), l. cit., può solo pronunciare il divieto di iniziare o proseguire le azioni esecutive, fino alla definitiva omologazione dell’accordo, ma non anche adottare provvedimenti direttamente incidenti sulle procedure stesse, riservati esclusivamente al giudice delle singole esecuzioni (oppure al giudice delle eventuali opposizioni esecutive proposte)».

Da tanto consegue che solo dopo l’esplicito provvedimento in tal senso da parte del giudice della procedura di sovraindebitamento potrà insorgere il potere-dovere del giudice dell’esecuzione iniziata o, a determinate condizioni, del giudice dell’opposizione a quella meramente minacciata (come nel caso della contestazione fin dalla notifica del solo precetto) di conformarvisi, ricorrendone i presupposti: con l’ulteriore corollario che il mero avvio di quella procedura non sortisce alcun effetto sospensivo di alcunché.

Ecco il link alla decisione: Corte di cassazione, Sezione 3 Civile, ordinanza del 8 ottobre 2024, n. 26300



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