La Commissione europea ha approvato in via definitiva i dazi sulle importazioni di auto dalla Cina. Oppure, come nel caso di Tesla, per auto prodotte negli stabilimenti cinesi. Le tariffe aggiuntive vanno dal 7,8 a 35,3 per cento. I dazi entrano in vigore dal 31 ottobre. Anche se Bruxelles ha annunciato che continuerà a trattare con il governo di Pechino.
Dopo un iter durato quasi un anno, i dazi sono “legge” europea. Chi vuole acquistare un’auto elettrica cinese, vedrà il prezzo di listino lievitare a causa di una “barriera” economica all’ingresso. Bruxelles ha confermato in via definitiva la decisione presa il 4 luglio scorso, a chiusura dell’indagine per “dumping”.
Dazi auto: colpita anche Tesla, con una tariffa del 7,8%
L’accusa rivolta a Pechino è quella di aver concesso prestiti di favore e benefici fiscali per consentire alle sue case automobilistiche di offrire prezzi più bassi ai consumatori. E conquistare quote di mercato. Nel dettaglio, il gruppo Byd sarà soggetto a dazi aggiuntivi per il 17%; Geely per il 18,8% e Saic per il 35,3%. La differenza si spiega con il diverso livello di collaborazione alle indagini dei funzionari Ue.
Coinvolti anche i modelli Tesla, se prodotti in Cina. La casa americana ha chiesto e ottenuto un confronto separato con i tecnici della Commissione Ue. E gli è stato assegnato un dazio del 7,8%. Tutte le altre società non collaboranti saranno soggette a un dazio del 35,3%.
Ma l’impressione degli addetti ai lavori è che i dazi sulle auto made in China sono arrivati troppo tardi. E ora non sarà facile per case automobilistiche europee opporsi all’invasione dalla Cina. Anche con i dazi aggiuntivi, i prezzi di BYD&company sono competitivi. Inoltre, i cinesi hanno una gamma di auto di dimensioni più piccole che gli europei hanno “colpevolmente” trascurato.
Le case europee hanno puntato su modelli troppo costosi: così i dazi sulle auto cinesi sono arrivati troppo tardi
Così, come dimostrano, gli ultimi dati di vendita, le case europee si sono ritrovati i piazzali pieni di modello molto costosi, in un momento economico poco favorevole. Vuoi per il rallentamento dell’economia, a causa dei conflitti nell’est Europa e in Medio Oriente. E per un calo dei consumi successivo alla fiammata che ha seguito la fine dei lockdown in seguito all’epidemia di Covid.
Il parere dei commentatori è unanime. Il Financial Times ha intitolato un suo approfondimento sul tema “Perché la crisi automobilistica europea è in gran parte prodotta in Cina“. Il Guardian ha ricordato il parere di alcune case automobilistiche secondo cui i dazi avranno “un effetto cannibale su un settore che un tempo era l’invidia del mondo, accelerando la chiusura di stabilimenti in paesi come la Germania“.
WV per la prima volta chiude fabbriche in Germania
Per spiegare la cannibalizzazione ci sono almeno due esempi. Da un lato le case cinesi stanno aggirando i dazi, progettando di costruire auto direttamente negli stabilimenti in Europa. E sceglieranno Paesi dove il costo del lavoro è più basso. Oppure dove i governi apriranno loro le porte come sta avvenendo con Italia, così come ha annunciato dal ministro per le imprese Adolfo Urso.
L’altro esempio porta alla “ritorsione” minacciata da Pechino. Il governo della Cina vuole a sua volta imporre dazi sui prodotti europei. Prodotti agricoli come formaggi e carne di maiale (accusando la Ue di finanziare a fondo perduto il settore), ma anche sulle vetture di lusso importate.
In entrambi i casi, la case europee saranno costrette a prendere provvedimenti. Anche dolorosi per l’occupazione, come dimostra il recente annunci di Volkswagen che per la prima volta nella sua storia potrebbe chiudere stabilimenti in Germania.
“La Ue è un campione del commercio aperto”
Il vice presidente della Commissione europea con delega al Commercio, Valdis Dombrovskis ha difeso il provvedimento. “L’Ue rimane il campione mondiale del commercio aperto, equo e basato sulle regole. Accogliamo con favore la concorrenza, anche nel settore dei veicoli elettrici. Ma deve essere sostenuta da equità e parità di condizioni“.
Dombrovskis, ha comunque tenuto la porta aperta al dialogo con Pechino. “Adottando queste misure dopo un’indagine rigorosa, stiamo difendendo pratiche di mercato eque e la base industriale europea. Parallelamente, rimaniamo aperti a una possibile soluzione alternativa“.
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