L’Italia è spaccata, in maniera anche abbastanza netta, sull’Irpef, con il 15% dei contribuenti che paga, da solo, il 63,4% delle imposte. È questo il caso dei contribuenti che nel nostro Paese dichiarano almeno 35mila euro (il 15,27% del totale), mentre chi ha o dichiara redditi inferiori a 15mila euro (il 40,35% del totale) contribuisce all’Irpef complessiva nella misura dell’1,29%. Questi dati sono stati elaborati e commentati nel Report di Itinerari previdenziali sulla spesa pubblica e le dichiarazioni dei redditi 2022 realizzato dal Centro Studi e Ricerche presieduto da Alberto Brambilla e presentato alla Camera in data 29 ottobre 2024.
Chi paga di più in Italia e riceve meno
L’evidente squilibrio presentato dal Report rappresenta un problema non trascurabile per l’intero sistema fiscale italiano, visto che, come si legge nel testo, “il 75,80% dei contribuenti dichiara redditi da zero fino a 29mila euro, corrispondendo solo il 24,43% di tutta l’Irpef, un’imposta neppure sufficiente a coprire la spesa sanitaria”. E ancora: “Chi guadagna dai 55mila euro in su (circa il 5% del totale) si fa carico da solo di circa il 42% del gettito fiscale e non riceve nulla in cambio. Su una popolazione di 59.030.133 cittadini residenti sono 42.026.960 quanti hanno presentato una dichiarazione dei redditi nel 2023. A versare almeno un euro di Irpef è stata poco più della metà degli italiani”.
Il quadro descritto sarebbe inoltre in peggioramento con la nuova Manovra, visto che, secondo Stefano Cuzzilla, presidente Cida e sostenitore della ricerca, “il taglio ai massimali delle detrazioni a partire dai 75mila euro che, di fatto, rappresentano un aumento di tassazione per chi contribuisce di più. Si trasmette così un messaggio allarmante: che in Italia non conviene eccellere, produrre o innovare. Conviene, invece, evadere e occultare”.
Chi benefici delle imposte senza pagarle
Così come sottolineato dall’Osservatorio itinerari previdenziali, quasi la totalità delle imposte dirette, 86,33% pari a circa 278 miliardi, va con l’attuale sistema principalmente a beneficio delle prime tre fasce di reddito entro i 20mila euro (circa il 53,19% degli italiani) e in parte a chi dichiara tra il 20 e i 29mila euro (22,61% dei cittadini). Viene da sé che chi paga più imposte, cioè le fasce di reddito più elevate, non beneficia dei servizi che esso stesso ha contribuito a finanziare.
Se si guarda alla sola spesa sanitaria, chi ha redditi fino a 15mila euro gode di una differenza tra l’Irpef versata e il costo della sanità pari a 50 miliardi. Tale valore sale a 57,8 miliardi se si sommano i redditi da 15 a 20 mila euro.
“Un costante trasferimento di ricchezza, sotto forma di servizi gratuiti di cui quest’enorme platea di beneficiari non si rende neppure conto – ha detto il presidente del Centro Studi e Ricerche Alberto Brambilla – anche a causa delle ripetute promesse di nuove elargizioni da parte della politica, cui fa da contraltare la continua minaccia di abolizione delle tax expenditures per i redditi più alti”. Proprio quest’ultimi, secondo Brambilla, “scontano l’italico paradosso secondo il quale più tasse si pagano e meno servizi si ricevono (e viceversa)”. Ne deriva che, attualmente, l’intero sistema di welfare italiano è sulle spalle di 6 milioni di contribuenti.
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