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parla Manetti (Camera commercio FIrenze) T24 #finsubito prestito immediato


“La Camera di commercio di Firenze effettua tantissimi servizi in gran parte gratuiti, ma la maggior parte delle imprese non lo sa”. Se ne cruccia non poco il suo presidente Massimo Manetti, che infatti per il futuro promette di “comunicare in modo diverso”, e anzi la Camera ha già cominciato a farlo, con un tour fra le aziende al venerdì. “Dobbiamo renderci conto realmente di quali bisogno hanno le nostre aziende sul territorio”, sottolinea Manetti, 62 anni, dallo scorso luglio presidente dell’ente camerale. Un’elezione un po’ a sorpresa, figlia della saldatura fra le associazioni delle Pmi che hanno detto no a un terzo mandato per Leonardo Bassilichi. Ma dopo le tensioni di luglio, oggi prevale il fair play. “Ho trovato una Camera in buonissimo stato – dice Manetti -, e di questo ringrazio il presidente Bassilichi che ha lavorato bene. All’interno abbiamo delle eccellenze che sostengono le imprese a 360 gradi, e quello mi fa molto piacere, perché quindi non si parte da zero, ma anzi si prosegue su un lavoro già svolto molto bene”.

Quale ruolo vede per la Camera di commercio nel suo mandato da presidente?

“La Camera di commercio è il centro del sostegno delle imprese per la città di Firenze, e a Firenze quest’anno sono cambiate altre due figure importanti: il sindaco con Sara Funaro, e la Fondazione Crf con Bernabò Bocca. C’è uno stimolo a fare meglio, a fare qualcosa in più, e questo l’ho riscontrato anche nei miei colleghi Funaro e Bocca. Fare sinergia è sempre una cosa che fa migliorare tutti, e vedo impegno da parte di tutti”.

Quali ritiene siano le sfide principali per la città?

“E’ chiaro che Firenze ha bisogno di affrontare soprattutto determinati temi: mi riferisco alla sicurezza, al turismo, alle infrastrutture, temi importantissimi che dobbiamo affrontare, e alcuni di essi riguardano anche la Camera di commercio. La sicurezza riguarda soprattutto le forze dell’ordine, però ognuno può dare un contributo per migliorare determinati aspetti”.

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“Anche in relazione alle continue spaccate, abbiamo rinnovato un bando per la messa in sicurezza dei negozi: non è che uno debba aspettare di avere la vetrina rotta o aver subìto dei danni. Abbiamo questo bando, contributi del 50% a fondo perduto fino a un massimale di 5mila euro con i quali un imprenditore può cambiare la vetrina, la saracinesca, l’antifurto, la videosorveglianza”.

Vede anche lei un peggioramento delle condizioni di sicurezza in città?

“Da fiorentino Doc mi ricordo di quando dormivamo con la porta aperta, quindi percepiamo in modo molto netto questa mancanza di sicurezza. Però se guardiamo le altre metropoli sono messe peggio di noi. Questo non vuol dire che non si debba fare niente: infatti la sindaca e la prefetto si stanno dando da fare in questo senso. Ma oggi la certezza della pena non c’è; la stessa polizia, se deve fermare una persona, deve stare attenta a come la ferma, perché se no magari ci rimettono loro, e questo rende più difficile il lavoro delle forze dell’ordine sul territorio. Mi guardo bene dal far politica, ma è dai tempi dei tempi che si dice che le leggi dovrebbero essere cambiate, e poi ci troviamo ancora in questa situazione”.

Quindi cosa bisogna fare?

“Le forze dell’ordine sono tarate sul numero degli abitanti: ma quando arrivano i turisti invece di 330mila siamo un milione di persone, e questa è una difficoltà assoluta in termini numerici”.

La percezione di insicurezza scoraggia anche chi pensa di venire a Firenze per lavorare?

“Questo non credo”.

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“Cerchiamo di chiamare lavoratori da fuori, però non possiamo pensare che questi dormano qui a 750 euro al mese con una camera e un cucinotto: allora dobbiamo pensare anche a un piano casa generale”.

Andando anche oltre i confini del comune?

“La crescita della città va pensata anche in un’ottica metropolitana; ed è impensabile che la residenza in centro torni come era una volta. E’ stata fatta una scelta precisa di decentrare tutti i servizi, è stata fatta 30 anni fa. E’ giusto cercare di mantenere la residenza che c’è, fare il possibile per poterla reintegrare in determinati punti, ma è sempre limitata rispetto a quanto si vorrebbe. Bisogna quindi pensare a creare una residenza nell’area metropolitana, su questo non c’è dubbio. Gli studenti hanno necessità di vivere qui. E manca personale a tutti i livelli, di tutte le categorie, dal lavapiatti fino alle figure professionali di nicchia. Al 50% delle imprese manca personale: in alcuni casi di figure professionali, soprattutto sul digitale, si arriva anche al 70-80%”.

Nel programma di mandato della Camera di commercio di Firenze c’è una particolare enfasi sul facilitare il matching fra la domanda e l’offerta di lavoro: in che modo?

“Stiamo sostenendo gli Its, abbiamo fatto un open day all’interno della Camera di commercio a Firenze coinvolgendo tutti gli Its della Toscana, quindi ci crediamo molto. Anche perché i risultati ce ne danno atto: il 90% dei ragazzi che escono da queste scuole trova lavoro nei primi tre mesi, in alcuni ambiti professionali si sale anche al 98%. Con la Regione abbiamo fatto la Borsa del Lavoro per richiamare personale da fuori: però torniamo sempre al solito, richiamare personale da fuori vuol dire pensare a un piano casa, perché non è pensabile che uno venga a lavorare per guadagnare 1.400, 1.500 euro, e poi ne spende 700 per dormire. Stiamo pensando anche ad altre iniziative sulla formazione, da fare o da soli o con la Regione”.

Chi non sembra mancare affatto, invece, sono i turisti: sono una ricchezza o un costo?

“Ora si parla tanto di overtourism, ed è una parola che non piace. Però un turismo di massa come questo deve essere governato e regolamentato”.

Come lo si governa?

“Io credo che si debba innanzitutto premiare coloro che pernottano di più in città, perché rappresentano un turismo di maggiore qualità e che porta maggiori ricadute economiche positive. Mentre un turismo come quello dei crocieristi che vedono la città per 90 minuti è solo un costo: sono turisti che sporcano, non comprano niente, hanno già mangiato sulla nave e si portano dietro anche la bottiglia per l’acqua. Queste masse che arrivano ogni giorno danno una percezione di degrado. Quindi un turismo del genere dovrebbe compensare i costi che arreca alla città”.

Con una sorta di ticket?

“Non intendo un biglietto d’ingresso come fanno a Venezia per chi viene da fuori, però i tour che vengono da fuori, le crociere che in un giorno vedono la città, dovrebbero pagare un prezzo corrispondente al costo di averli in città. Nel contempo, credo che si debba anche fare un ragionamento sulla logistica dell’approvvigionamento in centro, che con i mezzi in giro la mattina sembra un’autostrada. Ecco, su quello credo ci si debba mettere un’attenzione maggiore: e anche la sindaca, con cui ho avuto l’opportunità di parlare, è d’accordo su questo”.

La logistica è un tema che chiama anche l’esigenza di un potenziamento infrastrutturale: quali sono le priorità per Firenze?

“L’aeroporto credo sia di fondamentale importanza. Non ci deve essere una competizione con Pisa, anche perché la proprietà è la stessa. La necessità di un aeroporto è data anche dalla posizione attuale: oggi basta che ci sia una persona che soffia in fondo alla pista, e gli aerei non atterrano. E’ una grande limitazione per le nostre imprese. Oggi gli aerei arrivano soprattutto a Bologna quando non possono arrivare a Firenze: e le presenze a Bologna sono cresciute del 20%. E’ importante, come l’Alta velocità che per fortuna sta andando avanti e vedrà la sua conclusione fra qualche anno, e come sarà importante il miglioramento dei collegamenti con Pisa attraverso la Fi-Pi-Li. La logistica è fondamentale per le nostre imprese”.

Imprese che, in alcuni settori come la moda, versano in una situazione di difficoltà. Che succede?

“Per la moda è un momento di difficoltà congiunturale perché le guerre, la crisi economica della Germania, la Cina che fa anche una campagna contro gli influencer che propongono beni di lusso, arrecano un grande danno. E poi c’è un problema strutturale, perché c’è una riorganizzazione appunto delle filiere produttive, le grandi griffe non vogliono tanti interlocutori, preferiscono averne di meno e di più grandi come riferimento. Bisogna dire che per fortuna abbiamo anche tante imprese come la farmaceutica e la grande meccanica che ci aiutano anche nell’export, e anche l’agrifood ci dà una grande mano”.

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Quali sono le politiche di cui c’è bisogno?

“Oltre agli ammortizzatori sociali, bisogna puntare sulla formazione di figure dell’eccellenza: le aziende ne avranno bisogno per proiettarsi nel futuro. Poi, serve la rimodulazione dei prestiti bancari per garantire liquidità alle imprese, e questo credo sia fondamentale aspettando momenti migliori. Poi sicuramente bisogna dare gli stimoli soprattutto alle Pmi, alla piccola manifattura, per puntare sull’innovazione e la digitalizzazione: in Italia siamo indietro rispetto alle altre nazioni europee”.

L’indirizzo perseguito dalla Regione nel piano di sviluppo, con tanti piccoli interventi sui territori, non è troppo dispersivo in questa fase?

“Credo che la Regione stia facendo tanto: in un momento come questo c’è necessità di distribuire le risorse per dare un contributo a tutti. Si può sempre fare meglio, però non mi sento di dire che che la Regione stia lavorando male, vedo un grande impegno”.

E la Camera di commercio di Firenze cosa può fare?

“Per risolvere questi problemi ci vogliono delle politiche industriali da parte del governo e della regione soprattutto. Quello che possiamo fare noi è creare professionalità che possano aiutare, o dare contributi con dei bandi come quelli che stiamo facendo sulla digitalizzazione, per aiutare le imprese a innovare. Export Hub è un progetto a cui teniamo tanto: vediamo che le imprese sono veramente soddisfatte. Accompagnamo le Pmi, perché le grandi sono già ormai strutturate per poterlo fare da sé, nel rivolgersi ai mercati esteri. Partiamo da cose semplici come il corso di business english, e arriviamo all’individuazione dei mercati adatti agli articoli che vogliono vendere, a valutare l’affidabilità del cliente, accompagnamo le imprese nel loro rapporto con l’Agenzia delle Dogane. E’ un servizio a 360 gradi”.

Infine, la Multiutility: cosa pensate del progetto, e delle ultime difficoltà?

“Noi siamo sicuramente a favore del progetto, anche se il tema del Multiutility ha a che fare con scelte e obiettivi di pertinenza della politica, o comunque dei soci delle diverse società di servizi, cioè i Comuni. L’idea di creare un soggetto di dimensione e regionale in grado di reggere la concorrenza dei grandi operatori è un’idea sicuramente buona, che forse andava fatta qualche anno fa. Comunque meglio tardi che mai”.





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