In tutto 47 saracinesche abbassate. «Ma la slavina c’è stata da fine 2023». L’appello dei superstiti
Nei 620 metri di via Romana ci sono 47 saracinesche abbassate, tra fondi vuoti o comunque di negozi che nessuno sa se e quando aprano e che non hanno neppure un orario affisso all’esterno. Un’ecatombe che ha subito un’accelerazione negli ultimi anni, complice una strada che vive una trasformazione turistica ai piani alti nei suoi appartamenti, ma che del turismo non gode dei benefici e non riesce ad attrarre i grandi flussi. Tanto che si arriva al paradosso che il bar chiuso da sei mesi, con tanto di doppia licenza di somministrazione e tabacchi non riesce a trovare un compratore, col cartello vendesi che pende mestamente dalla saracinesca.
In totale in via Romana sono 84 gli esercizi invece in attività, tra negozi, artigiani, somministrazioni, servizi e botteghe turistiche: significa quindi che più di un fondo su tre è chiuso o comunque non è stabilmente attivo.
L’ecatombe ha subito un’accelerazione negli ultimi anni, col 2023 che ha rappresentato il momento più nero: «In tutto l’anno ha chiuso una ventina di negozi, 12 dei quali soltanto a dicembre», racconta Marzio Cinelli, responsabile del centro commerciale naturale Boboli. Nel 2024 le chiusure per ora si limitano a una manciata di esercenti, «ma solo perché il grosso aveva già dato l’addio».
La strada, oltre ad assistere a una ritirata del commercio al dettaglio, assiste anche alla sua trasformazione: perché malgrado le difficoltà i ristoranti aumentano e nella zona più vicina a piazza San Felice ecco spuntare sette tra minimarket, negozi di borse e di souvenir, con il recente addio — tra i più dolorosi per gli abitanti — di Boccalini, il verduraio. Poco distante, gli operai vanno e vengono nel fondo dove fino a poco tempo fa c’era un elettricista: «Qui ci verrà un ristorante», dicono nel cantiere dove è appoggiata una cappa da cucina.
E dove invece c’è il grosso delle saracinesche abbassate, tra piazza della Calza e via del Ronco, dove al posto del fornaio è spuntata la succursale di un ristorante già presente in via Romana (con cartello «Siamo 30 metri più giù») che può concedersi il lusso di tenerlo chiuso, due fondi vengono addirittura convertiti in airbnb. Due bassi alla napoletana che fanno da specchio ai paradossi e alle tensioni di una città travolta dall’overtourism, col primo che porta la beffarda insegna «prestige» e il secondo, con tanto di keybox per non perdere tempo neppure a ricevere il turista e dargli le chiavi, che ha la serratura da riparare, perché qualcuno — forse un residente esasperato — l’ha riempita di colla.
I «residuati», come Cinelli definisce se stesso e gli altri commercianti superstiti, guardano con invidia a via dei Serragli, negli ultimi anni rifatta completamente nei sottoservizi, nell’asfalto e nei marciapiedi, mentre via Romana (un tempo la strada nobile delle due, tanto che i negozi col doppio ingresso avevano da questa parte l’entrata principale e su via dei Serragli il retrobottega) da anni spera invano in un rinnovamento che non arriva, con i lavori a singhiozzo, la pulizia che scarseggia, con i marciapiedi stretti e sconnessi e con i commercianti che hanno tutti un piede di porco per liberare le caditoie in caso di pioggia, «e chissà cosa succede se piove forte nei fine settimana quando stiamo chiusi».
Con i fiorentini che se ne sono per gran parte andati, il tratto della strada a ridosso di Porta Romana è quello più ferito. E vorrebbe almeno condividere le fortune di chi beneficia dei grandi flussi turistici: «Dovrebbero aprire l’ingresso al Giardino di Boboli da piazza della Calza, è quello più bello e più nobile», reclama il presidente del centro commerciale naturale.
Di flussi, in via Romana, c’è invece quello del traffico. Oltre alle auto e ai bus, è un continuo viavai di caddy elettrici, che vanno così piano da creare ingorghi, col risultato di rallentare persino i mezzi di At che pur si devono arrestare alle fermate. Via Romana, una nobile decaduta.
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