Thiago Motta ha visto quello che non vuole vedere: una Juventus allungata e in balia delle transizioni del nemico. Ecco le contromisure del tecnico
Sei pareggi e una sconfitta — su 13 partite, tra campionato e Champions — bastano per squassare gli schizofrenici umori dei social, e qualche fischio dell’Allianz, non per smuovere la fiducia di casa Juve, nel progetto affidato a Thiago Motta appena quattro mesi fa. Di più, davanti a una missione ontologica: assemblare la seconda squadra più giovane della A nel contesto di una nuova filosofia, pensando e non solo giocando in modo differente. E arrivando a quello «stato mentale» di cui parlava Mattia Perin, qualche giorno fa.
Cabal e Savona centrali
Va da sé, il tutto richiede spirito da monaci medievali: gioca et labora. Passando da notti leggendarie (a Lipsia) a partite ordinarie (in casa con il Cagliari); da pareggi esaltanti (Inter) ad altri allarmanti (Parma, sempre a domicilio). Un sismografo di emozioni, e preoccupazioni, che non piace ai tifosi, figurarsi a Thiago. Che mai sentirete fare la lista degli alibi, nonostante gli infortuni di qualche big — da Bremer a Koop, passando per Nico — siano un po’ come far sparire qualche bisturi dal tavolino del chirurgo, in sala operatoria. Dopodiché, se s’è intravisto quel che l’allenatore ha sulla lavagna, è affiorato pure ciò che mai lui stesso vorrebbe vedere: una Juve allungata e depredata, in balia delle transizioni offensive del nemico (a San Siro e con il Parma). Finendo per sabotare una difesa che, finora, s’era basata sul possesso palla e sulla ri-aggressione alta; e che adesso, invece, sbuffa e sbaglia, ritrovandosi l’avversario nel salotto di casa. E lì, hai voglia a dar la colpa al solo Danilo, che pure di responsabilità ne ha (e non solo lui).
Alla Continassa stanno lavorando su questo, con Cabal e Savona in fase di collaudo da centrali. Davanti, invece, hasta Vlahovic siempre, pure perché pezzi di ricambio non ci sono: con Milik out, si aspetta Nico Gonzalez, l’unico con passato, e movimenti, da centravanti. Certo, bisognerà ritrovare i risultati, gli unici tifosi di cui hanno bisogno le rivoluzioni. Nonostante la prima a glossare il motto della casa, sia stata Madama stessa, con le parole di Cristiano Giuntoli: «C’è il risultato, ma anche il modo con il quale ci si arriva». Insomma, pur lasciando perdere i paragoni, dopo tre stagioni con Massimiliano Allegri, i bianconeri erano alla ricerca di altre prospettive. Come quella offerta da Thiago Motta, se non (ancora) migliore, diversa: in fondo, quella che il bruco chiama la fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla.
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