Mentre prosegue l’iter della manovra finanziaria in Parlamento, ci sono alcune norme che dovrebbero far discutere e invece vengono accettate supinamente dall’opinione pubblica e dai policy maker. In modo particolare, l’articolo 112 del disegno di legge prevede un giro di vite sugli incentivi alle aziende. Più controlli per evitare truffe e spreco di denaro pubblico. Detto così, sembra un’idea ottima. Ciò che preoccupa, però, è la sua applicazione. Nella bozza infatti si legge che le aziende che ottengono incentivi da 100mila euro a salire, in qualunque forma esse li ricevano (sia in maniera diretta come i contributi in conto capitale che in maniera in diretta come sconti delle tasse o imposte), dovranno avere nel collegio dei revisori dei conti un rappresentante del ministero dell’Economia e delle Finanze.
Bizantinismo
Per semplificare: se io azienda del Sud ottengo aiuti da 101mila euro per comprare un macchinario mi trovo nel collegio dei revisori dei conti (o se manca, in quello sindacale) un delegato del ministero che controlli la mia azienda. Con ogni probabilità, non appena qualcuno avrà letto con attenzione il dispositivo al vaglio del Parlamento, il risultato sarà la rinuncia a ogni tipo di agevolazione.
La domanda da porsi è la seguente: perché devo sottomettermi a controlli se uso gli incentivi per uno scopo preciso? Sia chiaro: non si tratta di avere fondi per salvare l’azienda. Basterebbe anche il semplice credito di imposta per le assunzioni per avere un controllo che sembra abnorme rispetto all’obiettivo perseguito.
Centralizzazione
Sembra un provvedimento da Nuova Politica Economica di leninistica memoria. Già ora, infatti, l’esecutivo e le sue propagazioni di indagini fiscali come l’Agenzia delle Entrate o la Guardia di Finanzia hanno tutti gli strumenti per controllare che gli incentivi vadano a buon fine. Se a questi aggiungiamo l’operato della magistratura ordinaria davvero non si capisce la ratio di un provvedimento così punitivo per le aziende.
E se lo Stato non si fida del tessuto imprenditoriale, tanto da dover nominare un suo rappresentante nell’organo di controllo, perché non ritirare gli incentivi? Senza contare che la norma, cosi com’è, pone una serie di questioni. Anzitutto, chi paga il delegato del ministero all’interno dell’organo di controllo? Solitamente si tratta di professionisti che vengono retribuiti in base al ruolo. Li paga l’azienda? Quindi aggiungiamo altri costi alla struttura imprenditoriale? O li paga il governo, aumentando i costi dello Stato?
Un milione di aziende accede a incentivi
La seconda questione. A larghe spanne, si calcola che almeno il 20% delle aziende italiane accede a una forma di incentivi: un numero enorme che si avvicina al milione di unità. Poniamo, però, che solo la metà di queste ottenga incentivi da 100mila euro a salire: si tratta di un numero di circa mezzo milione di aziende. Dove li prende lo Stato così tanti rappresentanti da inserire all’interno degli organi di controllo? Saranno dipendenti del ministero o professionisti reclutati con liste esterne?
C’è, poi, un ulteriore elemento di cui tener conto. Nella legislazione italiana, gli organi di controllo sono previsti per le società di capitali. Se l’incentivo sarà concesso a un imprenditore individuale o una società di persone, in che modo sarà nominato il rappresentante governativo? Un intervento eccessivo per il quale il legislatore pare non aver fatto bene i conti. Un provvedimento che limita fortemente la libertà delle imprese. Per tanto tempo la compagine politica guidata da Giorgia Meloni ha urlato nelle piazze reali e virtuali: “Fuori lo Stato dalle imprese”. Oggi, con una improvvisa inversione totale, l’esecutivo di destra decide di venir meno a uno dei capisaldi del liberismo occidentale, meno Stato più impresa, per stringere le maglie dei controlli sulle attività imprenditoriali.
Si sa: una manovra finanziaria non sempre viene approvata così come presentata dall’esecutivo. Auguriamoci che per l’articolo 112 capiti proprio così. Che almeno si innalzino le soglie di incentivi o che, nella migliore delle ipotesi, il provvedimento resti lettera morta. Altrimenti le imprese avranno un bel po’ di grattacapi.
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