Ci sono eventi che cambiano profondamente la storia. Eventi per i quali c’è un prima e c’è un dopo. Il delitto Matteotti è uno di questi: una delle pagine più drammatiche e significative della storia del nostro Paese. In occasione del centenario della morte di Giacomo Matteotti, deputato e segretario del Partito Socialista Unitario rapito e assassinato a Roma da squadristi fascisti il 10 giugno 1924, con “Il mio nome è Tempesta – il delitto Matteotti” si apre martedì 5 novembre (in replica mercoledì 6 novembre) la Stagione di spettacoli 2024/2025 del Teatro Savoia di Campobasso.
La pièce che torna sul palco del teatro del capoluogo molisano, dove aver ottenuto il Premio Matteotti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e conseguito il Pegaso d’Oro per il Premio internazionale Flaiano 2024, è stata scritta dalla giornalista Carmen Sepede, per la regia di Emanuele Gamba e portato in scena dalla Compagnia Act di Campobasso. Lo spettacolo in cartellone è stato coprodotto dalla Fondazione Molise Cultura, cofinanziato dalla Regione Molise, con il sostegno del Comune di Campobasso e con il patrocinio della Fondazione Giacomo Matteotti Onlus.
“Continuiamo a sostenere il progetto – dichiara Antonella Presutti, Presidente della Fondazione Molise Cultura – perché l’omicidio Matteotti ha segnato in maniera profonda la storia italiana del Novecento e pone l’attenzione sui grandi temi della propaganda politica, della libertà di parola e della libertà di stampa. Battaglie che Giacomo Matteotti ha combattuto tutte. E per le quali ha messo a rischio la sua vita. Perdendola”.
In scena Diego Florio, Marco Caldoro, Piero Grant, Domenico Florio e Giorgio Careccia per ripercorrere i passi di Giacomo Matteotti quando, appena dieci giorni prima del rapimento, il 30 maggio 1924, nel suo celebre intervento alla Camera dei Deputati, aveva attaccato duramente Benito Mussolini, denunciando i brogli elettorali, le intimidazioni e i pestaggi che avevano caratterizzato le votazioni del 6 aprile 1924, che avevano portato al potere il Partito fascista, arrivando a chiedere l’annullamento delle votazioni.
Una sfida diretta al Duce, che era rimasto ad ascoltarlo con sguardo truce nell’aula di Montecitorio senza pronunciare una parola. “Il mio discorso l’ho fatto – le parole che Matteotti rivolse ai compagni di partito al termine dell’intervento – Ora voi preparate il discorso funebre per me”. Parole che, rilette oggi, suonano come una profezia. Matteotti sapeva di rischiare la morte? In maniera parallela all’attività politica, da giornalista, il deputato aveva denunciato una vicenda ancora più scottante: le presunte tangenti pagate dalla compagnia americana Sinclair Oil per ottenere la concessione delle trivellazioni petrolifere in Italia. Vicenda che, secondo accertamenti e ricostruzioni accurate, chiamava in causa il fratello del Duce Arnaldo Mussolini e, secondo alcuni storici, anche il Re Vittorio Emanuele III.
Una storia pericolosa che Matteotti aveva ricostruito in un articolo indirizzato alla rivista ‘English Life’ e della quale aveva parlato con la moglie, la poetessa Velia Titta, salutandola pochi minuti prima del rapimento. Ricostruito con una struttura a metà fra un giallo, un noir e una spy story, “Il mio nome è Tempesta. Il delitto Matteotti” narra lo scontro tra fascismo e antifascismo, fra una dittatura nascente e una visione altra del mondo, finalmente democratica e plurale. Intorno ai due massimi competitors, Mussolini e Matteotti, due umanità, quella della maggioranza e quella dell’opposizione si fronteggiano e si sfidano, incrociando trame di palazzo a strategie parlamentari.
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