In Arabia Saudita prende vita l’ennesimo progetto avveniristico e futuristico, dopo NEOM arriva The Mukaab(il cubo). Si tratta di una colossale costruzione a forma di cubo concepita come l’edificio più grande del mondo in grando di contenere 20 Empire State Building. L’impresa architettonica della società New Murabba costerà almeno 1 trilione di dollari e rimanda chiaramente all’iconografia della Kaaba (Al-Ka’bah), il santuario sito al centro della Mecca intorno al quale si raccolgono i fedeli musulmani che hanno l’obbligo di recarvisi almeno una volta nella vita, qualora ne abbiano le facoltà economiche. The Mukaab si presenta con pareti dorate alte 400 metri e larghe 360 al suo interno, invece, nasconde un intero ecosistema grande un terzo delle dimensioni di Manhattan dove si accede a un mondo futuristico che grazie al supporto dell’AI promette di riprodurre una serie di paesaggi mozzafiato. Visionando il render si può avere un assaggio dell’enorme ambizione di questo progetto, un mondo alieno che sembra uscito dalla realtà virtuale di qualche videogioco, con ologrammi di ogni genere inclusi faraglioni fluttuanti stile Avatar, architetture organiche gaudiane con una torre centrale che svetta verso il cielo come una pianta di fagiolo magico, ascensori panoramici e statue ciclopiche da fare invidia al Colosso di Rodi.
L’atrio centrale dovrebbe accogliere una città palpitante e briosa con attività all’aperto come gare automobilistiche e altre attrazioni turistiche, alberghi, oltre 104.000 unità residenziali e centri commerciali con spazi verdi accessibili, un istituto politecnico ultratecnologico, un teatro e molto altro ancora. Tutto questo nel pieno rispetto delle norme ecologiche di sostenibilità senza scontentare lo spirito del tempo e dovrebbe vedere la luce per il 2030, anche se gli esperti sono molto scettici. Insieme ad altri 15 progetti mastodontici, tra i quali la tanto discussa NEOM di gran lunga ridimensionata, il cubo dorato di Riyad fa parte dell’agenda Saudi Vision 2030, un programma di trasformazione del Paese approvato dal Consiglio dei ministri del Regno Saudita il 7 giugno 2016. L’obiettivo è quello di implementare il soft power degli emirati per distaccarsi dalla dipendenza economica dettata dalle entrate petrolifere che rappresentano il 30-40% del PIL. La visione dell’agenda poggia su tre pilastri principali: rendere l’Arabia Saudita il “cuore del mondo arabo e islamico”, diventare una potenza di investimento globale e trasformare il paese in un hub di collegamento tra Africa ed Eurasia.
Migliorare la propria reputazione agli occhi degli osservatori internazionali però non è un’impresa molto semplice, specialmente per alcune politiche proprie del retaggio culturale saudita che di fatto ostacolano la libera circolazione del pensiero, così come la libertà di espressione e di costume, prerequisiti fondamentali per un territorio che mira a diventare un crocevia culturale. Non è da meno la questione legata ai diritti umani, considerata tendenzialmente distante dagli standard occidentali. Di recente il governo saudita ha introdotto alcune migliorie alla dottrina wahhabita finalizzate a garantire maggiori diritti alle donne, per esempio, millantando l’ideale di una futura uguaglianza di genere. Molte anche le agevolazioni economiche per chi decide di trasferirsi, offrendo incentivi fiscali molto succulenti per il singolo ma anche per le aziende che, per esempio, decidono di delocalizzare per le quali viene garantita un’esenzione di 30 anni dall’imposta sul reddito. Tutto per attirare più capitale possibile consapevoli del fatto che le risorse non rappresenteranno a lungo una sicurezza economica solida e strutturale. Kuwait, Qatar ed Egitto stanno mettendo in atto politiche dello stesso respiro cercando di potenziare il più possibile la propria influenza.
di Angelo Annese
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