Tra i vari temi emersi nell’incontro dei Brics (Paesi emergenti) in Russia uno assume un particolare rilievo. Dal vertice di Kazan esce, rafforzata, l’idea di un sistema di pagamento alternativo al sistema Swift, oggi largamente prevalente. Si tratta di una soluzione ancora fragile che dovrebbe legarsi alla de-dollarizzazione; un processo assai complesso fino a quanto i grandi player come la Cina avranno una bilancia commerciale decisamente attiva nei confronti degli Stati Uniti e realtà come India e Brasile saranno ancora profondamente legate alla finanza delle principali Borse internazionali. Tuttavia la piattaforma programmatica discussa al vertice prevede, prima ancora della creazione di una valuta vera e propria, dotata di credito e convertibilità internazionali, la definizione di varie tappe per la nascita di una unità contabile comune e un sistema di pagamenti internazionali in valute digitali con una regolamentazione e criteri di funzionamento diversi da quelli “occidentali”. In sintesi, il progressivo abbandono del dollaro potrebbe avvenire con una gradualità destinata a favorire l’acquisizione di una reale autonomia degli stessi Brics nel loro insieme. I pagamenti, secondo quando ipotizzato a Kazan infatti, avverranno su blockchain detto Brics pay, totalmente distinto dal dollaro che permetterebbe a questi Paesi, dopo aver acquisito il controllo delle proprie economie reali, di dotarsi di uno strumento in grado di liberarli dalle oscillazioni e dalle speculazioni operate dai grandi player finanziari sui mercati monetari, spesso assai dannose per la stabilità dei prezzi delle loro bilance commerciali.
Nelle valutazioni prodotte a Kazan incide poi un dato più generale dell’economia globale. Il vincitore o la vincitrice delle prossime elezioni americane dovrà fare i conti con alcuni elementi di fondo dell’economia statunitense. In primo luogo dovrà decidere come affrontare la questione del costante ingigantimento del debito federale che ha superato i 36mila miliardi di dollari, pari al 121% del Pil, e che cresce di 1.000 miliardi di dollari ogni 60 giorni. Questa montagna di debiti, con cui il governo degli Stati Uniti finanzia una imponente spesa federale, è per circa il 70% collocata negli Stati Uniti, con un ruolo rilevante di fondi pensione, fondi di investimento e banche, attualmente nel mani di pochissime società di gestione del risparmio. La rimanente parte è venduta all’estero, con una percentuale importante in mano a un numero molto limitato di soggetti. Per finanziare questo debito così grande sono necessari tassi di interesse remunerativi che dipendono in larga misura dalla prerogativa del Tesoro degli Stati Uniti di pagare simili interessi attraverso la dollarizzazione. La piattaforma di Kazan sembra avere ben chiara questa dipendenza che anche la sola prospettiva di un sistema di pagamenti alternativo può rendere decisamente problematica e può trasformare nella causa evidente di un indebolimento profondo di ogni pretese egemonica a stelle e strisce.
* Università di Pisa
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