(Articolo di Lara Bisin, imprenditrice, già vicepresidente di Confindustria Vicenza con delega al Capitale Umano e candidata alle Elezioni Europee su pace e imprenditoria da VicenzaPiù Viva n. 10, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Per il Papa quella dell’imprenditore è «una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti» al servizio del bene comune e collaborando “al superamento della miseria”.
Nella mia esperienza come imprenditrice, ho sempre visto la pace mondiale non solo come un sogno idealistico, ma come una necessità tangibile per il benessere sociale ed economico. La stabilità internazionale è senza ombra di dubbio una realtà quotidiana che influenza ogni decisione presa dall’imprenditore.
Quando guardo ai conflitti che apparentemente sembrano “distanti”, come quelli in Ucraina ed in Medio Oriente, vedo chiaramente le ripercussioni che questi eventi hanno sulle nostre esistenze e sulle attività produttive.
È sotto gli occhi di tutti come le tensioni geopolitiche e i conflitti armati incidano sui mercati globali, sulle catene di approvvigionamento e sull’accesso alle risorse.
Le aziende cercano sicurezza: in un contesto geopolitico di pace, i governi possono dedicare risorse significative alla formazione e all’istruzione, creando una forza lavoro qualificata che diventa il motore dell’innovazione e della competitività industriale per dare carburante al Paese.
Senza le difficoltà e le barriere imposte dai conflitti, le persone possono sviluppare le loro idee e contribuire attivamente all’economia locale, il benessere delle famiglie migliora, la coesione sociale è favorita e si riducono le disuguaglianze, permettendo a tutti di puntare a raggiungere i propri obiettivi. Le aziende hanno (e devono avere sempre di più) un ruolo cruciale nel promuovere e sostenere la pace mondiale. Come? Ad esempio, implementando pratiche commerciali etiche, sostenibili e inclusive, contribuendo a creare condizioni di stabilità economica e sociale anche attraverso l’adozione di politiche di responsabilità sociale d’impresa (CSR), che promuovano il benessere dei dipendenti. Tutto questo rappresenta un volano per contribuire a sviluppare la sostenibilità ambientale e le comunità locali, con un conseguente impatto positivo sull’intera società/collettività.
Imprenditori, artigiani, professionisti devono perseguire con decisione politiche di inclusione che valorizzino le differenze culturali e promuovano l’uguaglianza di opportunità, creando un ambiente di lavoro più equo e armonioso. Serve più decisione e coraggio da parte della politica per adottare piani che, ad esempio attraverso un percorso di parità di genere, creino una società attenta e sensibile alle tematiche della giustizia, della legalità e della
pace sociale. Secondo le parole di papa Francesco, in Fratelli tutti, l’enciclica sulla fraternità e l’amicizia sociale, quella dell’imprenditore è «una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti» sviluppando «capacità economiche e tecnologiche» per «la creazione di opportunità di lavoro diversificate” al servizio del bene comune e collaborando «al superamento della miseria».
Investire nella pace significa, pertanto, investire anche nel futuro del nostro territorio e delle giovani e giovanissime generazioni, significa investire sulle donne e sul potenziale inespresso che queste ultime hanno. Solo attraverso la pace possiamo costruire un mondo più prospero e giusto, in cui le imprese possono crescere innovando e le comunità possono vivere in armonia e sicurezza, generando un circolo virtuoso verso la pace partendo dalle persone.
È fondamentale, quindi, che le imprese integrino nei loro modelli di business principi di equità e sostenibilità e che le politiche governative e le istituzioni sostengano attivamente tali iniziative con incentivi e normative appropriate per affrontare efficacemente le sfide globali e costruire una società dove la pace non sia solo un’aspirazione, ma un’esigenza diffusa e, quindi, una duratura realtà quotidiana.
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