I
n agricoltura i giovani crescono di numero ma non abbastanza. Così, il ricambio generazionale, che dovrebbe mettere al sicuro il futuro della produzione agricola e agroalimentare italiana, è tutt’altro che scontato. Anzi, l’età media degli agricoltori continua ad essere troppo elevata. L’ultima conferma di questa situazione è arrivata pochi giorni fa, nel corso dell’edizione 2024 dell’Eima di Bologna. Le aziende agricole italiane condotte da imprenditori con un’età sotto i 40 anni sono il 7,5% del totale (1.3 milioni). Una percentuale in aumento, che tuttavia, non basta a ringiovanire un settore dove l’età media è 63 anni. Questi numeri ci separano dal resto d’Europa. Se nel nostro Paese si conta una impresa su cinque condotta da un giovane sotto i quarant’anni, in Europa la media è di poco inferiore a una su tre. Detto in altro modo, sul totale di oltre 1,3 milioni di imprese agricole attive in Italia solo 100mila sono gestite da giovani, propensi ad innovare e attenti al tema della sostenibilità. Urgono, quindi, strumenti diversi da quelli attuali per risalire la china e assicurer davvero un futuro all’agricoltura. Anche perché «possiamo avere la macchina agricola più innovativa del mondo, ma dietro di essa ci deve essere qualcuno che la guida: questo qualcuno è un giovane», come ha detto Paola Adami, direttrice di Itasf, Rete degli istituti agrari senza frontiere. E, in effetti, se le prospettive di crescita del comparto agricolo sono legate ai giovani, non è per avere “nuove braccia” da usare nei campi ma “nuove menti” il cui ingegno e la cui preparazione sono da applicare proprio nelle tecnologie innovative: dall’agricoltura 5.0 all’Intelligenza artificiale, dall’uso dei satelliti a quello di macchine sempre più sofisticate e complesse. Ma quindi che fare? Un primo passo potrebbe essere l’applicazione la legge 36 del 2024 dedicata all’imprenditoria giovanile. Un provvedimento che prevede, tra gli altri, contributi diretti e incentivi fiscali per la formazione ma che, come per esempio ha ricordato la Cia-Agricoltori italiani, ad oggi manca dei decreti attuativi necessari per mettere a regime risorse per 200 milioni di euro. Certo, una legge non risolve tutto, ma potrebbe essere un buon inizio.
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