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Scatta l’accertamento se il prezzo del mutuo è maggiore rispetto a quello indicato nell’atto di compravendita #finsubito prestito immediato


L’accertamento di un reddito maggiore derivante dalla vendita di beni immobili può essere giustificato anche unicamente dalla differenza tra il prezzo riportato nell’atto di compravendita e l’importo del mutuo erogato all’acquirente. Questo è il principio di diritto che è stato sancito dalla recente ordinanza numero 25854 del 27 settembre 2024 emessa dalla Corte di Cassazione.

L’accertamento induttivo per i redditi da impresa

L’accertamento induttivo è un metodo fiscale che consente all’Agenzia delle Entrate di determinare il reddito d’impresa anche in assenza di prove precise, utilizzando presunzioni non sempre rigorose. Pur avendo una natura sanzionatoria, il legislatore ha fissato delle condizioni specifiche per il suo impiego. In particolare, l’ufficio deve dimostrare l’inattendibilità della contabilità del contribuente e individuare gli elementi che giustificano l’accertamento fiscale. L’articolo 39, comma 2, del Decreto del Presidente della Repubblica (D.P.R.) numero 600/1973 prevede l’utilizzo di questo metodo in caso di: omessa dichiarazione dei redditi, mancanza o inattendibilità delle scritture contabili obbligatorie, e rifiuto di compilare documenti richiesti.

La vicenda

L’Agenzia delle Entrate ha emesso un atto di accertamento nei confronti di una società immobiliare per recuperare le imposte derivanti dai maggiori ricavi non dichiarati relativi ad un anno di imposta. L’Agenzia, sulla base di indagini bancarie, ha rilevato per alcune cessioni immobiliari che i prezzi di vendita indicati negli atti di compravendita sono risultati inferiori rispetto agli importi dei mutui concessi agli acquirenti e alle relative perizie effettuate per l’ottenimento dei mutui stessi.

La società ha impugnato l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, contestando le presunzioni utilizzate dall’Agenzia e l’insufficienza delle stesse per giustificare l’accertamento. Se inizialmente la CTP ha respinto il ricorso, la Commissione Tributaria Regionale ha invece accolto l’impugnazione, annullando così l’atto di accertamento.

L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso in Cassazione, contestando la sentenza della Commissione Regionale.

A detta dell’Agenzia delle Entrate, il giudice di secondo grado non ha valutato correttamente l’inattendibilità dei prezzi di vendita trascurando altresì l’importanza del fatto che i mutui erano superiori ai prezzi dichiarati. Inoltre, altro motivo di ricorso, è rappresentato dalla circostanza che la Commissione Regionale ha posto a fondamento della propria decisione il “fatto notorio” che gli acquirenti avessero ottenuto perizie sovrastimate per ottenere mutui di importo maggiore rispetto al valore dichiarato nell’atto di compravendita.

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L’utilizzo del “fatto notorio” come prova nel giudizio

La cassazione accoglie il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate e cerca di far chiarezza su alcuni errori commessi dal giudice di secondo grado.

Innanzitutto, la sentenza impugnata ha commesso un errore nell’applicazione del concetto di fatto notorio, attribuendo tale natura al “dato di comune esperienza secondo cui vengono effettuate perizie che sovrastimano il valore dell’immobile per consentire la stipulazione di contratti di mutuo di importo superiore”.

In questo modo, la motivazione ha violato i principi giuridici costantemente affermati dalla Corte, che possono essere sintetizzati come segue: il ricorso al fatto notorio, ossia a nozioni di comune esperienza, implica una deroga ai principi di dispositivo e contraddittorio, in quanto introduce nel processo civile elementi probatori non forniti dalle parti e relativi a fatti non esaminati o verificati dalle stesse. Pertanto, tale ricorso deve essere interpretato in modo rigoroso, come un fatto che sia acquisito alle conoscenze collettive con tale grado di certezza da risultare indubitabile e incontestabile.

La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione sposa quindi la tesi dell’Agenzia delle Entrate e sottolinea che i due elementi portati a riscontro: gli importi del mutuo concesso e le perizie di stima della banca, sono elementi concordanti nel riconoscere al bene un valore maggiore rispetto a quello oggetto della dichiarazione.

Tali elementi corroborano un quadro indiziario caratterizzato da gravità, precisione e concordanza che è idoneo, altresì, a giustificare l’applicazione degli articoli 38 e 39 del già menzionato D.P.R. 600 del 1973 per la determinazione del reddito con metodo induttivo in quanto i costi che l’impresa sostiene di aver affrontato non rispondono ai criteri di ragionevolezza.



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