A Padova scendono in piazza le precarie e i precari della ricerca. Ieri mattina, il CoRda, il coordinamento che riunisce dottorandi, borsisti, ricercatori e assegnisti dell’Università di Padova, ha infatti indetto un presidio davanti a Palazzo Bo contro la riforma universitaria Bernini, che ha radunato centinaia di persone. «Si tratta di una riforma che segmenta ulteriormente la forza lavoro universitaria, comprimendone i diritti, ricattandola in nome di un’immediata sostituibilità, mantenendola in uno stato di precarietà, anche emotiva, che può durare spesso oltre dieci anni, con i primi contratti indeterminati dopo i 40 anni d’età», dice Adriana del coordinamento.
Il disegno di legge di riforma dei contratti di ricerca prevede cinque nuove forme contrattuali: borse per collaborazioni studentesche, contratti di assistenza alla ricerca (junior per laureati e senior per chi in possesso di dottorato), contratti post-doc e professori aggiunti. «Una vera e propria “cassetta degli attrezzi” a disposizione delle università», come ha confermato la stessa ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini. «Nessuna di queste figure verrà inquadrata sotto un impianto contrattuale di lavoro dipendente, nessuna potrà essere regolamentata tramite contrattazione nazionale collettiva, nessuna avrà un orario di lavoro prestabilito e regolare, né tantomeno ferie, malattie, tredicesima, rappresentanza sindacale o diritto di sciopero» aggiunge Andrea dal microfono. «Si tratta di figure strutturalmente precarie e a basso costo, molto più vantaggiose per le università rispetto al contratto di ricerca previsto dalla legge 79/2022 che non è ancora entrato a regime. Con questa riforma, il mondo del pre ruolo accademico viene così condannato a una condizione di “non-lavoro”, esacerbando precarietà, ricattabilità, non-riconoscimento».
Come se non bastasse, alla riforma del pre ruolo si affianca il tema dei tagli al Fondo di Finanziamento Ordinario dell’Università (Ffo), il principale finanziamento per le attività didattiche e di ricerca e per il funzionamento degli atenei. In un recente decreto la ministra Bernini ha infatti annunciato tagli per 500 milioni di euro. «L’aggravamento del sottofinanziamento universitario non solo mette un’ipoteca sulle nostre carriere, ma svaluta l’intero sistema accademico e il suo ruolo sociale», precisano dalla piazza. Il coordinamento delle precarie e dei precari nasce infatti durante le intifade studentesche della primavera scorsa per esprimere il proprio disappunto verso la mancata presa di posizione dell’Ateneo sul genocidio in corso in Palestina. Precarizzazione, tagli e guerre sono temi che si legano in maniera indissolubile.
«Il taglio dei fondi apre ancora di più le porte all’ingresso di finanziatori privati all’interno dell’università. Riteniamo che sviluppando accordi con aziende compromesse con il settore bellico (come Leonardo e la sua Fondazione Med-Or), l’università assuma oggi un ruolo non neutrale rispetto a un’economia sempre più coinvolta nel preoccupante scenario bellico internazionale. La combinazione tra tagli e Ddl Bernini sostiene dunque il processo di militarizzazione della ricerca, dei suoi contenuti e dei suoi usi, in una preoccupante continuità con la repressione del dissenso promossa dal Ddl sicurezza».
Di fronte a un presente difficile e a un futuro estremamente incerto dalla piazza chiedono un’urgente inversione di marcia: «veri contratti di lavoro con i relativi diritti e garanzie, a cominciare da quello di sciopero, percorsi di stabilizzazione chiari e ordinari, salari dignitosi, certezza e continuità dei finanziamenti pubblici alle università». Istanze che verranno ribadite nel corso dello sciopero generale delle lavoratrici e dei lavoratori della ricerca del 29 novembre.
Anche all’Università di Pisa oggi si è svolto un momento di riflessione sullo stato di salute dell’università, e in generale dell’istruzione in Italia, e sulle conseguenze della riforma Bernini. Centinaia di precari e precarie della ricerca, insieme a studentesse e studenti, si sono radunati in assemblea, che si è conclusa con l’annuncio del corte in programma venerdì 15 novembre.
A Padova, questa mattina si è svolto anche un momento di silenzio e rumore per ricordare Giulia Cecchettin e tutte le vittime di violenza di genere nel cortile del dipartimento di Ingegneria dell’informazione dell’università a un anno dal suo femminicidio. Presente il padre Gino Cecchettin.
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