PISTOIA. Per quasi settant’anni sulla facciata si era stagliata la scritta “Questura”. Praticamente fin dalla sua costruzione, nel 1967. Ma da quando, il 7 dicembre 2016, la polizia di Stato ha traslocato nel nuovo Polo della sicurezza di via Pertini, quell’edificio di nove piani, che domina il ponte di via Macallè. Era caduto nell’abbandono. Falliti tutti i tentativi per trovare un acquirente, e anche le varie proposte che si erano succedute nel tempo per adibirlo ad altre attività (tra cui un Cas per ospitare richiedenti asilo), era arrivato il momento dell’asta giudiziaria.
Che adesso, dopo tre anni e mezzo di tentativi andati a vuoto, ha portato all’aggiudicazione. A un prezzo quasi stracciato: poco più di 184 euro al metro quadrato. Ad acquistare per 626.000 euro il palazzo di nove piani al numero 23 di via Macallè è stata la “Lo Conte edile costruzioni”, azienda pratese di proprietà dell’imprenditore Manuele Lo Conte, già main sponsor del Pistoia Basket. L’imponente immobile di poco meno di 3.400 metri quadrati verrà completamente ristrutturato .
«L’immobile, da anni in disuso, sarà oggetto di un importante intervento di ristrutturazione. Realizzeremo ben 28 appartamenti di pregio che contribuiranno a riqualificare l’intera zona» spiega soddisfatto Manuele Lo Conte.
I lavori di ristrutturazione prenderanno il via all’inizio del 2025 e dovrebbero durare un paio d’anni. Dal punto di vista burocratico, non ci dovrebbero essere particolari lungaggini per quanto riguarda il cambio di destinazione d’uso, in quanto prima di essere trasformato in uffici per ospitare la questura il palazzo era suddiviso in appartamenti.
La prima asta disposta dal giudice c’era stata a fine maggio del 2021, con un prezzo base di 2 milioni e 39mila euro. Già allora un prezzo più che conveniente per un edificio con un appartamento che occupa l’intero nono piano (il nono dal livello strada di via Nazario Sauro, il settimo rispetto all’ingresso di via Macallè) e tutto il resto che, proprio per ospitare la questura, venne trasformato a suo tempo in uffici e archivi.
Edificato da uno dei più noti costruttori pistoiesi, Piero Casseri – scomparso da una quindicina d’anni – sul palazzo gravava ancora parte del mutuo acceso con una banca per la sua realizzazione. Le cui rate, però, la società proprietaria (la Immobiliare Eldorado 2 snc, guidata da Simone Casseri) aveva avuto sempre più difficoltà a pagare da quando era venuto meno il denaro incassato dal ministero dell’Interno per l’affitto. In concomitanza, tra l’altro, con una delle peggiori crisi di sempre del settore immobiliare. Da lì, la richiesta di pignoramento da parte della banca e la decisione del giudice del tribunale di mettere all’asta l’edificio.
Pochi mesi l’addio della questura, si era fatta concreta l’ipotesi che quei nove piani di mattoncini rossi, da casa dei poliziotti, potessero diventare casa dei migranti. Un’ipotesi praticabile quella della realizzazione di una struttura di accoglienza, e, conti alla mano, economicamente assai redditizia. Sì perché quei 3. 400 metri quadrati, già nati come appartamenti e trasformati poi in uffici, una volta tornati alle origini si sarebbero potuti tradurre come minimo in 3 milioni e mezzo all’anno di fondi europei per la onlus o la cooperativa che si fosse aggiudicata uno dei bandi della prefettura per la gestione dei profughi assegnati alla nostra provincia. Ma non se ne fece di nulla.
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