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Omicidio Giulia Tramontano, chiesto l’ergastolo per Impagnatiello La Nuova Sardegna #finsubito richiedi mutuo fino 100%


Milano Ergastolo per la Procura di Milano. Omicidio volontario semplice per la difesa di Alessandro Impagnatiello. Arriverà il 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la sentenza del femminicidio di Senago. L’ultimo atto del processo vede per oltre 6 ore la pm Alessia Menegazzo con l’aggiunta Letizia Mannella confrontarsi con le avvocate Giulia Geradini e Samanta Barbaglia davanti alla Corte d’assise di Milano. Per l’accusa quello di Giulia Tramontano è stato un omicidio premeditato, aggravato da crudeltà, futili motivi e legame affettivo, con l’obiettivo di trasformare la 29enne di Sant’Antimo in “cenere”. Un “viaggio nell’orrore” e dentro la “banalità del male”. Non si è trattato di “raptus o blackout” ma di un “piano curato e iniziato molti mesi prima” con la “somministrazione periodica” alla vittima di topicida, ammoniaca, cloroformio acquistato sotto falso nome dopo aver effettuato ricerche sui “5 veleni mortali”. Il progetto di un uomo con “tratti psicopatici, narcisistici e la capacità di mentire e manipolare” con l’obiettivo di eliminare “gli ostacoli” – la gravidanza della compagna – che potevano rallentare la carriera di barman di successo dell’Armani Cafè di Milano e la relazione con la collega di lavoro 23enne e che accelera, cambiando “strategia” ma non finalità, nelle ultime ore del 27 maggio 2023. Prende forma in 37 coltellate, 11 quando era ancora in vita, sferrate appena la giovane, incinta al settimo mese di gravidanza, entra nella casa di via Novella alle 19. 06 di quel sabato. La vicina sente un urlo, poi il silenzio. Nelle ore successive Impagnatiello prende il cellulare della ragazza e simula che sia in vita, imitandone il linguaggio in chat e attuando il tentativo di “depistaggio”. Una “messa in scena” in cui l’allora 31enne tenta di coinvolgere tutti: i carabinieri, l’amante, i familiari interrogati sui movimenti della figlia, addirittura la madre e il fratello, costretti a diventare inconsapevoli complici delle bugie. Lo fa denunciando una sparizione volontaria della fidanzata (28 maggio), simulando scambi di messaggi con lei , spostando il cadavere più volte fra il box e l’auto e infine nell’intercapedine di via Monterosa. Dove condurrà gli inquirenti la notte tra il 31 maggio e il 1 giugno, solo una volta “messo con le spalle al muro”. La richiesta della Procura e della famiglia Tramontano, difesa dall’avvocato Giovanni Cacciapuoti che definisce Impagnatiello un uomo che “non sa cosa sia l’amore”, è il “massimo delle pena”, con isolamento diurno per 18 mesi. Perché quella del 31enne, accusato anche di procurato non è stata nemmeno una “confessione” ma “un’ammissione” di fronte a “indizi schiaccianti”. Le sue legali chiedono le attenuanti e la condanna per omicidio volontario, negando la premeditazione e i futili motivi, che permetterebbe a Impagnatiello di evitare l’ergastolo con isolamento per 18 mesi.



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