Le quattordici condanne restano in piedi. Nove sono ridotte (compreso un concordato tra accusa e difesa), cinque invece sono confermate rispetto al primo verdetto d’appello.
È questa la sentenza che il collegio penale di secondo grado presieduto dal giudice Antonino Giacobello ha deciso nel tardo pomeriggio di ieri per uno stralcio processuale della maxi operazione “Dinastia”, nei confronti delle vecchie e nuove leve del gruppo dei “Barcellonesi” e gli affari soprattutto di droga, di un gruppo che trafficava e gestiva stupefacenti – cocaina, hashish e marijuana – nella zona compresa tra Messina, Barcellona, Milazzo, Terme Vigliatore, spingendosi fino ai rifornimento per le isole Eolie. Traffici di droga che erano alimentati da calabresi e messinesi, in contatto con l’organizzazione che faceva base a Barcellona.
Un’inchiesta che a suo tempo venne anche definita dei “rampolli barcellonesi”, visto che inizialmente erano coinvolti alcuni figli dei più importanti capimafia di Barcellona. Era stata la Cassazione, il 16 febbraio scorso, a decidere l’annullamento con rinvio per questi imputati rispetto al primo verdetto d’appello, che si ebbe il 25 luglio del 2022.
Ecco il dettaglio della sentenza. Sono 9 le rideterminazioni delle pene, compreso un patteggiamento accolto in appello. Ecco le nuove condanne decise dai giudici: per l’ex carabiniere Francesco Anania 13 anni e 4 mesi; per Lucia Bilardo un anno e 240 euro di multa (concesse le attenuanti generiche, pena sospesa); per Pietro Bonfiglio 3 anni e 14mila euro di multa (concesse le attenuanti generiche, si tratta di detenzione, trasporto e cessione di cocaina); per Fabio Crea, 2 anni e 8 mesi più 12mila euro di multa (concesse le attenuanti generiche, si tratta di detenzione, trasporto e cessione di cocaina); per Carmelo Driacchio 2 anni e 8 mesi più 12mila euro di multa (concesse le attenuanti generiche, si tratta di detenzione, trasporto e cessione di cocaina); per Vincenzo Gullotti, figlio del capomafia Giuseppe, per lungo tempo al vertice di Cosa nostra barcellonese, 3 anni e 14mila euro di multa (concesse le attenuanti generiche, si tratta di finanziamento e acquisto della cocaina); per Carmelo Mazzù 12 anni (la pena, riferita al reato associativo è stata decisa in “continuazione” con i reati di una sentenza del 2016, è stato poi assolto nel merito – lo aveva chiesto anche l’accusa -, con la formula “per non aver commesso il fatto” da un reato di droga); per Antonino Signorello, 4 anni, 5 mesi e 10 giorni (concesse le attenuanti generiche). I giudici hanno poi ratificato, ritenendola quindi congrua rispetto ai reati, la pena concordata tra accusa e difesa di 8 anni e 4 mesi per Giovanni Fiore, considerato il mandante dell’incendio della motonave “Eolo d’Oro”, e ritenuto collegato con il clan catanese dei Laudani.
Ci sono poi cinque conferme decise dai giudici rispetto alla prima sentenza d’appello del luglio 2022, che quindi “rivive” per: Pietro Caliri (10 anni e 6 mesi); Salvatore Bucolo (9 anni e 4 mesi, in “continuazione” con una precedente sentenza); Francesco Ianniello (2 anni); Samuele Marino (2 anni); Andrea Villini (8 anni e 4 mesi).
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