Le piccole e medie imprese (PMI) del Friuli Venezia Giulia (FVG) stanno affrontando un periodo di crescente difficoltà economica, con un aumento significativo del numero delle attività segnalate alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia per rischio usura. Artigiani, commercianti e piccoli imprenditori si trovano sempre più spesso nell’impossibilità di onorare i propri impegni finanziari, finendo così nell’elenco delle imprese considerate insolventi. Questa “schedatura” da parte degli intermediari finanziari sta limitando l’accesso a nuovi prestiti bancari per molte attività, mettendole a rischio di fallimento o di finire vittime degli usurai.
Secondo l’Ufficio Studi della CGIA (Associazione Artigiani e Piccole Imprese), sono ben 1.776 le PMI nel FVG segnalate alla Centrale dei Rischi, un numero in aumento rispetto all’anno precedente quando le segnalazioni erano state 1.704. Questo incremento del 4,2% mette in luce una crescente fragilità economica delle piccole realtà aziendali locali. La maggior parte di queste imprese sono imprenditori che, a causa di difficoltà nel recuperare i crediti dai propri clienti o di coinvolgimenti in fallimenti che li hanno danneggiati, sono stati inseriti nella lista delle imprese a rischio. Questa situazione rende ancora più complicato l’accesso al credito, mettendo a repentaglio la loro stessa sopravvivenza.
Un fenomeno che coinvolge tutte le province del FVG
Le segnalazioni alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia evidenziano variazioni significative da provincia a provincia. A livello provinciale, la provincia di Udine risulta essere la più critica con 854 attività segnalate, seguita da Pordenone con 425, Trieste con 267 e Gorizia con 230. Tuttavia, è evidente un aumento significativo delle PMI segnalate, soprattutto nelle province di Trieste e Pordenone. Trieste ha registrato un incremento percentuale delle segnalazioni pari all’11,3%, mentre Pordenone ha visto una crescita del 5,7% rispetto all’anno precedente. Solo Gorizia ha registrato una leggera diminuzione delle segnalazioni, pari al -3,4%, ma non sufficiente a indicare un’inversione di tendenza positiva per l’intera regione.
A livello nazionale, il Friuli Venezia Giulia si trova in una situazione più problematica rispetto alla media nazionale. Mentre il numero di PMI segnalate a livello nazionale è aumentato del +2,3%, nel FVG il dato è cresciuto più rapidamente, con una media regionale del +4,2%, evidenziando un preoccupante deterioramento della situazione economica locale.
Le principali cause dell’aumento delle insolvenze
Molti degli imprenditori finiti nella black list della Centrale dei Rischi non sono responsabili di cattive scelte finanziarie, ma si trovano in difficoltà a causa della morosità dei committenti o di fallimenti che coinvolgono altre aziende con cui avevano rapporti commerciali. Questa situazione è sempre più comune nell’attuale contesto economico, dove le difficoltà di pagamento da parte dei clienti e l’incertezza economica crescente minano la stabilità delle piccole attività.
Gli imprenditori, in molte situazioni, devono affrontare una insolvenza strutturale derivante dal mancato pagamento di fatture e crediti, spesso a causa del fallimento dei propri clienti. Questo problema riguarda principalmente le piccole imprese, che non hanno la possibilità di diversificare il rischio come le grandi aziende e sono quindi più vulnerabili ai danni derivanti da crediti non recuperati. Quando le PMI non riescono a riscuotere i crediti in tempo, finiscono per accumulare debiti che le portano ad accedere a finanziamenti con condizioni molto più gravose, finendo spesso per essere segnalate come insolventi.
Il ruolo delle banche e il rischio di “credit crunch”
Un altro fattore che contribuisce alla difficoltà economica delle PMI è il credit crunch, ovvero la restrizione della disponibilità di credito da parte degli istituti bancari. Questo fenomeno, che si verifica quando il sistema bancario limita i prestiti, si è manifestato con particolare intensità negli ultimi anni. Le piccole imprese, già in difficoltà a causa dei debiti accumulati e delle insolvenze, trovano ancora più difficile accedere ai finanziamenti bancari, essenziali per coprire le spese operative e mantenere la propria attività.
Rispetto al 2011, gli impieghi vivi (prestiti al netto delle sofferenze) rivolti alle piccole imprese con meno di 20 dipendenti sono diminuiti del 46,4% in Friuli Venezia Giulia, un dato che supera la media nazionale del -38%. Questo calo è stato particolarmente evidente nelle province di Gorizia, con una riduzione del 52%, e Pordenone, con una caduta del 12,5%. Sebbene Udine e Trieste abbiano registrato una diminuzione meno marcata (rispettivamente -11,5% e -11,4%), la situazione generale è preoccupante.
L’impatto della crisi bancaria e la correlazione con l’usura
Le difficoltà di accesso al credito per le PMI sono il risultato di diverse crisi che hanno colpito l’economia italiana, come la crisi del debito sovrano (2012-2013), il fallimento di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, e le restrizioni normative imposte dalla Banca Centrale Europea per contrastare la diffusione dei NPL (Non Performing Loans). Queste problematiche hanno aggravato la situazione delle piccole imprese e contribuito all’aumento del rischio di usura.
Il credit crunch ha spinto molte piccole imprese a cercare fonti di finanziamento alternative, che spesso non sono legali. Le organizzazioni criminali, approfittando delle difficoltà economiche degli imprenditori, hanno sfruttato l’occasione per riciclare il denaro proveniente dalle loro attività illecite nell’economia legale. Questo fenomeno, diffuso in tutto il territorio regionale, rischia di aggravare ulteriormente la situazione, aumentando l’infiltrazione dell’usura nell’economia legittima.
Strumenti di sostegno: il “Fondo di prevenzione” e il “Fondo di solidarietà”
Per contrastare l’usura e sostenere le imprese in difficoltà, il legislatore ha creato due strumenti principali: il Fondo di prevenzione dell’usura e il Fondo di solidarietà. Questi fondi sono pensati per aiutare le imprese in difficoltà finanziaria e prevenire il loro sfruttamento da parte degli usurai.
Il Fondo di prevenzione dell’usura, istituito con la legge n° 108/1996, mira a garantire prestiti alle piccole imprese attraverso consorzi di garanzia collettiva fidi e fondazioni. Dal 1998 al 2022, sono stati erogati 711 milioni di euro, che hanno garantito finanziamenti per oltre 2 miliardi di euro. Nonostante l’importanza di questo fondo, la CGIA suggerisce di aumentare le risorse disponibili, considerata la crescente pressione economica sulle piccole realtà aziendali.
Il Fondo di solidarietà, introdotto nel 2000, è destinato agli imprenditori che hanno denunciato l’usura e subito danni economici a causa degli usurai. Questo fondo offre la possibilità di ottenere un mutuo senza interessi da rimborsare in 10 anni, calcolato in base agli interessi usurai effettivamente pagati. Fino al 2023, il fondo ha erogato 145 milioni di euro tramite Consap. Nonostante questi interventi, la CGIA sottolinea che le risorse attuali non sono sufficienti per affrontare l’a
umento delle difficoltà economiche delle PMI.
L’aumento delle PMI segnalate alla Centrale dei Rischi e il rischio di usura sul nostro territorio rappresentano una problematica crescente e urgente. La crisi economica degli ultimi anni ha messo a dura prova le piccole realtà imprenditoriali, che ora rischiano di soccombere a causa delle difficoltà di accesso al credito e alla mancanza di liquidità. È cruciale che le istituzioni agiscano prontamente, rinforzando le risorse destinate ai fondi di prevenzione e solidarietà, per garantire il sostegno alle PMI e impedire che cadano nelle mani delle organizzazioni criminali.
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