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di Romeo Farinella*

Molti temi di importanza vitale per Ferrara sono nel nostro dibattito elettorale fino ad ora più annunciati che approfonditi. Uno di questi è certamente il tema della casa e dell’abitare. Recentemente alcuni interventi sulla stampa hanno posto la questione della casa che però ha bisogno di un inquadramento preciso e di politiche efficaci. In realtà, a Ferrara in questi ultimi anni questo tema è stato oggetto di diverse iniziative pubbliche che hanno coinvolto agenzie per la casa, laboratori universitari, enti di ricerca e l’esperienza della città è stata portata su diversi tavoli di discussione di livello nazionale. L’anno scorso una delle tavole rotonde più seguite del festival di “Internazionale a Ferrara” ha riguardato i problemi dell’abitare e ha visto la partecipazione di molti studenti venuti anche da altre città. Affrontare il tema dell’abitare significa farsi carico anche del tema delle disuguaglianze, che costituisce il rovescio della medaglia dei problemi posti dalla mutazione climatica in corso. Un tema che nei giorni scorsi è stato affrontato anche nel Social Forum dell’Abitare che si è svolto a Bologna.

Ovviamente non è sufficiente parlarne, è necessario agire perché il problema sociale della casa è drammatico. Ogni comune deve fare la sua parte ma un comune da solo non può fare tutto, serve un’azione concertata tra enti locali, regioni e stato, e questo è l’anello debole, perché l’Italia non ha una politica per la casa degna di questo nome. I comuni fanno quello che possono e non tutti con la stessa determinazione. Ad esempio, il comune di Bologna ha avviato in proprio un piano casa da 200 milioni per 10mila alloggi in 10 anni. Di questi il recupero dei circa 1000 vuoti di Erp, più altri nuovi in aree degradate da recuperare.

A Ferrara gli alloggi pubblici sono circa 3300, ma oltre 700 sono vuoti o necessitano di interventi di manutenzione compreso l’efficientamento energetico. Il fenomeno della povertà energetica è ormai molto diffuso anche da noi ma il mercato della casa è cambiato, sono variati i bisogni che stanno generando nuove domande e sempre forte è la domanda di casa pubblica. Proviamo a spacchettare il tema.

Iniziamo con il problema delle residenze universitarie. Negli ultimi anni si è affermata una forte richiesta di case, in città e nella prima periferia, causata dall’aumento degli studenti universitari: circa 12mila studenti fuorisede su circa 28 mila complessivi. Un impatto certamente significativo che ha reso più difficoltosa la ricerca di abitazione da parte dei nuclei familiari, dei single e delle giovani coppie che possono permettersi solo l’affitto (precari, lavoratori fuori sede, nuclei monogenitoriali ecc.). Con il PNRR si è puntato fortemente sul settore privato, dando denari a gestori che applicano canoni più alti di quelli di mercato. Questo indebolisce la capacità pubblica di fornire risposte alle esigenze degli studenti appartenenti alle famiglie delle fasce più fragili dal punto di vista socioeconomico. Va ricordato che il diritto allo studio è sancito dall’articolo 34 della Costituzione e questo si sostanzia anche nell’ospitalità. A Ferrara, le politiche della casa per gli studenti dovrebbero collocarsi dentro una strategia urbana complessa che non riguarda solo gli alloggi ma anche il funzionamento della città e la qualità dei suoi spazi (e la mobilità sostenibile). Gli studentati sono una risposta, l’università ha annunciato importanti progetti, finalizzati anche al recupero di aree dismesse della città, ma questi interventi non devono essere lasciati al libero mercato. Inoltre, al 2030 la popolazione in età scolastica diminuirà (nel Mezzogiorno ancora di più) e questo inciderà anche sugli accessi all’università. È necessaria quindi una strategia di medio e lungo periodo che associ aspetti economici, gestionali, normativi e progettuali, coinvolgendo tutti gli attori pubblici e privati interessati, a partire dalla conoscenza approfondita delle dinamiche della città e del territorio. Tenendo presente che gli studenti universitari fuori sede, che scelgono Ferrara, con grande dispendio di denaro da parte delle famiglie, lo fanno anche per fare un’esperienza di vita e di socializzazione in una città diversa. Quindi, non possiamo relegarli lontani dalle città e nelle frange estreme della periferia, tra l’altro in una situazione di forte debolezza del trasporto pubblico. Una città universitaria, una città che ambisce a diventare un campus nella sua interezza, non è solo uno spazio dove risiedere precariamente, deve essere innanzitutto un luogo di vita, dove intrecciare e condividere esperienze. Basta leggere le pagine dei ringraziamenti dei laureati nelle loro tesi di laurea per rendersi conto dei sentimenti e delle relazioni che essi stabiliscono con la città che li ospita. Questo è un patrimonio intangibile che, nella vita di uno studente, può rendere importante l’esperienza vissuta in una città universitaria, contribuendo a consolidarne nell’immaginario comune il suo fascino e la sua attrattività.

Per quanto riguarda gli alloggi per i redditi più bassi nella provincia di Ferrara le domande di ERP rispetto a due anni fa sono in aumento con oltre 900 richieste per il solo comune capoluogo. Anche le domande di contributo del fondo sociale sono quasi raddoppiate nel giro di 2 anni da circa 2600 a 4200. Servono quindi strumenti economici e sociali per fronteggiare tali bisogni (che sono anche diritti) considerando che le persone in difficoltà economica aumentano, come testimoniato dai dati ISTAT. Ad esempio, i criteri per le graduatorie privilegiano la residenzialità storica e, visto che Ferrara è una città anziana, questo determinerà nei prossimi anni un aumento della percentuale di over 65 anni che occuperà alloggi ERP, rafforzando l’emergenza abitativa. Si stanno rafforzando le condizioni di maggiore povertà non solo per i nuclei abitativi stranieri ma anche famiglie italiane, pertanto, il diritto alla casa diventerà sempre più un punto critico se non ci saranno politiche pubbliche adeguate.

Particolarmente colpiti saranno le giovani coppie e i giovani single che costituiscono una criticità del Paese e di Ferrara, perché pur essendo presenti nelle graduatorie, non arrivano in posizione utile per ottenere le assegnazioni. Del resto, le risorse dei canoni pubblici di locazione non bastano a mantenere in efficienza il patrimonio esistente e a dare risposte alle nuove domande. Serve quindi lo Stato, e le risorse aggiuntive delle regioni e dei comuni: stiamo parlando di un patrimonio la cui proprietà è dei comuni.

Servono nuovi strumenti e nuove possibilità per fornire risposte alle fasce sociali più svantaggiate. L’ERP non può essere la sola risposta, quando il nucleo non sia in grado di mantenere i costi di gestione dell’alloggio popolare stesso. Il co-housing potrebbe essere uno strumento per rendere sostenibile il costo dell’abitazione condivisa, supportando questa misura con una progettualità socio assistenziale, da parte dei servizi sociali, capace di orientare le scelte di vita e la ricerca del lavoro di questi utenti. MA si tratta di un aspetto da collocare in una strategia più ampia.  Il Diritto alla casa e alla città deve pertanto diventare un valore non negoziabile e occorre indirizzarsi su modelli orientati alla valorizzazione del patrimonio pubblico (dei suoli e degli alloggi), come nel caso di Vienna dove il 50% della popolazione vive in abitazioni sovvenzionate comunali o cooperative. Occorre rivendicare per il comune di Ferrara il ruolo di gestore autorevole delle politiche pubbliche urbane e non di facilitatore di interessi privati, come sta capitando in molti progetti di rigenerazione urbana. Se per alcuni la casa e la qualità della città sono un privilegio, per tutti deve essere un diritto perché il “ben abitare” è un diritto umano (Art.16/31 dell’European Social Charter).

*candidato nella lista de La Comune di Ferrara

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