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Se una malattia ti impedisce di lavorare e di produrre reddito, devi saldare i creditori? Una legge ti può dare una mano almeno a ridurre quanto dovuto.

Immagina di essere una persona con una patologia che non consente di poter lavorare. Vivi con la pensione sociale ed i quattro spiccioli che lo Stato ti passa per la malattia. Certo, hai diverse esenzioni o sconti, ma bisogna campare con poche centinaia di euro al mese. In queste condizioni, non ci vuole molto ad indebitarsi. Ti porresti un problema evidente: con quali soldi posso cercare di soddisfare un creditore? Oppure posso non pagare i debiti per motivi di salute senza rischiare di perdere, per dire, la casa?

Nel 2012 è entrata in vigore una legge dal nome piuttosto inquietante ma con lo scopo di venire incontro a chi potrebbe trovarsi ad un certo punto in una situazione come quella sopra descritta. Si tratta della legge «Salva-suicidi». Già il fatto che si sia sentito il bisogno di chiamarla così la dice tutta. In pratica, questa normativa consente a chi è in seria difficoltà economica di risanare i debiti con un particolare meccanismo che, da una parte, non stringe la corda al collo del debitore (anche di quello che si è ridotto così per motivi di salute) e, dall’altra, non lascia il creditore a tasche del tutto vuote. Ma chi decide se e quanto si deve pagare? Saranno il giudice ed un’apposita commissione a valutarlo. Potrebbero anche decidere che non devi pagare i debiti per motivi di salute oppure che devi pagare solo una parte in base a quello che puoi permetterti di spendere.

La legge non è stata scritta soltanto per chi non ha più un reddito a causa di una malattia, ma anche per chi si trova con l’acqua alla gola a causa di un divorzio o per il piccolo imprenditore che ha investito denaro sperando di uscire dalla crisi ma non è riuscito ad ottenere la necessaria liquidità e si è indebitato oltremisura. Vediamo in che cosa consiste.

Malattia e troppi debiti: quale tutela?

Se hai contratto troppi debiti e non riesci a pagarli per motivi di salute, devi appellarti alla legge Salva-suicidi, ovvero a quella che consente di fallire economicamente anche come privato cittadino, esattamente come succede alle aziende. Che cosa significa? Che se non hai un benedetto soldo per corrispondere ai tuoi creditori i soldi avuti in prestito o relativi a dei pagamenti lasciati in sospeso, puoi dichiararti fallito ed estinguere la parte del debito che effettivamente puoi ripianare. Qualcosa ti toccherà pagare, ma sicuramente meno del dovuto.

Potrebbe anche darsi che non hai alcuna proprietà (una casa, dei titoli investiti, una macchina, ecc.) e che i soldi che ti entrano in casa grazie alla pensione ottenuta per motivi di salute ti bastino a mal appena per far stare in piedi te e la tua famiglia. In questo caso, potresti anche

non dover pagare i debiti, se il giudice decide che non ce la puoi fare a campare pagando i tuoi creditori.

Si può dire che questa lege è nata per dare una mano a chi si trova in difficoltà ma anche per tagliarla a chi la tende per prestare dei soldi a tassi elevatissimi. Agli usurai, in parole semplici. In situazioni come quella di una persona che non riesce a pagare i debiti per motivi di salute ed ha i creditori fuori dalla porta di casa un giorno sì e l’altro pure, è molto facile cadere nella tentazione di rivolgersi a chi sicuramente il prestito lo concede chiedendo in cambio percentuali di interessi da capogiro. Diventa subito un problema restituirlo: non c’è nulla di scritto, quindi chi pretende i soldi prestati ricorre spesso alla minaccia pur di riaverli indietro.

Malattia e troppi debiti: chi può non pagare tutto?

Se, dunque, hai perso il lavoro per motivi di salute e non riesci a far fronte al pagamento dei debiti, puoi tentare la carta della legge Salva-suicidi. Come accennato prima, si tratta di una normativa rivolta a chiunque si trovi in una situazione di

sovraindebitamento per diversi motivi: la crisi economica, un divorzio, un licenziamento, il decesso della persona che produceva reddito o per motivi di salute di chi porta lo stipendio a casa.

Ne possono approfittare, dunque, anche i liberi professionisti, i piccoli imprenditori commerciali oppure i privati cittadini che, a causa di una lunga malattia, non possono lavorare e, pertanto, non possono guadagnare uno stipendio ma devono far fronte alle spese di ogni giorno. Una situazione per la quale si finisce molto facilmente nell’elenco dei cattivi pagatori, con tutto ciò che comporta. Ad esempio, l’impossibilità di accedere ad un nuovo finanziamento per tentare di uscire dal guado e, allo stesso tempo, il dovere di pagare i debiti già contratti.

Ci sono, comunque, alcuni vincoli per beneficiare di questa legge. Se chi lamenta di avere troppi debiti per motivi di salute è un imprenditore che riesce a lavorare ma molto meno di quando dovrebbe a causa della malattia, deve essere al di sotto di:

  • 300mila euro di attivo patrimoniale;
  • 200mila euro di ricavi lordi;
  • 500mila euro di debiti.

Possono accedere anche, oltre ai soggetti già citati:

  • le start up;
  • il socio illimitatamente responsabili ed i suoi eredi;
  • l’imprenditore cessato ed i suoi eredi;
  • gli artisti e tutti i lavoratori autonomi;
  • lo studio professionale associato;
  • gli agricoltori.

Malattia e troppi debiti: come pagare di meno

Abbiamo detto chi e perché può vedersi ridurre (se non addirittura sparire) i debiti per motivi di salute. Resta da capire come. Ci sono tre vie di uscita possibili, decise sempre da un giudice e da un apposito organismo che si chiama proprio «organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento»:

  • l’accordo di composizione della crisi;
  • il Piano del consumatore;
  • la liquidazione.

La prima alternativa riguarda chi ha contratto un debito in funzione della propria attività imprenditoriale o professionale e non riesce a pagarlo per motivi di salute o per altre ragioni.

La seconda, invece, interessa chi ha assunto troppi debiti per cause non legate ad un’attività lavorativa.

La terza, infine, consiste in una liquidazione da mettere in pratica solo se le prime due opzioni vanno a vuoto.

Come funziona il tutto? Bisogna rivolgersi ad un tribunale per presentare al giudice una situazione di sovraindebitamento. Il magistrato, insieme ad i suoi periti contabili, verificherà la gravità della situazione e stabilità un piano di rientro creditizio che verrà proposto al debitore in base alle sue possibilità economiche e patrimoniali. Ciò che faranno il giudice e l’organismo di composizione della crisi sarà, in poche parole, chiedere ai creditori di abbassare l’importo del debito. Condizione indispensabile, però: almeno il 60% dei creditori devono essere d’accordo sulla formula proposta. Servirà, comunque, appoggiarsi ad un commercialista o ad un avvocato affinché porti avanti la pratica in tribunale.

Questo vale anche per creditori come le banche, le compagnie di assicurazioni o l’Agenzia delle Entrate Riscossione, cioè per chi non riesce a pagare il mutuo o i debiti contratti con il Fisco. L’accordo consentirà, inoltre, di diventare dei buoni pagatori agli occhi degli istituti di credito, nel caso in cui un domani fosse necessario chiedere un finanziamento.

Un esempio pratico. Chi non riesce a pagare i debiti per motivi di salute potrebbe vedersi pignorata la casa. Il creditore la metterebbe all’asta e, se il ricavato non bastasse ad estinguere il debito, continuerebbe a pretendere il resto. Con questa legge, invece, è il debitore a poter vendere la sua casa per saldare la parte prevista dall’accordo e campare con quello che gli resta.

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