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La rata del mutuo a tasso variabile si può alleggerire, ricorrendo ad alcune misure già oggi a disposizione di chi è in difficoltà. Una soluzione conveniente anche per le banche. Ma servono competenze finanziarie per orientarsi tra le varie opzioni.

L’iniziativa dell’Abi sui mutui

L’aumento del costo del denaro riversa i suoi effetti sul mercato immobiliare e residenziale, con gravi difficoltà sia per chi vuole acquistare una casa sia per chi ne è già proprietario, ma paga un mutuo a tasso variabile. In particolare, le famiglie che hanno acquistato l’abitazione con un mutuo di questo tipo ammortizzato solo per una quota del capitale relativamente piccola possono trovarsi a pagare rate aumentate addirittura del 70 per cento. È alta la probabilità che diventino morose, con il rischio di pignoramento delle case. Non è una buona prospettiva neanche per le banche, che si troverebbero con un carico di nuovi crediti inesigibili.

Per fronteggiare la situazione, l’Abi (Associazione bancaria italiana) ha inviato una circolare alle banche associate, suggerendo alcune iniziative per contenere l’impatto dell’aumento dei tassi d’interesse sull’importo delle rate. Dalla sintesi della circolare pubblicata sul sito dell’associazione, si ricava che le misure ritenute utili sono tre: a) l’allungamento del piano di ammortamento dei mutui concessi per l’acquisto della prima casa; b) l’estensione della rinegoziazione dei contratti di mutuo ipotecari, prevista dall’articolo 1, comma 322, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, anche ai soggetti con requisiti relativi alla situazione economica e all’importo del mutuo più elevati di quelli previsti dalla legge; c) la diffusione della conoscenza presso la propria clientela della possibilità di ricorrere Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa (cosiddetto Fondo Gasparrini), che, al verificarsi di determinate condizioni, consente di sospendere il pagamento delle rate del finanziamento per diciotto mesi e di addossare al Fondo stesso il 50 per cento dei relativi interessi. 

Le banche non dovrebbero avere nessuna difficoltà ad aderire alla richiesta della loro associazione, considerato che nessuna delle misure comporta per loro particolari oneri finanziari. Dal punto di vista dei mutuatari, i tre interventi proposti dall’Albi presentano diversi livelli di convenienza. 

L’efficacia delle misure

La rinegoziazione prevista al punto b), reintrodotta con la legge di bilancio per il 2023, consente di ricalcolare con un tasso fisso le rate di un mutuo in essere a tasso variabile, senza spese aggiuntive. A richiesta dell’interessato le banche non possono rifiutare il passaggio. Volontariamente potevano già consentire, e possono continuare a farlo, questa forma di rinegoziazione senza sottostare ai vincoli di Isee e di importo del mutuo previsti dalla legge 197/2022. A detta degli operatori del settore, non sembra che questa possibilità abbia finora suscitato grande entusiasmo tra i mutuatari.

La misura a) può essere d’aiuto ai mutuatari che, con lo stesso reddito, devono pagare rate di importo notevolmente accresciuto, alleggerendolo attraverso l’allungamento della durata dei piani di ammortamento. L’effetto finanziario positivo del passaggio da un mutuo di breve a uno di più lunga durata può essere notevole. Il costo degli interessi aumenta, ovviamente, con la durata del mutuo, ma la riduzione dell’importo complessivo della rata che ne deriva potrebbe evitare la morosità del mutuatario e le relative conseguenze.

Un maggior ricorso al Fondo Gasparrini, la misura c), può innegabilmente attenuare l’impatto dell’aumento dei tassi variabili, un effetto che potrebbe ampliarsi se si intervenisse anche sui requisiti di accesso. Al riguardo, in un precedente articolo avevamo accennato ad alcune ipotesi di lavoro. Rinviando a quell’articolo per maggiori dettagli, qui è sufficiente ricordare che la modifica principale suggerita consiste nel consentire l’accesso al fondo anche a seguito di un peggioramento del livello di sostenibilità dell’ammortamento del mutuo, dovuto a un mutamento della rata in conseguenza del tasso di interesse. La realizzazione di questa ipotesi incrementerebbe la platea dei potenziali beneficiari del Fondo e necessiterebbe ovviamente anche di un aumento della sua dotazione finanziaria.

L’impianto della proposta dell’Abi è senza oneri per gli istituti di credito. È però anche un loro interesse contenere al minimo il numero di mutuatari morosi e potrebbe essere valutata la convenienza di intervenire quando la differenza tra il nuovo e il vecchio livello degli interessi supera una determinata soglia. Si potrebbe, per ipotesi, rinviare l’incasso della differenza, o di una sua parte, alla fine dell’ammortamento del mutuo, senza capitalizzazione delle somme oggetto della moratoria. Il conto economico della banca ne risentirebbe, ma non è detto che, sebbene presupponga una valutazione costi benefici per ogni singolo caso, il danno sia maggiore di quello derivante dalla vendita o dal recupero coatto di un credito in sofferenza prodotto dal mancato pagamento delle rate.

Conoscenze, competenze, educazione 

Negli stessi giorni in cui ha preso avvio l’iniziativa dell’Abi, è stato pubblicato il rapporto 2023 del Comitato per la programmazione e coordinamento delle attività di educazione finanziaria. Nella graduatoria dei fattori di stress finanziario più sentiti dalle famiglie italiane, dopo la preoccupazione per i prezzi dei beni alimentari ed energetici e il timore di non aver risorse per fronteggiare eventuali emergenze, c’è proprio l’aumento dei tassi di interesse (con un incremento percentuale rispetto all’anno scorso di ben 5 punti), a testimonianza della rilevanza sociale del problema. Lo stesso rapporto, però, segnala, ancora una volta, il collegamento tra la fragilità finanziaria, soprattutto delle fasce di popolazione più vulnerabili, e il livello di bassa conoscenza delle tematiche finanziarie: “meno della metà dei decisori economici delle famiglie italiane conosce tre concetti base di finanza; percentuale che si riduce notevolmente tra coloro con i redditi bassi, tra le donne e i residenti al Sud”. È allora evidente che, senza adeguate conoscenze, competenze e capacità di decidere e orientarsi di fronte a situazioni complesse come il mutamento dei tassi, diventa difficile fare scelte consapevoli tra le diverse opzioni a disposizione. Occorre dare la massima diffusione a tutti gli interventi previsti, ma, per evitare che le misure perdano di efficacia, bisogna anche continuare sul più lungo e difficile percorso di educazione finanziaria da tempo intrapreso, ma che ci vede ancora, nel confronto internazionale, in una condizione di arretratezza. Il progetto di legge sulla competitività del mercato dei capitali in discussione al Parlamento prevede l’inserimento dell’educazione finanziaria tra le tematiche di insegnamento dell’educazione civica. Sarebbe un passo importante. 

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Raffaele Lungarella

Raffaele Lungarella, laureato in scienze statistiche ed economiche, è stato docente a contratto di economia applicata nell’università di Modena e Reggio Emilia, dove è stato anche cultore della materia di economia politica. Ha diretto il nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici della regione Emilia-Romagna; dello stesso ente è stato responsabile dei servizi politiche abitative e lavori pubblici. È stato anche responsabile del servizio finanziamenti per l’innovazione tecnologica di una società finanziaria. Ora è in pensione.

Francesco Vella

vella Francesco Vella insegna Diritto Commerciale e Diritto Bancario all’Università di Bologna. Nella sua attività di ricerca ha prodotto quattro manuali (tutti editi dal Mulino), quattro monografie e numerose pubblicazioni in volumi collettanei e riviste in materia bancaria, finanziaria e societaria. Ha ricoperto e ricopre incarichi in organismi di controllo e di amministrazione, come amministratore indipendente, in società quotate. E’ tra i soci fondatori dell’Associazione Disiano Preite. È membro della redazione della voce.info.

 

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